Anche per aiutare i Lettori a decidere la propria eventuale adesione alla mobilitazione guidata in questi giorni dal CoorDown (Coordinamento Nazionale delle Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), insieme a numerose Associazioni, gruppi di studenti e genitori, insegnanti di sostegno ed educatori, nei confronti dei nuovi modelli di PEI (Piani Educativi Individualizzati) fissati dal Ministero dell’Istruzione [di tale mobilitazione si legga anche nel box in calce, N.d.R.], quale socio di organizzazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana Per il Superamento dell’Handicap), vorrei fornire un ulteriore contributo di chiarezza sulla materia in questione, per continuare in tal modo, a titolo personale, a mantenere il dialogo con quanti stanno giustamente animando il dibattito quotidiano in tale àmbito.
Per questo motivo partecipo e ho partecipato a numerosi webinar con le diverse realtà, culturali, politiche, sindacali e associative, manifestando in ogni occasione le mie impressioni favorevoli alle importanti novità introdotte nella normativa, come il riferimento alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e all’autodeterminazione degli studenti con disabilità, così come l’“accomodamento ragionevole” per la realizzazione dei loro diritti e l’affermazione che i nuovi PEI si formuleranno «sulla base dell’ICF» [Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], nonché la novità assoluta della generalizzazione del formato elettronico per la loro scrittura e la consultazione selettiva.
Ho anche però evidenziato, in più di un documento emerso durante la discussione delle bozze sui nuovi PEI, che dopo la loro pubblicazione ufficiale, il mio dissenso o le mie perplessità e richieste di modifica, come ad esempio sulla natura e la composizione del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), sull’incompletezza della normativa riguardante i “PEI differenziati”, sulla terminologia usata a proposito dell’esonero dalle lezioni e sulla riduzione di orario, oltreché sull’insufficiente chiarezza – e forse contraddizione – a proposito del collegamento tra le Linee Guida e taluni modelli o circa le tabelle C e C1.
Qui vorrei dunque ulteriormente esplicitare queste mie posizioni, per fugare l’impressione che chi scrive non voglia ulteriormente partecipare al dialogo o, peggio, lasciare intendere che sia totalmente consenziente con i testi normativi pubblicati. Ciò anche perché – nell’eventualità di un nuovo Ministro dell’Istruzione, con il quale fin da subito sarà necessario da parte delle Associazioni riaprire un dialogo schietto e fruttuoso come quello realizzato con la Ministra Azzolina – non si debba ricominciare daccapo a ridiscutere dei sommi princìpi, ma si possa pervenire prestissimo a soluzioni operative rapide e urgentemente richieste dal mondo della nostra scuola inclusiva.
Ma veniamo brevemente ai punti ritenuti critici da più parti e, in certo senso, pure da me.
1. La composizione del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), che formula il PEI: di esso si dice nell’articolo 3, comma 1 del Decreto Interministeriale 182/20, che è «composto dal team dei docenti contitolari», mentre al comma 2 che «vi partecipano i genitori». È pur vero che queste espressioni sono state copiate dal Decreto Legislativo 66/17, come integrato dal successivo Decreto Legislativo 96/19, e tuttavia, nel Decreto Interministeriale 182/20 e nelle Linee Guida di esso, la diversità dei termini usati e dei due diversi commi, ha dato l’impressione a molti, tra i quali anche me, che questa differenziazione fosse inutile e fuorviante, e ad alcuni addirittura che si trattasse di un’esclusione dei genitori dal GLO o comunque di un loro ruolo in seno ad esso decisamente subordinato ai docenti.
Pertanto, onde evitare queste interpretazioni, che potrebbero anche essere fatte proprie da qualche organo giurisdizionale in caso di eventuali controversie, ci associamo a quanti chiedono che risulti chiaro e in modo inequivocabile che i genitori sono “membri a pieno titolo” del GLO.
Quanto al problema del voto in seno al GLO, anche qui da più parti si lamenta che, ove fosse previsto formalmente, esso porrebbe sicuramente la famiglia in posizione subalterna alla scuola che ha ben più di due votanti in tale organismo, presupponendosi, evidentemente, che vi sia una contrapposizione istituzionale tra scuola e famiglia, cosa, a mio avviso, non pensabile. Comunque è prevalsa l’opinione che basti appellarsi all’“accomodamento ragionevole”, previsto dalla Convenzione ONU, perché i problemi eventualmente insorti possano risolversi.
