La pubblicazione ufficiale da parte del Ministero dell’Istruzione dei modelli dei nuovi PEI (Piani Educativi Individualizzati) per gli alunni e le alunne con disabilità su base ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], dopo tre anni di ritardo dalla prima apparizione nell’articolo 5 del Decreto Legislativo 66/17, poi in parte corretto e integrato dal Decreto Legislativo 96/19, a seguito di richiesta di chiarimenti e modifiche proposte dalle Associazioni presenti nell’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione Scolastica, stanno sollevando in queste settimane un dibattito legittimo [se ne legga anche sulle nostre pagine, facendo riferimento alla colonnina a destra del presente testo, N.d.R.] e anche una serie di interpretazioni giuridicamente fantasiose e poco corrette.
È stato detto, ad esempio, che nella nuova normativa sarebbe prevista come normale la previsione di “esoneri” dallo studio di talune discipline, ciò che produrrebbe l’uscita dalle classi degli alunni e delle alunne intruppati in un unico gruppo, ripristinando così una sorta di “classi speciali”. Se questo fosse vero, naturalmente, sarebbe pienamente deprecabile e sicuramente nelle prime bozze diffuse tempo fa e discusse nell’estate scorsa in una riunione online del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Ministeriale, questo era più volte presente. Ora però, nel testo ufficiale appena pubblicato, la parola “esonero” compare una sola volta, a proposito dei “PEI differenziati” nelle scuole superiori.
A tal proposito è noto a tutti che il “PEI differenziato” è tale proprio perché, dovendo essere formulato «sulla base delle effettive capacità dell’alunno con disabilità» (articolo 16 della Legge 104/92), può – non deve – prevedere che talune discipline siano sostituite con altre attività didattiche o parascolastiche. Se tuttavia si vuole, sarà opportuno chiedere al Ministero di sostituire la parola “esonero”, che si sarebbe dovuta togliere anche dall’articolo 11, comma 13 del Decreto Legislativo 62/17, secondo il quale – con norma certamente illegittima costituzionalmente – è stata modificata, sicuramente per errore, la precedente normativa abrogata. In tale norma, infatti, è previsto che gli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento) abbiano diritto al diploma di scuola media anche quando sono «esonerati dallo studio delle lingue straniere». L’AID (Associazione Italiana Dislessia) ne ha chiesto giustamente la cancellazione, ma il Ministero tuttora tace e insieme all’AID anche la nostra Federazione [FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, N.d.R.] ne ha ripetutamente chiesto la correzione.
Abbiamo poi registrato alcune posizioni emerse in particolare sui social network, ove si lamenta dal GLO, il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione che formula il PIA, siano state escluse le famiglie degli alunni con disabilità o che almeno esse abbiano ormai perduto il proprio peso in seno a tale fondamentale organismo.
Si tratta di un’accusa che poteva correttamente essere sollevata relativamente alle prime bozze del testo ministeriale, ma anche questo rischio, dopo la già citata riunione del 31 Agosto scorso, è scomparso dal nuovo testo ufficiale. Se infatti nella precedente bozza si parlava di «necessità di votare qualora nel GLO non si riuscissero a sanare delle divergenze tra famiglia e scuola o Enti Locali, nell’assegnazione del numero di ore di sostegno didattico o di assistenza educativa», nel testo ufficiale non si parla più di votare e quanto alla convinzione che la famiglia sarebbe stata esclusa dal GLO, ci si deve riferire all’articolo 3, comma 2 del Decreto Interministeriale 182/20 il quale parla espressamente di famiglia come membro a pieno titolo del GLO.
Per quanto poi riguarda la convinzione che la composizione del GLO sia rimessa alla mera discrezionalità del Dirigente Scolastico, si guardi bene l’appena citato articolo 3 del Decreto 182/20, in cui si richiama espressamente l’articolo 9 del Decreto Legislativo 66/17 (come integrato dal Decreto Legislativo 96/19), che elenca i componenti del GLO stesso e il fatto che il Dirigente Scolastico debba convocarne i membri a pieno titolo, pena l’invalidità della convocazione. Quanto al comma del Decreto in cui si dice che, anche se manca alla riunione una delle componenti, la riunione è validamente costituita, esso serve a precisare che un membro, regolarmente convocato, nel caso in cui non si presenti, non possa bloccare i lavori del GLO.
Rispetto infine al timore che la famiglia venga sopraffatta dalla presenza di più voti dei docenti e di altri operatori, va ribadito che nel GLO non è più previsto il voto, ma si deve trovare un “accomodamento ragionevole”.
Un’ulteriore criticità individuata nei giorni scorsi sarebbe riferita al fatto che, con la previsione del cosiddetto “debito di funzionamento” si sia creata una sorta di “standardizzazione dei bisogni educativi” e quindi dell’assegnazione delle ore di sostegno.
