Tra le numerose forme di distrofie muscolari, la più nota e la più grave è certamente quella di Duchenne – dal nome del medico francese Guillaume Duchenne de Boulogne che la scoprì già nell’Ottocento – appartenente al gruppo delle cosiddette distrofinopatie. Come si scoprì infatti alla fine degli Anni Ottanta del Novecento, si tratta di una patologia dovuta all’assenza completa di distrofina, una proteina di grandi dimensioni, contenuta nella membrana della fibra muscolare, che è legata a molte altre della membrana muscolare e che sembra svolgere sia funzioni di stabilizzazione che di organizzazione della membrana stessa.
Malattia genetica e degenerativa tra le più diffuse, che colpisce quasi esclusivamente i maschi, la distrofia di Duchenne esordisce abitualmente tra i 2 e i 4 anni di età, con difficoltà motorie soprattutto nel salire le scale, rialzarsi da terra, correre, saltare. Qualche segno minore può essere individuato anche prima dei 2 anni e in alcuni casi un aspetto clinico particolarmente rilevante, prima della comparsa delle difficoltà motorie, è il ritardo nell’acquisizione del linguaggio. Nel corso del tempo, quindi, vi è un progressivo e generalizzato difetto di forza e in linea di massima, pur essendo possibile in ogni individuo un diverso andamento clinico, la storia naturale della malattia determina la perdita della deambulazione autonoma tra i 12 e i 14 anni di età. Successivamente il difetto di forza progredisce ulteriormente, coinvolgendo anche la muscolatura respiratoria e, in misura minore, cardiaca. Sebbene il coinvolgimento della muscolatura sia generalizzato, alcuni gruppi muscolari sono più interessati di altri e questo può determinare coinvolgimenti asimmetrici e favorire lo sviluppo di retrazioni articolari e scoliosi.
Sebbene una cura definitiva per la Duchenne non sia ancora disponibile, la vita dei pazienti negli ultimi anni è molto migliorata, sia in termini di qualità che di durata di vita. Dall’epoca della scoperta della distrofina, infatti, gli standard di cura sono migliorati modificando la storia naturale di malattia, senza dimenticare i numerosi studi clinici in corso, volti a rendere disponibili terapie innovative.
Sin dal 2014, l’organizzazione internazionale World Duchenne Organization (nota in precedenza come United Parent Projects Muscular Dystrophy) ha promosso la Giornata Mondiale di sensibilizzazione sulla distrofia muscolare di Duchenne (World Duchenne Awareness Day), la cui settima edizione del 7 settembre prossimo, coordinata tradizionalmente nel nostro Paese dell’Associazione Parent Project, costituirà un altro importante momento di visibilità dedicato a questa grave patologia genetica.
«Per questa edizione della Giornata Mondiale – spiegano da Parent Project –World Duchenne Organization ha voluto lanciare un messaggio che molte persone, particolarmente in questa condizione di emergenza da Covid-19, stanno sperimentando: possiamo essere più forti solo se siamo insieme. Solamente l’unione, infatti, ci può permettere di affrontare meglio le difficoltà, ma anche di trovare soluzioni capaci di fare la differenza per tutti. Ritraendo, quindi, immagini di vita quotidiana che uniscono persone diverse, ma accomunate dagli stessi obiettivi, World Duchenne Organization porta questo messaggio con un video promozionale (disponibile a questo link)».
In tutto il mondo, quindi, verranno organizzate per il 7 settembre iniziative virtuali di sensibilizzazione e informazione legate a specifici aspetti della Duchenne, dando quest’anno particolare attenzione alle implicazioni cognitivo-comportamentali della malattia.
A tal proposito, come abbiamo già riferito in altra parte del giornale, nel pomeriggio del 7 settembre (ore 17.30), Parent Project promuoverà il seminario in rete (webinar) Lo sviluppo neurocognitivo nei pazienti con distrofia di Duchenne e di Becker, incontro aperto a pazienti, familiari e a chiunque altro sia interessato, che si svolgerà in collaborazione con Francesca Cumbo, psicologa e Paolo Alfieri, neuropsichiatra infantile, ricercatori all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (Unità di Malattie Neuromuscolari e Neurodegenerative – Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione) e che sarà anche l’occasione per presentare le Linee guida sullo sviluppo neurocognitivo dei pazienti affetti da distrofinopatia, elaborate nell’àmbito di un progetto che ha visto collaborare lo stesso Ospedale Bambino Gesù con Parent Project.
Sempre Parent Project, infine, promuoverà anche un’azione simbolica, invitando cioè, chi lo desidererà, a condividere sui propri canali social, nella giornata del 7 settembre, la foto di un oggetto rosso, ricordando che proprio il rosso è il colore della Giornata Mondiale sulla Duchenne. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Elena Poletti (e.poletti@parentproject.it).