«Tra i soggetti destinatari delle prime dosi del vaccino vanno anche incluse tutte le persone e gli operatori delle residenze e dei centri diurni dedicati a pazienti con disabilità, considerando sia l’alto rischio di insorgenza di focolai nelle strutture chiuse sia la precaria condizione di salute degli ospiti. Nella seconda fase della campagna vaccinale, poi, insieme a chi è a diretto contatto con esse (assistenti domiciliari o privati e caregiver),vanno inserite, in primis, le persone non autosufficienti, quelle in assistenza domiciliare perché solo parzialmente indipendenti dall’aiuto esterno e quelle con disabilità che presentano comorbilità a maggior rischio (persone immunodepresse o con esiti di patologie oncologiche o altre particolari affezioni che aumentano il rischio di malattia in caso di contagio…)»: è quanto si legge nel paragrafo dedicato alle Persone con disabilità dal documento Copertura vaccinale contro il SARS-COV-2. Basi bioetiche per un patto di salute (disponibile integralmente a questo link), approvato nei giorni scorsi dal Comitato Sammarinese di Bioetica, organismo che sin dagli esordi del proprio operato, avvenuto in forza della Legge 34/10 della Repubblica di San Marino, ha dedicato costante attenzione alle tematiche della disabilità, inserendola in ogni proprio documento.
«La comunicazione pubblica sulla pandemia – si legge ancora nel documento -, sui vaccini e sui relativi rischi deve garantire l’accessibilità e la fruibilità dell’informazione all’intera popolazione attraverso appropriati strumenti, prevedendo fra l’altro l’utilizzo della lingua dei segni e della sottotitolatura per le persone sorde e ipoudenti».
Rispetto poi alle persone non autosufficienti e a quelle con disabilità che presentano comorbilità a maggior rischio, di cui si è detto inizialmente, il Comitato sottolinea che «tutte loro sono doppiamente esposte ai pericoli dell’infezione sia perché le condizioni di salute possono peggiorarne il decorso di malattia, sia perché un quadro patologico complesso influenza negativamente il tipo e la qualità di vita dei diretti interessati e dello stesso personale di assistenza, specialmente se di àmbito familiare».
A tal proposito, «degno di particolare nota» viene ritenuto «il caso delle persone con disabilità intellettive, relazionali o psicosociali, nelle quali il rischio di contagio è per sua natura superiore alla media, per l’estrema difficoltà a rispettare le misure di protezione individuale. Esso, poi, si aggrava ulteriormente in corso di ricovero ospedaliero (ad es. per infezione da SARS-CoV-2), a causa dell’incapacità di realizzare la necessaria attiva collaborazione con il personale di assistenza, specie quando non può essere assicurata la presenza dei caregiver abituali. E lo stesso vale per le persone che richiedono un’assistenza anche in ospedale molto elevata, a causa dell’impossibilità a svolgere azioni della vita quotidiana come il mangiare, andare al bagno, girarsi nel letto, etc.».
«Nella somministrazione del vaccino a persone con disabilità intellettiva e relazionale – conclude il capitolo dedicato alle persone con disabilità – il personale addetto dovrebbe avere una formazione sul modello di altre esperienze analoghe oppure farsi assistere dai caregiver di quelle persone».
Per quanto riguarda l’attenzione riservata alla disabilità da parte del Comitato Sammarinese di Bioetica, basti ricordare una serie di altri documenti prodotti in questo decennio, divenuti modello ben oltre i propri confini, a partire dall’Approccio bioetico alle persone con disabilità (25 febbraio 2013) che, come avemmo modo di scrivere, va considerato «il primo documento al mondo approvato da un Comitato Nazionale di Bioetica, costruito sui princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, tramite un approccio bioetico radicato sui diritti umani, che sposta totalmente il baricentro dalla disabilità in sé alla persona con disabilità».
E ancora, Bioetica delle catastrofi (10 luglio 2017), ove si afferma la necessità di garantire che l’aiuto umanitario sia rispettoso dei diritti umani di tutte le persone, quelle con disabilità comprese, e quindi La persona malata nel momento della fine della vita (marzo 2019), «nel quale il Comitato – come scrisse su queste stesse pagine Rita Barbuto – ha approfondito gli aspetti scientifici, bioetici e giuridici del processo di cura della persona morente, diritto fondamentale sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e in particolare delle cure palliative, terapie che estese a tutte le fasi evolutive dell’essere umano (dal neonato, al bambino, all’adolescente, all’adulto giovane o maturo e all’anziano) garantiscono il rispetto della dignità umana. Qui, confermando l’interesse nei confronti della tematica specifica e l’impegno assunto nei due precedenti documenti, ci si occupa di disabilità analizzando quattro tematiche riguardanti il fine vita e le persone con disabilità».
Infine, lo scorso anno, il recente Risposta alla richiesta di parere urgente su aspetti etici legati all’uso della ventilazione assistita in pazienti di ogni età con gravi disabilità in relazione alla pandemia da Covid-19, elaborato su richiesta del proprio Commissario Straordinario per l’Emergenza da coronavirus, che ha fornito un parere sull’eventuale selezione delle persone da trattare in terapia intensiva, ponendo come principio base il fatto che non debba esservi alcuna distinzione per età e condizione di disabilità, ma si debba guardare solo alle condizioni cliniche di una persona, che ogni medico deve valutare per decidere gli interventi di cura, così come stabilisce il Codice Deontologico dei Medici. In altre parole, i princìpi di non discriminazione e di uguaglianza di opportunità si devono applicare a tutte le persone anche in situazione di emergenza. (S.B.)