L’emergenza da coronavirus ha segnatamente reso necessario il ricorso a nuove strategie assistenziali, in particolare per quanto riguarda le strutture sanitarie che devono assicurare una continuità terapeutica. È il caso della Filiale di Roma del Centro Protesi INAIL, che grazie alle proprie tecnologie, ha potuto garantire la continuità riabilitativa a quelle persone che per il distanziamento sociale e la riduzione degli spostamenti esterni non avrebbero potuto svolgere l’attività rieducativa presso la struttura.
«In questo contesto – spiega Ida Poni, medico fisiatra del Centro Protesi INAIL capitolino -, sulla base delle note tecniche e delle istruzioni operative emanate dall’INAIL in fase emergenziale, siamo riusciti a fornire prestazioni riabilitative per assicurare la continuità rieducativa assistenziale, con modalità indubbiamente innovative e nel rispetto della privacy delle persone. In particolare, l’attività ha riguardato infortunati sul lavoro e tecnopatici, principalmente del Lazio, in fase post-operatoria o di post-acuzie già seguiti dalla nostra struttura. L’équipe riabilitativa, composta da medico fisiatra e fisioterapista, è stata integrata dall’assistente sociale e dallo psicologo, assicurando anche in questa fase la consueta presa in carico multidisciplinare della persona infortunata».
Gli utenti, dunque, sono stati “teleseguiti” in rapporto di uno a uno dal proprio fisioterapista di riferimento, ricevendo le istruzioni sui protocolli riabilitativi e sugli autoesercizi terapeutici, con modalità e tempi di escuzione coerenti con il piano rieducativo individuale elaborato dall’èquipe del Centro per ogni persona. Inoltre sono stati messi in atto interventi di prevenzione mediante indicazioni di educazione terapeutica per la protezione da eventuali danni secondari. Il percorso di telerieducazione a distanza, infine, ha previsto ulteriori fasi, come la videosorveglianza sanitaria sullo stato del dolore e il controllo clinico sull’avanzamento del piano terapeutico e riabilitativo.
«Questa sperimentazione – conclude Poni – ci porta a considerare la possibilità di integrare il trattamento svolto presso la struttura con autoesercizi da eseguire a domicilio, considerati anche i risultati ottenuti dai primi dieci pazienti con patologie muscoloscheletriche che sono stati presi in carico in modalità di telerieducazione. Si tratta infatti di una modalità flessibile e sostenibile, da utilizzare in parallelo e ad integrazione della rieducazione in presenza, con indubbi benefìci per i pazienti, quando, terminato il ciclo di cure, devono affrontare la ripresa della vita quotidiana e il ritorno al lavoro». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: s.amadesi@inail.it (Simona Amadesi).
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