La prevalenza dell’autismo è di 1 persona su 77 per l’età evolutiva; pochi, invece, sono gli studi sugli adulti, ma abbiamo una prevalenza di 1 a 100 (Gran Bretagna). In Italia sono interessate circa 600.000 famiglie. A questi numeri preoccupanti non corrisponde però altrettanta attenzione da parte delle Istituzioni, soprattutto negli atti necessari a mettere in pratica leggi, che pure ci sono, sia a livello nazionale (Legge 134/15, Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie), sia per la nostra Regione (Legge della Regione Marche 25/14, Disposizioni in materia di disturbi dello spettro autistico).
La lunga emergenza che stiamo vivendo ha molto aggravato l’isolamento sociale, una delle più pesanti e caratteristiche conseguenze dell’essere autistici, e ha messo in luce ancor di più quelle lacune del sistema sociosanitario che da anni le nostre famiglie stanno segnalando. Inoltre, l’organismo ufficiale di riferimento della citata Legge Regionale 25/14, il Coordinamento Regionale per i Disturbi dello Spettro Autistico, tavolo di confronto in cui sono presenti anche le Associazioni, è fermo allo scorso gennaio, e altrettanto lo sono le sue proposte operative urgenti.
Qui di seguito, dunque, enumeriamo le più importanti criticità da noi rilevate in questo àmbito.
È vero che servizi come i Centri Diurni o di Educativa Domiciliare in gran parte hanno ripreso le attività, ma con orari ridotti e interruzioni (in caso di positività e conseguente isolamento), che si prolungano molto più del dovuto, a causa di lentezze e ritardi delle procedure di effettuazione, controllo e comunicazione dei risultati dei test diagnostici da parte degli organismi preposti.
Per quanto poi riguarda le comunità residenziali, il problema diventa ancora più complesso e di grande attualità, essendo molto dibattuto anche a livello di media nazionali, dove leggiamo espressioni pesanti come «isolamento, segregazione, 41bis», e riguardando sia le persone anziane che quelle con disabilità.
A tal proposito, il Garante nazionale dei Diritti delle Persone Detenute o Private della Libertà Personale ha avviato una pressante iniziativa di dialogo con i Presidenti di tutte le Regioni, per far sì che ogni eventuale situazione di confinamento delle persone con disabilità in strutture residenziali non si protragga ulteriormente, e anche il Governo ha emanato nei giorni scorsi un documento recante le Disposizioni per l’accesso dei visitatori a strutture residenziali socioassistenziali, sociosanitarie e hospice e indicazioni per i nuovi ingressi nell’evenienza di assistiti positivi nella struttura [di entrambe le iniziative citate, si legga già ampiamente sulle nostre pagine a questo e a questo link, N.d.R.].
Per le persone autistiche residenti nell’unica struttura regionale a loro dedicata, l’Azzeruolo di Jesi (Ancona), sono state predisposte concretamente misure atte a conciliare il mantenimento delle fondamentali relazioni affettive con le esigenze di prevenzione sanitaria. Misure che sono scaturite dalla considerazione delle possibili conseguenze negative che l’isolamento sociale e la lontananza dai propri cari possono portare in persone a torto ritenute “chiuse in se stesse” o addirittura incapaci di provare emozioni. Conseguenze negative che, a causa delle difficoltà di comunicazione, potrebbero esplodere anche in comportamenti auto/etero aggressivi, generalmente trattati con massicce dosi di psicofarmaci, del tutto inadeguati se non dannosi.
Se all’Azzeruolo sono permesse le visite a casa con le dovute precauzioni (screening dei familiari mediante tampone e compilazione dell’informativa), non ci risulta che le stesse misure siano applicate uniformemente nelle restanti residenze per disabili in cui vivono anche persone autistiche. Abbiamo infatti rilevato risposte molto eterogenee a livello delle varie strutture: Regione e ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regionale) emanano linee di indirizzo, linee operative, indicazioni, ma comunque la decisione finale spetta sempre al Direttore della struttura stessa.
Organismi che potrebbero agevolare il lavoro di gestione di queste situazioni a livello territoriale sono le UMEA (Unità Multidisciplinari età Adulta), le quali, supportate dal Centro Regionale Autismo Adulti, hanno la presa in carico delle persone autistiche (sempre in base alla citata Legge Regionale 25/14), ma, come del resto denunciamo da tempo, entrambi soffrono di una cronica e importante carenza di organico.
