Oggi, 22 gennaio, coincide con il decennale della ratifica da parte dell’Unione Europea della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
L’Unione Europea è stata l’unica organizzazione di integrazione regionale ad avere ratificato la Convenzione, un fatto rivoluzionario, un segno di leadership globale, che ha portato a grandi cambiamenti nel modo in cui i diritti delle persone con disabilità vengono trattati a livello internazionale, sia in àmbito dell’Unione Europea che dei singoli Stati Membri.
Dieci anni sono un traguardo importante, ma come possono testimoniare cento milioni di persone con disabilità in Europa, ratificare una Convenzione non basta: infatti, fino a quando le persone con disabilità non avranno gli stessi diritti degli altri, il medesimo livello di occupazione, di istruzione, di inclusione sociale, il diritto di viaggiare, lavorare e studiare all’interno dell’Unione Europea come tutti gli altri, la possibilità di vivere in modo indipendente e di far parte a pieno titolo della propria comunità, la Convenzione dev’essere ancora considerata come un “cantiere aperto”.
La prossima Strategia Europea sulla Disabilità, che sarà l’Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030 (European Disability Rights Agenda), dovrà essere un’opportunità per gettare le basi di una piena attuazione della Convenzione a livello continentale.
«L’impatto del Covid-19 sulle persone con disabilità ha cambiato tutto – sottolinea in tal senso il nostro Presidente Yannis Vardakastanis [Presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, N.d.R.] -: la discriminazione, l’esclusione e l’impoverimento delle persone con disabilità in Europa sono stati messi al centro dell’attenzione. Tutte le persone con disabilità che hanno perso la vita, i loro familiari, i loro mezzi di sussistenza, i contatti con gli amici, la famiglia e la loro rete di sostegno richiedono da noi e dalle Istituzioni dell’Unione Europea di trasformare completamente il nostro lavoro, includendo le persone con disabilità. Non ci dovranno essere più scuse. La Convenzione è in vigore da dieci anni: è tempo dunque di assicurarsi che le leggi vengano applicate e che vengano investiti fondi adeguati. L’imminente Strategia sui Diritti delle Persone con Disabilità dovrà porre le basi per una vera uguaglianza, trasformando i diritti in realtà».
Ma ecco quelli che riteniamo una serie di motivi per cui abbiamo ancora e sempre bisogno della Convenzione ONU.
1. Niente di Noi senza di Noi: la Convenzione ha obbligato i Governi a coinvolgere in modo significativo le persone con disabilità attraverso le loro organizzazioni rappresentative in tutte le questioni che le riguardano. E tuttavia, nonostante ciò, manca ancora un dialogo significativo e la maggior parte delle organizzazioni di persone con disabilità non dispone di risorse adeguate per svolgere il proprio ruolo. L’articolo 4 (Obblighi generali), comma 3 della Convenzione e il Commento Generale n. 7 sono fondamentali per richiedere la consultazione e il coinvolgimento delle organizzazioni di persone con disabilità.
2. Accessibilità: l’accessibilità sta diventando sempre più un aspetto centrale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, grazie a iniziative dell’Unione Europea come la Legge Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act) o la Direttiva sull’Accessibilità del Web (Web Accessibility Directive). Le persone con disabilità possono trovare più facilmente dispositivi accessibili, come computer o smartphone, ma devono comunque ancora affrontare grandi ostacoli nell’ambiente costruito, nei servizi di trasporto o nei prodotti di uso quotidiano, quali, ad esempio, gli elettrodomestici. Inoltre, le persone con disabilità sono ancora a maggior rischio rispetto agli altri, durante le situazioni di emergenza, poiché le informazioni pubbliche e la comunicazione con numeri di contatto dedicati spesso sono ancora inaccessibili. L’articolo 9 (Accessibilità) e l’articolo 21 (Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione) della Convenzione e il Commento Generale n. 2 impongono all’Unione Europea di intensificare la propria azione in questi àmbiti.
3. Parità di trattamento: le persone con disabilità sono protette contro la discriminazione nel campo dell’occupazione e della formazione professionale attraverso la legislazione dell’Unione Europea contro la discriminazione. Ad oggi, però, l’Unione non vieta esplicitamente la discriminazione basata sulla disabilità nell’accesso all’istruzione, alla salute e all’accesso a beni e servizi. Vi è dunque bisogno che si proibisca la discriminazione basata sulla disabilità in tutti i settori della vita. L’articolo 5 (Uguaglianza e non discriminazione) della Convenzione e il Commento Generale n. 6 stabiliscono obblighi fondamentali per garantire l’uguaglianza e la non discriminazione di tutte le persone con disabilità.
4. Diritti delle donne: le donne e le ragazze con disabilità continuano ad affrontare rischi di subire violenza più elevati rispetto alle altre donne, più discriminazione rispetto agli uomini con disabilità nell’accesso al lavoro, all’istruzione e alla salute e sono esposte a violazioni dei diritti umani come la sterilizzazione forzata. L’articolo 6 (Donne con disabilità) della Convenzione e il Commento Generale n. 3 obbligano l’Unione Europea a fare di più anche su tali questioni.
