Sulla questione della bozza di Linee Guida Ministeriali, riguardanti il nuovo PEI (Piano Educativo Individualizzato) e le misure di sostegno agli alunni e alunne con disabilità, tema che sta facendo molto discutere in queste settimane, anche sulle nostre pagine (si veda nella colonnina a destra l’elenco dei contributi da noi finora pubblicati), diamo oggi spazio alle riflessioni di una serie di Presidenti delle Consulte Cittadine di Roma sui Problemi della Disabilità, nonché al Presidente della Federazione FAND di Roma e Provincia.
In relazione alla bozza di Linee Guida concernente la definizione delle modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno di cui all’articolo 7 del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione e il modello di PEI (Piano Educativo Individualizzato) da adottare da parte delle Istituzioni Scolastiche, elaborata dal Ministro dell’Istruzione di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ci sembra che il Parere del CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione), approvato il 7 settembre scorso, colga in pieno, già nella premessa, le contraddizioni evidenziate da più parti a una prima lettura di quel documento.
Parlare infatti del nuovo PEI prima che siano definite le caratteristiche del Piano di Funzionamento suscita perplessità, non solo perché l’uno è propedeutico all’altro, come sottolineato dal Consiglio Superiore, ma anche perché l’auspicata omogeneità dei criteri di elaborazione di tutte le certificazioni e documentazioni presupporrebbe una capacità di coprogettare da parte delle diverse Istituzioni chiamate a collaborare, che è molto lontana dalla realtà dell’esperienza quotidiana di chi si occupa di inclusione, tenuto conto che la conoscenza dei criteri che sottostanno al modello ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, N.d.R.] è ancora lontana dall’essere diffusa in modo uniforme.
Anche per questo il documento proposto dal Ministro è necessario non solo per rendere operativo il Decreto Legislativo 66/17, ma per rafforzarne e diffonderne i criteri ispiratori che, com’è noto, richiedono un radicale cambiamento di prospettiva.
Tuttavia, pur apprezzandone l’impostazione, che richiama punto per punto e con precisione la normativa di riferimento, ci pare che un documento operativo – come dovrebbero essere le Linee Guida – debba essere più sintetico e pragmatico per poter essere fruito con maggiore facilità.
Le modifiche proposte dal Consiglio Superiore al testo del Decreto, dall’articolo 1 all’articolo 21 della bozza di Linee Guida, ci sono parse non solo assolutamente pertinenti, ma altrettanto necessarie per chiarire possibili interpretazioni improprie provocate da alcune ambiguità insite nel testo originario.
Ci riferiamo in particolare alla natura del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo sull’Inclusione), al ruolo dei docenti specializzati in attività di sostegno, alla possibilità di esonero dallo studio di alcune materie, al peso e alla rilevanza delle opinioni della famiglia e dello stesso alunno, alla necessità di elaborare un modello di Profilo di Funzionamento, al cosiddetto “PEI provvisorio”.
Dal canto nostro, vorremmo soltanto proporre due spunti di riflessione, relativi all’articolo 8 e all’articolo 16.
Per quanto riguarda l’articolo 8, in merito all’elaborazione degli interventi per l’alunno, sottolineiamo che le quattro dimensioni in cui si articola l’osservazione (relazionale, comunicativa, dell’autonomia e cognitiva) hanno senso solo come semplificazione metodologica, poiché le suddette dimensioni sono strettamente correlate tra loro e tutti gli interventi non possono che essere multidimensionali.
Ci sembrerebbe errato teoreticamente e pericoloso praticamente immaginare non solo interventi indipendenti l’uno dall’altro per ognuna delle quattro dimensioni, ma anche eventualmente attribuire ad ognuna delle dimensioni una professionalità specifica, in una sorta di rigida divisione dei compiti degli operatori. Questo si baserebbe sul presupposto che per tutti gli alunni/e i diversi operatori siano intercambiabili e non terrebbe conto della necessità (di alcuni/e di loro più che di altri/e) della costanza della relazione con un punto di riferimento prevalente e stabile.
Nell’articolo 16, poi, si parla del cosiddetto “PEI provvisorio” per l’anno scolastico successivo.
Nel caso di passaggi di scuola, grado e/o indirizzo, a nostro parere, non solo esso va elaborato dalla scuola di provenienza, come indicato dal Consiglio Superiore, ma è necessario prevedere, all’interno del GLO, la presenza di un referente per l’inclusione della scuola di destinazione, che rappresenti il garante della trasmissione delle considerazioni e delle indicazioni di chi ha avuto modo di conoscere l’alunno. Nella nostra esperienza questa presenza fisica stabilisce un collegamento reale e responsabilizza entrambi i gruppi, quello di provenienza e quello di destinazione, per un passaggio di consegne non formale né burocratico e perciò, di conseguenza, veramente efficace.
In conclusione, è fondamentale ribadire che gli interventi non possono che essere multidimensionali! L’inclusione scolastica non può e non deve prescindere dalla persona nella sua globalità (prima che dall’alunno/a), pertanto gli obiettivi didattici devono concordare con i tempi famiglia, i tempi sociali, i tempi riabilitativi e sanitari. Il nuovo PEI rappresenta una grande occasione che non dobbiamo perdere.