«Noi siamo gli altri nel mondo. In ogni singolo individuo abita l’altro, perché il mondo intero è multiplo, polivalente, necessariamente diverso. La “cultura” è la nostra disposizione ad affrontare l’esistenza in questa prospettiva, e per questo motivo ci pervade totalmente. Qualsiasi azione e pensiero umano è dunque sempre culturale».
Sono queste le parole con cui l’antropologo Alessandro Bertirotti ha riassunto il focus del convegno Visioni Inclusive – Dialoghi sulla relazione tra cultura e autismo, che si è svolto in streaming un paio di settimane fa, dando vita a tre mattinate molto intense, seguite da circa 40.000 spettatori in sette ore di diretta online.
Si è trattato di una grande opportunità di confronto, grazie a testimonianze alquanto diverse tra loro, alcune provenienti da luoghi e culture assai lontane dalla nostra, come Nuova Zelanda, Cina e Iran.
Di particolare rilevanza è stata l’intervista di apertura ai lavori a Temple Grandin, scienziata americana con disturbo dello spettro autistico autistica, vero simbolo mondiale dell’impegno in favore delle persone con la sua condizione.
Secondo Temple è di fondamentale importanza che le persone con autismo vivano pienamente le opportunità che la cultura offre. «Einstein e Michelangelo – ha detto tra l’altro – hanno cominciato a parlare in tarda età e, per questo, avrebbero avuto diritto a forme speciali di istruzione e di educazione. Mi vengono in mente anche importanti architetti che hanno costruito meravigliose cattedrali progettandole in un istituto riabilitativo. Io stessa ho cominciato a parlare all’età di quattro anni e oggi mi trovo ad essere docente di Scienze Animali presso l’Università del Colorado».
Il convegno si è concluso proprio con la proiezione del film ispirato alla sua storia, Temple Grandin. Una donna straordinaria, realizzato nel 2010 da Mick Jackson e candidato a molti Emmy Awards, con Claire Danes splendida protagonista [su Temple Grandin suggeriamo anche la lettura del prezioso approfondimento curato per il nostro giornale da Stefania Delendati, disponibile a questo link N.d.R.].
Più che sulla condizione scientifica e assistenziale dell’autismo, il convegno ha puntato sul fattore culturale come leva per una reale inclusione. Si sono susseguite esperienze sia a livello personale, sia riguardanti vari àmbiti della vita sociale, come la scuola, il lavoro, la progettazione, l’arte e il cinema.
La scelta degli organizzatori, l’Associazione Cinemanchìo–+Cultura Accessibile, ha voluto ribadire la poca attenzione che si ha quando si parla di disabilità, nei confronti della persona in quanto tale, con le sue esigenze, la sua sensibilità, la sua dignità. Una mancanza sempre esistita, ma aggravatasi ulteriormente in questo periodo di pandemia.
Un nuovo percorso culturale non può che nascere attorno alla diversità. Caratteristica che accomuna tutti, spazzando così via un’accezione negativa o pietistica. La diversità, insomma, come valore. «Siamo tutti diversi – ha dichiarato Giuseppe Maria Ambrosio, docente di Filosofia all’Università della Campania Luigi Vanvitelli -, ma ancora di più ognuno è diverso da se stesso, rispetto al giorno prima, alla settimana o al mese prima… Se ognuno di noi prendesse veramente coscienza di ciò, del proprio essere che cambia costantemente per l’evoluzione naturale della nostra vita, accetterebbe la diversità di chiunque altro, qualsiasi sia la sua condizione, come un fatto naturale».
La sfida sta proprio qui: rendere fertile questo terreno d’incontro.