A questo punto mi permetto semplicemente di osservare che, qualora con la massima volontà di “accomodamento ragionevole” non si raggiunga l’accordo unanime, l’alunno non può rimanere privo di PEI; pertanto propongo che in questi casi limite sia prevista una “commissione di conciliazione”, composta dalla famiglia, da un rappresentante della scuola e presieduta da un dirigente tecnico. Dal canto suo, la FISH aveva già avanzato un’idea simile, in occasione della Proposta di Legge n. 2444, presentata durante la precedente Legislatura, nel corso del dibattito per l’approvazione della Legge 107/15. In mancanza del voto e di questa ipotesi, ritengo che oggettivamente non ci sia altro che un interminabile contenzioso.
2. Confermo che il termine “esonero” dallo studio di talune discipline è stato da sempre praticato nelle scuole superiori per la formulazione dei “PEI differenziati”. È invece da me impensabile che tale termine possa applicarsi anche alle scuole del primo ciclo, poiché il Ministero sa bene da sempre che l’articolo 16, comma 1 della Legge 104/92 stabilisce che il PEI possa prevedere «la riduzione o la sostituzione parziale di talune discipline» e che il Decreto Legislativo 62/17 ribadisce la norma istituzionale di sistema secondo cui se un alunno non svolge l’esame di Stato su tutte le discipline, sia pur con prove “differenti”, non può conseguire il diploma, ma solo un attestato. Quindi questo timore di estensione interpretativa anche alla scuola del primo ciclo mi sembra inaccettabile.
E va anche aggiunto che la norma dell’articolo 11, comma 13 contenuta nello stesso Decreto 62/17, concernente il rilascio del diploma di scuola media agli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento), «esonerati dall’insegnamento della lingua straniera», è stata da sempre ritenuta illegittima e inopportuna, sia da chi scrive, sia dall’AID (Associazione Italiana Dislessia).
Pertanto ribadisco la proposta che il termine “esonero”, contenuto genericamente nelle Linee Guida e specificamente a proposito dei “PEI differenziati” nelle scuole superiori, venga sostituito con la terminologia “sostituzione con altre attività”, proprio allo scopo di eliminare stucchevoli e inutili discussioni astratte.
Anche il termine “riduzione di orario”, che ha suscitato in alcuni il timore che si voglia legittimare l’uscita dalla classe di alunni con disabilità o comunque la loro riduzione di frequenza, dovrebbe essere eliminato e sostituito pure con “svolgimento di altre attività” in classe o fuori, previste dal PEI e per brevi e determinati periodi o solo su eccezionali motivi addotti dai genitori. Solamente in questo modo si potrà evitare qualunque interpretazione eccessiva o fantasiosa circa l’esclusione degli alunni dalle classi comuni e la ricostituzione delle classi “differenziali”.
3. A proposito di quanto detto al punto precedente, andrebbe pure precisato – cosa non ancora osservata, ci pare, da nessuno – che dove si parla in tutti i documenti di “laboratori”, sarebbe opportuno scrivere “con la presenza di alunni con e senza disabilità” o “da realizzare in situazione di reale inclusione”, come recita tutta la normativa emergenziale sulla didattica in presenza degli alunni con disabilità, mentre i compagni svolgono didattica a distanza. Questo chiarimento dovrebbe sicuramente evitare in modo definitivo la prassi, ancora presente e denunciata da tempo da esperti del settore quali Andrea Canevaro, Dario Ianes e altri, di crescenti uscite dalla classe di alunni con disabilità, specie intellettive e del neurosviluppo, a mano a mano che si sale nei gradi di scuola.
4. Quanto ai “PEI differenziati”, occorre far presente che, a causa dell’abrogazione dell’Ordinanza Ministeriale 90/01 non sono state riprese due norme fondamentali ivi contenute e cioè quella che prevedeva come, in caso di passaggio dal “PEI differenziato” a quello “semplificato”, non servissero le prove integrative se su tale passaggio erano d’accordo i docenti della classe. Questo vuoto potrebbe privare gli alunni con disabilità di un diritto esplicitato; occorre quindi reintrodurlo ufficialmente.
