Ho 27 anni e quando voglio raccontare la mia storia, dico sempre che la cosa migliore è essere spontanei, senza nessun filtro, senza spazio e tempo.
Sono nata sorda e non si sa perché. Mia madre non ha avuto la rosolia in gravidanza, o simili. Io non ho avuto una grave malattia nei primi anni dell’ infanzia. Quindi, quando sono nata avevo già un mistero addosso, un qualcosa di grande che non si poteva spiegare, come se la sordità fosse predestinata a me.
I miei genitori hanno scoperto tardi – avevo un anno – che ero una bambina con sordità profonda, ipoacusia neurosensoriale neurovegetativa. Finché un giorno, mia madre andò dall’otorino e d’istinto gli disse: «Controlli mia figlia». Da lì trovò la conferma: «Sua figlia è sorda come una campana!». Andò a casa, si mise sotto le lenzuola con me e mi cantò all’orecchio, piangendo, le sue canzoni preferite. Pensò fra sé e sé: «Mia figlia non può non sentire la musica!». Poi, finito lo sfogo, si rimboccò le maniche e cominciammo insieme un cammino meraviglioso, difficile e faticoso.
Dal primo anno di vita sono stata protesizzata, ho iniziato a fare logopedia, fatto anche musicoterapia, e da due anni ho l’impianto cocleare. Questo non vuol dire che siano sempre state rose e fiori. Anzi, una volta ho toccato il fondo, ma spesso solo lì si trova la forza di risalire.
I miei genitori – e soprattutto mia madre a cui devo tantissimo se non tutto -, fin dal primo momento mi hanno fatto vivere questa situazione non come una malattia, un dolore, bensì come una sfida da cogliere e vivere, una strada non battuta da percorrere.
Per tutto questo io sono e mi sento diversa, perché è proprio grazie alla mia “sfortunata” sordità che riesco a vedere il mondo con occhi diversi che mi permettono di distinguere le persone “tossiche e nocive” da quelle semplici e positive e preferisco avere a fianco coloro che non si sentono “normali”… Perché poi cosa sarebbe la normalità? Nessuno sa cosa sia veramente, ma certo pochi sanno che essere diversi è una forma di ricchezza. Per chi la possiede, ma anche per chi la rispetta. Sono quelle le persone migliori. E questa è la mia vita finora. Dove mi porterà? Cosa mi farà scoprire? Lo scoprirò solo vivendo.
Ho deciso di aprirmi tanto sui social facendo autoironia, sperando di far capire alle persone che la mia disabilita non deve creare né disagio né compassione: le difficoltà sono tante, tutti i giorni, ma sono mie e le affronto quotidianamente. Agli altri chiedo solo un comportamento normale.
L’ho fatto perché in questo momento i social sono il mezzo più veloce e più rapido, sapevo di essere pronta a qualsiasi reazione ci fosse stata sulla rete, ma non credevo di ricevere tanti messaggi positivi e di appoggio. L’ho fatto per me, è stata una sfida con me stessa, senza preoccuparmi delle condivisioni o delle critiche. Quindi mi sono meravigliata quando la mia storia è diventata virale.
Il mio messaggio è: apritevi alle diversità perché fanno parte della vita, ogni diversità è unica, tutti siamo diversi, questa è la magia della vita. Il mio motto è: vivere con spensieratezza perché con l’ironia abbatterò i pregiudizi.
È la prima volta che parlo così apertamente della mia sordità. La sordità viene spesso definita come una “disabilità fantasma”, perché c’è, ma non si vede. O meglio, viene erroneamente associata al mutismo, nell’ennesimo tentativo di arrogarsi la presunzione di conoscere il mondo della disabilità. Niente di più sbagliato, quando invece bisognerebbe soltanto ascoltare, per provare a comprendere maggiormente. Ascoltare anche, paradossalmente, chi ha una disabilità uditiva, perché, forse, il vero sordo è colui che generalizza e minimizza.
Ah, il nemico non è la sordità, il nemico è l’ignoranza!
A questo link è disponibile un video ove Chiara Bucello racconta e si racconta.
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