Le strutture residenziali non possono diventare “un parcheggio verso il nulla”

di Benedetta Demartis*
«Per chi vive nelle RSD (Residenze Sanitarie Disabili) - scrive Benedetta Demartis - e nello specifico per le persone con autismo, si deve continuare a mantenere un rapporto con la famiglia: non possiamo permettere il verificarsi di nuovi “giorni dell’abbandono” e non possono essere negate le visite a un figlio o a una figlia residente in una RSD. Le risorse da impiegare in queste situazioni forse sono maggiori, ma per continuare a costruire un progetto di vita, è necessario un finanziamento adeguato, altrimenti queste strutture diventano una sorta di “parcheggio verso il nulla”»
Giovane con disturbo dello spettro autistico
Un giovane adulto con disturbo dello spettro autistico

Sono rimasta molto colpita da quanto scritto su queste pagine da Gianfranco Vitale [“La discrezionalità e l’arbitrio”, N.d.R.]. La sua storia è la stessa di tanti genitori in questo particolare momento storico. Crescono ogni giorno le paure e diminuiscono le speranze nutrite per anni. I genitori delle persone autistiche lottano da sempre per fare uscire dal guscio i loro figli, cercando di costruire quotidianamente e con tanta fatica un collegamento con il mondo e oggi il virus impedisce la realizzazione dei rapporti sociali, azzerando in alcuni casi le competenze acquisite. E, soprattutto il Covid-19 nega la possibilità di mantenere vivo quel filo costruito anche con i familiari.

Come ANGSA [Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, N.d.R.] chiediamo ai Presidenti delle Regioni e anche al Tavolo Tecnico istituito dal presidente del Consiglio Conte, che venga data la possibilità di gestire con maggiore autonomia gli accessi e le uscite dalle strutture. Non possiamo permettere che il progetto individualizzato di ogni persona si trasformi in un “progetto dell’improvvisazione”.
Con il nuovo Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM), sono state decise a livello regionale anche le nuove chiusure dei centri socio riabilitativi residenziali o delle RSD (Residenze Sociosanitarie per Disabili). Il ritorno in famiglia per un fine settimana o per una vacanza, come avveniva di consuetudine negli anni passati, al momento presenta dei rischi per la salute dei nostri ragazzi e per quella degli altri residenti nello stesso centro. È necessario, però, che i Legislatori e le Autorità Sanitarie facciano delle differenze fra le RSD e le RSA [Residenze Sanitarie Assistenziali dedicate agli anziani, N.d.R.] proprio in questo momento di contrasto alla pandemia. Le persone anziane e quelle più fragili, e tra queste anche le persone con disabilità, come ad esempio quelle con la sindrome di Down che comporta un invecchiamento precoce, sono le vittime più frequenti del coronavirus.
Le persone autistiche, tuttavia, non sono tra le più fragili, ma se colpite dal virus in forma grave, non mostrano una sufficiente collaborazione con i sanitari e in alcuni casi per questo motivo possono considerarsi anch’esse tra quelle a rischio.

Fin dall’inizio della pandemia in ogni regione l’ANGSA si è adoperata per tutelare le persone con autismo e su richiesta delle Associazioni Regionali sono state fatte molte deroghe per chi era costretto a vivere con la famiglia tutta la giornata in un appartamento.
Per i residenti nelle RSD è fondamentale continuare a mantenere un rapporto con la famiglia: non possiamo permettere il ripetersi di altri “giorni dell’abbandono”, come nella storia di Vitale con il figlio Gabriele, e soprattutto non possono essere negate le visite a un figlio residente in una RSD.
Le risorse umane e materiali da impiegare in queste situazioni forse sono maggiori, ma è necessario, per continuare a costruire un progetto di vita, impiegare un finanziamento adeguato, altrimenti queste strutture per i nostri cari diventano una sorta di parcheggio verso il nulla.
Anche gli operatori che quotidianamente lavorano nelle residenze costituiscono un fattore di rischio dello stesso livello di quello delle uscite dei residenti. D’altra parte non si può pensare che per l’uscita di una giornata un autistico al rientro si debba tenere isolato per dieci giorni, con i costi psicologici, sociali ed economici che tutto questo comporta.

Per tutti questi motivi chiediamo una normativa diversa e specifica per i Centri Residenziali per persone con disabilità mentale rispetto alle altre residenze di tipo CRA [Centri Residenziali Anziani, N.d.R.] e un’ulteriore attenzione al caso particolare.
La normativa non può essere applicata in ugual modo per tutte le disabilità: un autistico è differente da un altro disabile e ogni individuo autistico ha un modo differente di comportarsi da un proprio simile. Così com’è accaduto qualche mese fa in Emilia Romagna, dove il presidente della Regione Bonaccini, dopo un incontro con FISH e FAND [Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità, N.d.R.], alla fine di tutte le considerazioni tecniche, ha ritenuto con una decisione politica che si valutino i rischi e i benefìci, chiediamo anche a livello nazionale un regolamento con norme che vengano stabilite e applicate sulla base di giudizi di valore e del buon senso comune.

Presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).

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