Non è stato neppure ripreso un passaggio di chiarezza normativa secondo il quale, in calce alle pagelle degli alunni con “PEI differenziato”, si dovesse scrivere la frase secondo la quale le valutazioni, spesso ottime, erano riferite al diritto allo studio sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale 215/87 e non ai programmi ministeriali. Ciò sempre per chiarezza amministrativa, onde evitare eventuale contenzioso.
5. Per quanto poi riguarda le tabelle C e C1 del nuovo provvedimento, mentre sono sufficientemente esplicitati gli àmbiti nei quali va precisato il livello del “debito di funzionamento”, non risulta invece chiaro quali siano le “barriere presenti nel contesto” che incidono sulla situazione di gravità in cui si trova l’alunno: ad esempio una scuola con classe numerosa; con docente per il sostegno non specializzato; con docenti curricolari privi di formazione sulle didattiche inclusive; mancante di ausili tecnologici; con poche ore di sostegno didattico o di assistenza per l’autonomia e la comunicazione rispetto ai bisogni dell’alunno o dell’alunna; con collaboratori scolastici non formati per l’assistenza igienica agli stessi o che si rifiutino di prestarla e così via. Anche questi aspetti dovrebbero essere precisati pena perenne contenzioso.
6. E ancora, sarebbe opportuno precisare, nel Decreto 182/20, che i nuovi modelli di PEI «sono adottati per il corrente anno scolastico 2020-21 relativamente ai PEI provvisori ed ai casi di nuove certificazioni di disabilità pervenute per la prima volta dopo la scadenza dei termini di iscrizione». È vero che la Nota Ministeriale n. 40 del 13 gennaio scorso lo ha precisato, ma siccome in genere si guardano i testi normativi principali, trascurando le Circolari di trasmissione, questo può facilmente determinare interpretazioni ad esempio circa l’immediata applicazione dei nuovi modelli di PEI già da quelli che devono essere approvati obbligatoriamente entro il prossimo mese di ottobre, i quali invece, con una serena interpretazione, sono esclusi dall’applicazione di queste nuove norme.
7. Un altro punto delle Linee Guida allegate al Decreto 182/20 che merita una rivisitazione è laddove si consente che alle riunioni del GLO possa partecipare, autorizzato dal Dirigente Scolastico, un esperto segnalato dalla famiglia, purché non sia da essa retribuito.
Ora è singolare che l’Amministrazione voglia entrare nella privacy delle famiglie, le quali sono libere di far partecipare esperti, retribuiti o meno, che seguono i propri figli con disabilità. Quale pregiudizio può arrecare la presenza di un esperto della famiglia, eventualmente retribuito, essendo egli partecipante «non a pieno titolo»? Invero da sempre molte Associazioni fanno partecipare ai GLO degli esperti loro dipendenti come prestazione di favore o prevista all’atto dell’iscrizione. Allora bisognerebbe vietare anche questo, ma nessuno lo ha mai preteso e dunque sarebbe più semplice eliminare questa previsione dal testo normativo, con soddisfazione delle famiglie e degli stessi Dirigenti coordinatori dei GLO.
8. E dulcis in fundo o, se si preferisce, in cauda venenum – dato che si tratta dell’ultima pagina e dell’ultimo periodo delle Linee Guida -, che dire della minacciosa disposizione con la quale si fa presente che tutti i membri del GLO sono responsabili per eventuali danni erariali, qualora facciano approvare nel PEI un numero di ore di risorse umane superiori al necessario?
Questa disposizione – forse prevedibile nell’Ottocento, ai tempi di Quintino Sella – sembra decisamente eccessiva, oggi che si parla di collaborazione tra scuola e famiglia, principio espressamente sancito in tanti atti normativi della e sulla scuola. Quanti Dirigenti Scolastici e docenti saranno a dir poco preoccupati di sottoscrivere dei PEI con il timore di assumersi delle responsabilità contabili, sia pure sulla base di diagnosi funzionali o, in futuro, di profili dinamici funzionali certificanti situazioni di estrema gravità? Se volessimo essere fiscali, allora bisognerebbe inserire nelle Linee Guida un’analoga espressione contenuta nella Sentenza del Consiglio di Stato 2023/17, la quale ha stabilito che il Dirigente Scolastico – qualora l’Ufficio Scolastico Regionale riduca il numero di ore di sostegno assegnate nel PEI – debba replicare allo stesso, inviandone copia alla Sezione Regionale della Corte dei Conti che, in caso di vertenza promossa dalla famiglia, a causa del taglio operato, e di perdita della stessa da parte dell’Amministrazione, egli non si sente «responsabile degli eventuali danni erariali», avendo prospettato all’organo superiore il rischio che l’Amministrazione corre col taglio del numero di ore.
