Come si legge in una nota diffusa dal Forum del Terzo Settore Lombardia e dalla LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), le due organizzazioni hanno chiesto alla Regione Lombardia «di rivedere l’Ordinanza n. 620 del 16 ottobre, che ha introdotto ulteriori misure per la prevenzione e la gestione dell’emergenza Covid-19, nel passaggio in cui vieta l’accesso a familiari e caregiver a tutte le strutture residenziali». Tale provvedimento, viene sottolineato, «è entrato in vigore dal 17 ottobre e sarà valido fino al 6 novembre, allungando di quasi venti giorni quanto previsto dalla precedente Ordinanza n. 619 del 15 ottobre, contenente le medesime prescrizioni».
«Nell’ordinanza n. 620/20 – scrivono dal Forum del Terzo Settore Lombardia e dalla LEDHA – si precisa che l’accesso alle strutture delle unità di offerta residenziali della Rete territoriale (RSA, RSD e non solo) da parte di familiari/caregiver e conoscenti degli utenti è vietato, “salvo autorizzazione del responsabile medico ovvero del Referente Covid-19 della struttura stessa”. L’accesso, puntualizza la Regione Lombardia, è limitato “solo a situazioni particolari”, ad esempio “situazioni di fine vita”. Si tratta di un provvedimento molto più rigido rispetto al Decreto del Presidente del Consiglio del 13 ottobre che, invece, ha ribadito un limite (e non un divieto) nell’accesso a RSA, hospice, strutture riabilitative e residenziali per anziani non autosufficienti da parte di parenti e visitatori».
Secondo il Forum e la LEDHA, «gli effetti di questa Ordinanza Regionale si faranno sentire non solo sui servizi residenziali per le persone anziane (che già vedono, da lungo tempo, forti limitazioni nell’accesso da parte di familiari e caregiver), ma imporrà un divieto che si estende a tutte le altre persone che vivono all’interno di strutture residenziali: persone con disabilità, persone che vivono in strutture della psichiatria e delle dipendenze, fino ad arrivare alle comunità per minori. Paragonando e subordinando alle stesse regole realtà diverse tra loro: ad esempio una struttura che accoglie giovani con sofferenza mentale e una dove vivono anziani ultra-ottantenni con patologie plurime».
«Risulta evidente – commentano Valeria Negrini, portavoce del Forum del Terzo Settore Lombardiua e Alessandro Manfredi, presidente della LEDHA – che tale provvedimento sia iniquo, oltre che poco comprensibile, soprattutto considerando che all’interno dell’intera Ordinanza non si trova nessuna disposizione di tale tenore, ma solo rimandi a provvedimenti già in vigore».
«Siamo consapevoli – aggiungono – che in questo momento la crescente diffusione dei contagi da Covid-19 rappresenti motivo di preoccupazione per tutti, a partire dalle Autorità Regionali e tuttavia non possiamo non evidenziare la sproporzione tra quello che viene chiesto alle persone che vivono nei servizi residenziali e il resto della cittadinanza».
Accade dunque che mentre una maggioranza di cittadini lombardi continua a svolgere le proprie attività quotidiane, rinunciando solo in maniera limitata ad alcuni interessi e attività ricreative, una persona che vive ad esempio in una RSD (Residenza Sanitaria Disabili) è costretta a tornare a vivere in una situazione di isolamento totale, senza poter incontrare i propri cari se non tramite una telefonata o un colloquio virtuale su una delle tante piattaforme digitali disponibili, «ma a cui – ricordano Forum e LEDHA – non tutti possono accedere».
Per tutto quanto detto, dunque, il Forum Terzo Settore Lombardia e la LEDHA hanno appunto chiesto alla Regione Lombardia di rivedere l’Ordinanza n. 620/20, «al fine – dichiara Manfredi – di garantire ai familiari e ai caregiver l’accesso alle strutture residenziali dove vivono i loro cari, prevedendo l’adozione delle stesse misure di sicurezza che vengono adottate per consentire l’ingresso agli operatori sociali e socio-sanitari che vi lavorano».
«Chiediamo inoltre alla Regione – aggiunge Negrini – di permettere agli Enti Gstori, anche aprendo un’interlocuzione con gli stessi su questo specifico tema, la possibilità di gestire con maggiore autonomia gli accessi e le uscite dalle strutture, in relazione alla tipologia delle stesse e alle caratteristiche delle persone che lì vivono». (S.B.)
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