5. Vita indipendente: si stima che circa un milione e mezzo di persone nell’Unione Europea vivano ancora in istituti. Nonostante il fatto che i regolamenti dell’Unione vietino gli investimenti nell’assistenza istituzionale, non vi sono regole per impedire l’investimento di fondi nella ristrutturazione delle istituzioni esistenti per migliorarne l’efficienza energetica, o per la costruzione di nuove strutture di assistenza che rimangano di natura istituzionale. Il Covid-19 ha fornito un cupo promemoria dei pericoli che corrono le persone con disabilità in quelle strutture e dovrebbe diventare una sorta di catalizzatore per l’azione. L’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione e il Commento Generale n. 5 descrivono nel dettaglio ciò che gli Stati dovrebbero mettere in atto per rendere la vita indipendente una realtà.
6. L’assistenza sanitaria è principalmente di competenza dei Governi Nazionali, con l’Unione Europea che svolge un ruolo di sostegno. E tuttavia, nelle azioni intraprese anche durante la pandemia da Covid-19, è stata data poca o nessuna considerazione alle persone con disabilità. L’articolo 11 (Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie) e l’articolo 25 (Salute) della Convenzione richiedono che l’Unione Europea garantisca una risposta alle emergenze che sia inclusiva della disabilità, nonché l’accesso all’assistenza sanitaria per tutte le persone con disabilità.
7. Libertà di movimento e programma di scambio europeo: in questo àmbito si sono fatti molti progressi tramite la legislazione sui diritti dei passeggeri nell’Unione Europea. Quest’ultima, però, non garantisce viaggi liberi e indipendenti, non copre i trasporti urbani o gli autobus a breve distanza e consente ancora, in alcune circostanze, il divieto di imbarco alle persone con disabilità. La Disability Card dell’Unione Europea è stata creata, ma è disponibile e riconosciuta solo in nove Stati Membri, non consentendo quindi alle persone di far riconoscere la propria disabilità in diversi altri Stati. L’articolo 20 (Mobilità personale) della Convenzione richiede che le persone con disabilità possano avere il diritto di muoversi con la massima indipendenza possibile.
8. I giovani con disabilità sono sottorappresentati nei programmi dell’Unione Europea per i giovani, quali l’Erasmus +, dove meno del 2,5% sono persone con disabilità. Il sostegno finanziario insufficiente, l’impossibilità di trasferire i servizi, l’inaccessibilità e la mancanza di informazioni sulle misure disponibili per le persone con disabilità sono ostacoli per i giovani con disabilità. L’Unione Europea, quindi, dovrebbe garantire l’accessibilità delle informazioni e un sostegno finanziario sufficiente per consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di parità come gli altri giovani ai programmi di cui si è detto. E questo è fondamentale ai sensi dell’articolo 20 (Mobilità personale) e dell’articolo 24 (Educazione) della Convenzione.
9. Attuazione della Convenzione: i diritti delle persone con disabilità sono ora inclusi in molti nuovi àmbiti della politica e le istituzioni dell’Unione Europea hanno prestato maggiore attenzione alla Convenzione. Nel 2019, ad esempio, si è potuto assistere, per la prima volta, alla nomina di un Commissario per la Parità. E tuttavia, è molto importante che l’Unione istituisca un’Unità specificamente dedicata alla Convenzione e un piano globale per coordinare l’attuazione della stessa. Si tratta di un meccanismo richiesto dall’articolo 33 (Applicazione a livello nazionale e monitoraggio) della Convenzione.
10. Oltre l’Unione Europea: l’Unione deve garantire coerenza tra le proprie politiche interne sulle persone con disabilità e tutto quello che svolge nelle azioni verso l’esterno. Ad esempio, nessun finanziamento dell’Unione dovrebbe essere utilizzato per costruire infrastrutture che non siano accessibili o sovvenzionare Istituzioni in Paesi al di fuori dell’Unione stessa. Quest’ultima deve collaborare con organizzazioni di persone con disabilità nei Paesi in cui sviluppa propri progetti e garantire che tutti i propri programmi siano accessibili e inclusivi. Questo è un aspetto chiave dell’articolo 32 (Cooperazione internazionale) della Convenzione.
11. Responsabilità e rendicontazione: l’Unione Europea e tutti i suoi Stati Membri si sono impegnati a favore della Convenzione e questo può essere considerato come un risultato storico. A tutt’oggi, però, né l’Unione né sei Stati Membri hanno ancora ratificato il Protocollo Opzionale alla Convenzione, il che significa che le persone con disabilità non possono presentare reclami al Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Inoltre, alcuni Paesi non presentano nei tempi richiesti il proprio rapporto sull’applicazione della Convenzione, evitando in tal modo di modificare ciò che lo richiederebbe. L’articolo 35 (I rapporti degli Stati Parti) della Convenzione prescrive una tempestiva comunicazione al Comitato ONU, da parte di tutti gli Stati che hanno ratificato il Trattato.
Rendiamo disponibile ai Lettori (a questo link) anche il testo della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità in versione Easy to Read (“facile da leggere e da comprendere), curata a suo tempo dall’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), insieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con l’organizzazione Inclusion Europe. E anche la versione in CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), curata da Simona Piera Franzino e Domenico Massano (a questo link).
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