Se questa clausola è sembrata eccessiva, tant’è vero che non compare nelle Linee Guida, parimenti sarebbe opportuno che scomparisse quella relativa ai membri del GLO, proprio ai fini del dialogo che da sempre caratterizza i sereni rapporti tra scuola e famiglie. È invece condivisibile la previsione di eventuali controlli, tramite l’INPS, di certificazioni di dubbia validità.
Ci sarebbero altre piccole osservazioni da fare, ma lasciamo che la sperimentazione e la formazione obbligatoria in servizio, che dovrà essere operata entro quest’anno e per la quale la Legge di Bilancio attuale ha stanziato notevoli fondi, li evidenzino entro la fine delle lezioni, in modo che per settembre si possa avere un testo possibilmente esente da dubbi interpretativi, con la sua pubblicazione prevista dall’articolo 21 dello stesso Decreto 182/20.
Per questi motivi si ribadisce la richiesta che questi e altri aspetti, fondati su dati concreti, sollevati già dalla Federazione FISH e da altri, vengano tenuti presenti dal nuovo Ministro dell’Istruzione, in vista delle modifiche che il citato articolo 21 del Decreto 182/20 prevede vengano apportate alla nuova normativa già entro la fine dell’anno scolastico 2020-2021, e quindi anche prima di settembre, possibilmente prima della stesura dei PEI “provvisori” che dovranno essere formulati entro il prossimo mese di giugno, basandosi sulla nuova normativa in quanto applicabile.
E a tal proposito, dal momento che il Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi sta proponendo in questi giorni che le scuole concludano le lezioni a fine giugno, date le interruzioni dovute alla pandemia, mi permetto di sottoporre alla FISH e all’altra Federazione FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) richiesta analoga a quella che la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) aveva avanzato pochi giorni fa al Ministro dell’Università Manfredi, di spostare a fine agosto il termine dei corsi di specializzazione per il sostegno, proprio a causa dei ritardi e delle interruzioni dovute al coronavirus, una richiesta che l’improvvisa crisi di Governo ha impedito fosse tempestivamente accolta.
Come pure, visto che il Presidente incaricato Draghi vuole garantire anche la corretta apertura del prossimo anno scolastico e di quelli successivi, con la presenza a settembre di tutti i docenti, compresi quelli per il sostegno, purtroppo quasi mai gli stessi, rinnovo la richiesta già avanzata dalla FISH di un’anticipazione della tempistica di tutto gli adempimenti amministrativi concernenti l’anno scolastico, a partire dalla data delle iscrizioni, che dovrebbero essere anticipate a novembre, pure anticipando a cascata tutti i conseguenti adempimenti.
Ma su questo torneremo senz’altro, data l’importanza di tali questioni per la qualità dell’inclusione scolastica.
Iniziative di protesta contro i nuovi modelli di PEI
Come accennato all’inizio del presente contributo, una petizione nel web, un flash mob virtuale per il 13 febbraio e una campagna social, per protestare contro i nuovi modelli di PEI e chiederne una serie di modifiche, sono stati promossi dal CoorDown (Coordinamento Nazionale delle Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), insieme a numerose Associazioni, gruppi di studenti e genitori, insegnanti di sostegno ed educatori.
«Il CoorDown e le sigle aderenti a queste iniziative – si legge in una nota (disponibile integralmente a questo link) – ritengono che il provvedimento emanato presenti troppi punti critici, lesivi del diritto all’istruzione degli alunni con disabilità, che legittimano cattive prassi, da sempre stigmatizzate, e che segnano un cambio di rotta rispetto al percorso inclusivo in atto».
I punti contestati sono segnatamente quelli riguardanti l‘esonero da alcune discipline di studio, la riduzione dell’orario di frequenza, l’approvazione del PEI e il ruolo marginale della famiglia nel GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione).
I promotori di queste iniziative «chiedono quindi, con la massima urgenza, la convocazione di un tavolo di confronto con le Istituzioni competenti e con il mondo associativo, per poter rappresentare le criticità e le necessarie proposte di modifica».
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa CoorDown (Paola Amicucci), ufficiostampa@coordown.it.
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