Ogni dirigente, ogni insegnante, ogni alunno, ogni genitore, ogni collaboratore scolastico in questi giorni sta cercando di capire cosa accadrà il 14 settembre e come ci si dovrà comportare. Nuovi spazi con o senza i tanto chiacchierati banchi della ministra Azzolina; nuovi orari delle lezioni, tempi ridotti o allungati; l’eventualità di avere classi dimezzate in cui la didattica potrà essere in presenza o a distanza. Ogni plesso scolastico, infatti, avrà margine di discrezione per tutti questi aspetti, adeguandosi alle proprie diverse necessità.
Ecco dunque il gran vociare mediatico sulla scuola, quanto mai prima attenzionata in tal modo e il susseguirsi di linee guida ministeriali e direttive socio sanitarie. Recente la volontà di sottoporre tutti gli insegnanti e tutto il personale ATA [Ausiliario Tecnico Amministrativo, N.d.R.] a screening sierologici, per ora, su base volontaria. I test sarebbero effettuati dai medici di base, nel caso abbiano ricevuto i kit sierologici destinati solo se hanno un numero prestabilito di pazienti-insegnanti, altrimenti rispediti all’ASL di competenza. In caso di positività, l’obbligo conseguente del tampone.
Si parla poi di possibili future “quarantene di classe”, si discute sugli alunni fragili o immunodepressi, di docenti a rischio per patologie pregresse. Si parla di tutti, ma, come sempre, nessuno si occupa di noi. Noi che a scuola, nelle classi, ci lavoriamo tutti i giorni, proprio seduti accanto ai ragazzi e alle ragazze più fragili. Noi che svolgiamo un ruolo socioeducativo non da poco per la loro inclusione scolastica. Noi che siamo gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione o educatori scolastici o come si voglia chiamarci, dato che in ogni Regione assumiamo nomi differenti.
Eppure non siamo pochi: siamo 55.000 lavoratori italiani che pagano il prezzo di ben ventotto anni di esternalizzazione di un servizio che, a favore di logiche meramente economiche, e a discapito degli utenti e dei lavoratori, ancora a tutt’oggi non è assorbito dal Ministero, come invece sarebbe giusto. Un servizio essenziale lasciato in balia della gestione degli Enti Locali che lo calibrano in base al loro bilancio e lo appaltano a Cooperative Sociali, troppo spesso e ancora al ribasso, generando inevitabilmente disservizio e scarsa qualità.
Il riferimento normativo che stabilisce l’indispensabilità per gli studenti e le studentesse con disabilità della nostra funzione è la Legge 104/92 (poi ribadita dal Decreto Legislativo 66/17). Il reiterarsi dell’assenza di un recepimento legislativo, che sia organico e uniforme su tutto il territorio nazionale, mette in pericolo, per i nostri studenti più fragili, non solo la possibilità di sedere tra i banchi della scuola pubblica, ma, oggi quanto mai, la loro stessa salute.
Sul territorio nazionale si registra una tale eterogeneità nella definizione del servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazione, dalle diverse denominazioni agli inquadramenti contrattuali, che tra colleghi abbiamo difficoltà a riconoscerci come parte di un’unica categoria di professionisti!
Ogni settembre il dubbio: ci sarà assegnata qualche ora e quante? Lavoreremo sicuri di percepire uno stipendio ogni mese? E quale stipendio, dato che le nostre ore retribuite spariscono o vengono ingiustificatamente decurtate in casi come l’assenza dell’alunno, la chiusura delle scuole per festività, per elezioni, ponti, per emergenze, elezioni o disinfestazione? E l’elenco si allungherebbe ancora in caso di conclamato positivo al Covid-19, che costringerebbe la classe alla quarantena e noi a casa a “digiunare”.