A questo crediamo di dover replicare che la classificazione dei bisogni prevista dall’articolo 3 della Legge 104/92 e cioè «la situazione di gravità e di non gravità», mentre prima erano presenti solo due standardizzazioni, basate esclusivamente su cause di origine sanitaria, ora è presente anche la componente «barriere e facilitazioni», introdotta con riferimento alla Classificazione ICF, tramite la quali si riduce fortemente la standardizzazione e cambia radicalmente il concetto di “gravità”, entrando in gioco l’interferenza del contesto ambientale nella valutazione sanitaria.
In altre parole, mentre prima vi erano solo due termini di oscillazione, non fissati per legge, ma dalla prassi (articolo 3, comma 1 della Legge 104/92: mezza cattedra di sostegno; articolo 3, comma 3: un’intera cattedra di sostegno), ora gli àmbiti saranno quattro, ciascuno dei quali con una banda di oscillazione. E ancora, mentre prima era previsto il diritto alle deroghe nel solo caso di “gravità lieve”, anche ora, in casi eccezionali, sarà prevista la possibilità di “deroghe” e cioè di superare il massimo delle bande di oscillazione.
Ma questa “quadripartizione” cui riferirsi nell’assegnare le ore di sostegno potrà ridurre il numero di quelle assegnate a ciascun alunno? Riteniamo di no, poiché potrà accadere che in certi casi verranno assegnate meno ore, mentre in altri casi ne potranno essere assegnate di più. E ci sarà una riduzione globale nel numero delle cattedre assegnate? Anche qui crediamo di no, poiché le differenze in più e in meno potrebbero compensarsi.
Come invece potrebbe esservi una riduzione globale del numero delle cattedre assegnate è desumibile dalla norma del Decreto 182/20, laddove si stabilisce che, in caso di dubbi sulla correttezza di talune certificazioni sanitarie, la pratica vada sottoposta al Dirigente Scolastico e all’INPS che ha effettuato le certificazioni stesse. Inoltre, la previsione di eventuali responsabilità per danno erariale gravante su tutti i membri del GLO, in caso di assegnazione di ore di sostegno ad alunni con certificazioni irregolari, potrebbe essere causa di eccessiva prudenza nell’assegnare il numero di ore anche nei casi di certificazioni regolari, costituendo quindi una remora, oltre al rischio di contenzioso che con il nuovo modello si vorrebbe evitare o almeno ridurre.
Su tale norma, pertanto, è certamente opportuno riflettere.
Un’ultima obiezione emersa in queste settimane concerne la «riduzione dell’orario giornaliero» prevista nell’attuale nuova normativa. In realtà, risulta che la prassi delle riduzioni di orario sia stata sempre praticata in casi particolarmente complessi in passato, sia su richiesta delle famiglie (ad esempio per terapie da svolgere in orario di lezioni), sia talora illegittimamente da parte della scuola, ad esempio per la tardata nomina di docenti per il sostegno o per le loro assenze.
Sulle assenze per terapie in orario di lezioni ci sarebbe da discutere, poiché il diritto allo studio non deve cedere di fronte al diritto alla salute, ma dev’essere in ogni caso individuato un “equo contemperamento degli interessi”, come stabilito dalla costante giurisprudenza costituzionale.
Quanto invece all’illegittimità delle richieste di riduzioni di orario provenienti dalle scuole, essa è palesemente in contrasto con il disposto dell’articolo 12, comma 4 della Legge 104/92, secondo il quale «nessuna disabilità può essere causa di esclusione, neppure parziale, della frequenza delle lezioni». Che tuttavia tale previsione presente nel PEI degli alunni e delle alunne con disabilità costituisca un’abolizione del diritto allo studio degli stessi e l’avvio di “scuole speciali”, sembra essere un’affermazione gratuita. Infatti, se concordata nel PEI per valide ragioni legittimamente dimostrate e colmate espressamente con altre attività, lungi dal violare il diritto allo studio, ne costituiscono anzi una sua concreta attuazione, poiché corrispondente alle effettive esigenze degli alunni e delle alunne.
In conclusione va ricordato che l’articolo 21 del Decreto 182/20 prevede espressamente che alla fine dell’attuale anno scolastico si riveda l’attuale nuova normativa la quale potrà essere modificata sulla base delle osservazioni che perverranno dalle singole scuole. E anche nel corso di un collegamento online del 26 gennaio scorso è stato ufficialmente confermato questo dovere ministeriale.
Pertanto riteniamo che la cosa più importante, in questo momento, sia innanzitutto leggere attentamente la nuova normativa e interpretarla correttamente, dopodiché prendere contatti con le scuole dei propri figli e figlie o delle famiglie aderenti alle proprie Associazioni, per rappresentare serenamente le proprie osservazioni e richieste di modifiche. Questo certamente farà la nostra Federazione.
Oltre alla presente analisi dei nuovi modelli di PEI (Piani Educativi Individualizzati), la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) mette anche a disposizione di tutti (a questo link) il proprio documento intitolato Considerazioni della FISH sul nuovo modello nazionale del PEI (Piano Educativo Individualizzato) e delle correlate Linee Guida, ove vengono approfonditamente analizzati sia gli aspetti ritenuti positivi, sia le criticità individuate nel provvedimento, dando spazio anche ad alcune proposte di modifica.
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