Ci si riferisca ora agli screening periodici obbligatori per la frequenza dei servizi. Per moltissime persone autistiche, o non collaboranti, il tampone molecolare naso-oro-faringeo può essere una pratica difficile da effettuare correttamente e può persino diventare traumatica nel caso si ricorresse a qualche forma di contenimento. È dunque necessario e urgente ricorrere ad altre soluzioni, non solo per il benessere della persona, ma anche per poter contare su una maggiore validità dei risultati.
La nostra Regione (ottobre 2020) ha dato indicazioni all’ASUR, alle Aree Vaste e agli Enti Gestori in cui viene raccomandato l’utilizzo di test rapidi antigenici (il documento da noi visionato non specifica se nasali o salivari), e in un’ulteriore comunicazione all’ASUR viene consigliato a una struttura il test virologico salivare (rapido): e tuttavia, anche nel caso degli screening la situazione nei vari servizi ci risulta quanto mai disomogenea: in alcuni non è obbligatorio alcun tampone, e in altri si fa ancora il molecolare naso-oro-faringeo, non essendo ancora disponibili i test rapidi raccomandati.
Per quanto concerne poi i casi di positività al coronavirus e l’eventuale necessità di ricovero ospedaliero, premesso che nelle ultime indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno delle persone nello spettro autistico e/o con disabilità intellettiva nell’attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2 del 28/10/2020) e nei documenti della Regione Marche viene giustamente riconosciuta l’opportunità di evitare il più possibile il ricovero ospedaliero per probabili complicazioni nella gestione, non si può non prendere in considerazione questa eventualità, le cui conseguenze a volte tragiche accadute ultimamente (ad esempio una mamma che ha perso il figlio senza poterlo assistere, e subito dopo anche il marito, che si è lasciato morire) sono attualmente sulle prime pagine della stampa nazionale e internazionale.
Vogliamo quindi ribadire che le persone autistiche, o con disabilità particolarmente complesse, necessitano con estrema urgenza che vengano predisposti percorsi ospedalieri e/o ambulatoriali dedicati (modello DAMA–Disabled Advanced Medical Assistance), agevolando al massimo, e non solo permettendo, l’assistenza da parte dei genitori o dei caregiver. È inammissibile, infatti, che non si possa seguire una persona di cui ci si prende cura da quando è nata, e al contempo non è così difficile applicare buone prassi già consolidate altrove, come appunto il citato servizio DAMA.
Altrettanto fondamentale è l’avvio della formazione specialistica multidisciplinare di medici e di operatori a tutti i livelli che stiamo chiedendo da anni: nell’autismo spesso sono presenti problematiche di tipo organico (gastrointestinali, immuno-allergiche, metaboliche ecc.), che aggravano lo stato di salute generale delle persone, e che non vengono prese in considerazione, proprio a causa della carenza di una formazione specifica completa.
Si tratta di una questione di diritto sacrosanto alla salute (le persone con autismo muoiono in media 16 anni prima delle persone sane, e secondo uno studio del Karolinska Innstitute del 2016, quelle con autismo associato a disabilità di apprendimento risultano morte con più di 30 anni di anticipo rispetto alla popolazione normale, ovvero in media all’età di 39 anni), ma anche di organizzazione razionale delle risorse.
Gli Enti competenti, dunque, potrebbero avviare in questo momento una prima formazione online, evitando alle Associazioni dei familiari di doversi preoccupare anche di questo.
Da tutto quanto evidenziato, risultano comprensibili la fatica e l’impegno che i genitori delle Associazioni debbono spendere per rimanere sempre informati, per essere in grado di rispondere alle famiglie che chiedono supporto in ogni campo, per poter essere costruttivi e competenti con gli interlocutori istituzionali. Il tutto senza togliere spazio alla cura dei loro cari, anche in questo periodo di ridimensionamento dei servizi.
Chiediamo quindi interventi urgenti per risolvere le criticità segnalate, auspicando che si passi al più presto dal semplice ascolto all’avvio dei percorsi necessari alla loro soluzione.
L’ANGSA Marche è la componente di tale Regione dell’ANGSA (già Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, oggi Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo). Il presente contributo è stato anche inviato, sotto forma di lettera, ad alcuni referenti istituzionali della Regione Marche, vale a dire Filippo Saltamartini, assessore alla Sanità e ai Servizi Sociali, Lucia Di Furla, dirigente del Servizio Salute, Giovanni Santarelli, dirigente del Servizio Politiche Sociali e Filippo Masera, dirigente della Mobilità Sanitaria e dell’Area Extraospedaliera.
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