Di certo nessuna di quelle elencate è causa da imputare al lavoratore il quale, però, paga proprio letteralmente “di tasca propria” tali evenienze. La chiusura estiva ci vede poi nelle vesti di “improvvisatori” che cercano qualsiasi tipo di impiego e non sempre con successo, per sopperire al vuoto salariale. Tutto questo in un regime di contratto indeterminato ciclico, che dell’indeterminato assicura solo la condizione di precarietà a cui si è soggetti!
Eppure il nostro è un lavoro che richiede competenze e peculiarità, attitudini professionali e personali, capacità e abilità elevate. Noi creiamo e operiamo con le relazioni, modifichiamo i contesti, costruiamo quei ponti comunicativi senza i quali i ragazzi e le ragazze con disabilità subirebbero un grave isolamento.
Spesso in nostra assenza sono costretti/e a stare a casa, generando disagi per loro stessi e per le famiglie. Le nostre richieste, però, passano sempre sotto silenzio e spesso è proprio il silenzio quello che scegliamo, perché la paura di perdere anche quel poco che si ha è più forte della rivendicazione dei propri diritti salariali.
Questo silenzio, purtroppo, non ha fatto altro che cristallizzare e peggiorare la nostra situazione. Rispetto alla riapertura della scuola, molti assistenti ancora non sanno quale sarà il loro giorno di inizio, così come rimangono incerte tutte le disposizioni riguardanti il loro intervento, sui dispositivi che dovrebbero o meno adottare, sui comportamenti da effettuare nei casi concreti e negli scenari possibili.
Se solo si avesse avuto un momento per far confluire anche noi in mezzo ai fiumi di parole versate e scritte sulla scuola, si sarebbe potuto discutere seriamente di tutti questi e altri aspetti che per noi e per le famiglie di questi utenti fragili restano un punto di domanda.
È alla luce di questo e delle gravissime condizioni salariali subite durante il lockdown dei mesi trascorsi che il nostro Coordinamento [CONAS-Coordinamento Nazionale Assistenti Scolastici, N.d.R.] chiede a gran voce, per tutti i 55.000 protagonisti invisibili, amareggiati e mortificati, il riconoscimento di una dignità sociale, professionale ed economica che aspettano da troppo tempo. Una dignità demolita da ventotto anni in cui mettono a repentaglio la loro «tutela della salute», oggi più che mai esibita come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» (articolo 32 della Costituzione).
Sollecitiamo dunque l’avvio di tavoli istituzionali con gli Enti Locali, le Regioni, con gli organi del Governo, per disporre direttive uguali a livellonazionale, uniformanti e chiare, prima dell’inizio della scuola. Auspichiamo inoltre che venga preso seriamente in considerazione in Parlamento il Disegno di Legge che decreta l’internalizzazione nel Ministero della nostra figura; ci auguriamo dunque una concreta collaborazione da tutte le parti politiche, data la trasversalità e la delicatezza delle tematiche affrontate.
Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione chiedono a gran voce che vengano accesi i riflettori sulla loro situazione di “precarietà stabilizzata” dal sistema e di incertezza lavorativa, su condizioni che sono di evidente sfruttamento e non dignitose nei riguardi di questa nobile professione. È un atto dovuto per 55.000 lavoratori e per i bambini/e e i ragazzi/e con disabilità che essi affiancano con salda coscienza professionale tutti i giorni.
Il nostro lavoro e i nostri studenti sono una cosa seria! Dovremmo poter dare loro la sicurezza che meritano. “Sicurezza”: questa parola tanto gettonata ultimamente, che meritiamo anche noi e non solo rispetto all’emergenza sanitaria, ma anche rispetto alla condizione lavorativa e al nostro riconoscimento professionale, ricordando che nelle classi, tra i banchi, e nello specifico al fianco dei ragazzi e delle ragazze più fragili, ci siamo anche noi!
Lo si tenga bene in mente quando in questi giorni si parla di “scuola e sicurezza”, perché questi termini, senza “inclusione” e “pari diritti”, perdono il loro senso originario.