A proposito di fragilità, vaccinazioni e persone con disabilità (visiva e non)

di Stefania Leone
Donna con disabilità visiva attraversa la strada
Una donna con disabilità visiva mentre attraversa una strada

A proposito degli articoli di Salvatore Nocera e Pietro Barbieri, pubblicati su queste stesse pagine [“Ma noi, persone con disabilità, non siamo tutti ‘fragili’ per definizione!”, “Con la pandemia stiamo perdendo l’idea stessa di inclusione” e “Perché penso che non siamo tutti fragili”, N.d.R.] e della questione riguardante l’eventuale priorità della vaccinazione per le persone con disabilità, ritengo che non sia affatto facile valutare le priorità per le vaccinazioni, perché gli aspetti da prendere in considerazione sono vari e alcuni anche molto delicati.

Quegli articoli mi hanno fatto riflettere sul fatto che oltre al concetto di “fragilità”, ampiamente trattato da entrambi gli amici Nocera e Barbieri, con l’esperienza e la competenza che li contraddistingue, molte persone con disabilità, pur godendo di ottima salute, per alcune attività necessitano di accompagnamento e dunque espongono e sono esposte a contatti frequenti e ravvicinati. Tra l’altro non sempre si usufruisce di un accompagnatore fisso.
Consideriamo anche i contatti con le cose: ad esempio, le persone con disabilità visiva, anche non accompagnate, devono utilizzare molto più spesso il tatto per orientarsi nel movimento; scorrere con le mani ringhiere e passamano, cercare pulsanti e maniglie, sono manovre che richiedono un’esplorazione maggiore e dunque espongono a più rischi di contagio.

In questi mesi di emergenza, io sono costretta a fidarmi di chi mi accompagna, ma anche chi mi accompagna deve potersi fidare di me!

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