Ma esiste in Sicilia una programmazione sulla disabilità?

di Giovanni Provvidenza*
«La gestione dell’emergenza Covid - scrive Giovanni Provvidenza - mi porta a concludere che in Sicilia una programmazione sulla disabilità non esiste. Speriamo quindi che l’emergenza sanitaria porti a un cambiamento radicale della politica siciliana nel modo di programmare i servizi per la disabilità, ma per questo servirà un maggiore dialogo tra l’Assessorato Regionale alla Famiglia e quello alla Sanità, e anche tra essi e il mondo dell’associazionismo e della cooperazione. Lo si diceva già nel 2000, con la Legge 328, e ora, a sottolinearlo ancor di più, vi è la riforma del Terzo Settore»

Mappa della Sicilia con loghi della disabilitàCome responsabile di un’Associazione che si occupa di disabilità, in particolare intellettiva e del neurosviluppo, vorrei condividere le mie riflessioni su come in Sicilia le problematiche delle persone con disabilità sono state gestite dal privato sociale, in particolare dal mondo dell’associazionismo, della cooperazione e dalle famiglie durante l’emergenza Covid-19.
Questo è ciò che ho potuto osservare: non c’è stata alcuna programmazione né a livello regionale né a livello locale; nei vari Comuni dell’Isola, nessun Ente Pubblico ha creato servizi alternativi, contrariamente a quanto previsto dal Governo e dall’Ufficio per le Politiche della Persona con Disabilità della Presidenza del Consiglio, in apposite linee guida. Non abbiamo sentito parlare di alcun piano territoriale e, durante il lockdown, le Associazioni del territorio non sono state ascoltate né dall’Assessore Regionale alla Famiglia né da quello alla Sanità.
La Regione Sicilia ha preferito invece intervenire togliendo fondi dai Piani di Zona, per sostenere le famiglie nel pagamento degli affitti e per supportare – sempre tramite quei fondi – le Cooperative e le Associazioni per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza.
Inoltre, non c’è stata chiarezza al momento delle riaperture dei centri diurni o semiresidenziali, in quanto i vari Assessorati hanno scaricato le responsabilità sugli Enti Gestori, che hanno dovuto sostenere enormi spese.

La gestione dell’emergenza Covid mi ha portato dunque a concludere che in Sicilia una programmazione sulla disabilità non esiste e un altro esempio è dato da come i 55 Distretti Socio-Sanitari hanno gestito la legge sul cosiddetto “Dopo di Noi” [Legge 112/16, N.d.R.]: solo pochissimi Distretti hanno presentato progetti alla Regione per accedere ai fondi della Legge in questione e senza che vi fosse una interpretazione univoca della stessa.
Lo stesso si potrebbe dire dei Piani di Zona per l’interpretazione dei progetti individuali di vita definiti dalla Legge 328/00. Per cercare di creare prassi uniformi e condivise sul territorio, Associazioni come l’ANFFAS Sicilia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) hanno tenuto diversi corsi con esperti di settore, alcuni dei quali riguardanti la Legge sul “Dopo di Noi” o il progetto individuale di vita, coinvolgendo naturalmente i Comuni. Nonostante però la validità della formazione e la massiccia partecipazione di funzionari e dirigenti, sembra che “quello che è entrato da un orecchio sia poi uscito dall’altro”. Se così non fosse, infatti, le Sentenze del TAR su come si stipulano i progetti di vita ex articolo 14 della Legge 328/00 e sul “Dopo di Noi” sarebbero ben diverse.

Se prima la Sicilia era una Regione all’avanguardia per la sua legislazione sociale, adesso sembra trattare il settore con noncuranza, e ciò riguarda indistintamente tutta la classe politica sia di maggioranza che all’opposizione. Può sembrare un giudizio duro, ma fa certamente riflettere che una Regione come la Sicilia, “la porta dell’Europa”, ancora non abbia ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, né modificato le varie leggi di settore.
A questo punto speriamo che l’emergenza sanitaria porti a un cambiamento radicale della politica siciliana nel modo di programmare i servizi per la disabilità, ma perché questo avvenga non solo servirà un maggiore dialogo tra l’Assessorato alla Famiglia e quello alla Sanità, ma anche tra questi “palazzi” e il mondo dell’associazionismo e della cooperazione. Lo si diceva già vent’anni fa con la Legge 328 e adesso, a sottolinearlo ancora più forte, è intervenuta la riforma del Terzo Settore.

Un mio piccolo pensiero in conclusione, come responsabile legale di una piccola Associazione che da vent’anni è presente sul territorio locale e regionale. Forse ci vorrebbero maggior controllo e maggiore chiarezza sulle direttive e sulle linee guida che si inviano ai Distretti Socio-Sanitari e si potrebbe/dovrebbe puntare, specie a livello sanitario, su progetti come il DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”) presso tutte le Aziende Sanitarie Provinciali della Sicilia, così le persone con disabilità potrebbero “ammalarsi come tutti gli altri”.

Presidente dell’ANFFAS di Modica (Ragusa) (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). L’ANFFAS aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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