In questi giorni tante persone con disabilità e i loro familiari si chiedono quando saranno vaccinati. Com’è noto, infatti, ad inizio gennaio il Commissario Straordinario per l’Emergenza Domenico Arcuri aveva annunciato che nella seconda fase delle vaccinazioni, oltre agli ultraottantenni, sarebbero state incluse anche fasce di popolazione più vulnerabili tra cui le persone con disabilità.
Purtroppo la situazione attuale è ancora confusa e non si riesce ad avere dati precisi. Alcune Regioni, come ad esempio la Campania, hanno già iniziato a vaccinare gli operatori e in alcuni casi le persone con disabilità nelle RSA e RSD [Residenze Sanitarie Assistite e Residenze Sanitarie Disabili, N.d.R.], grazie anche alle pressioni dell’associazionismo territoriale, mentre l’Abruzzo ha attivato un sito per le prenotazioni al vaccino di questa fascia di cittadini, ma manca il quadro chiaro delle varie attività Regione per Regione.
Va ricordato a questo punto il documento recentemente prodotto dal Comitato Sammarinese di Bioetica, basato su princìpi etici di giustizia e non discriminazione, ove si indicava che «tra i soggetti destinatari delle prime dosi del vaccino vanno anche incluse tutte le persone e gli operatori delle residenze e dei centri diurni dedicati a pazienti con disabilità, considerando sia l’alto rischio di insorgenza di focolai nelle strutture chiuse sia la precaria condizione di salute degli ospiti».
Una prima motivazione dell’attuale ritardo è quella della riduzione, a volte importante, del flusso di arrivo delle confezioni di vaccini, che hanno visto calare le dosi disponibili anche del 40%. Questo ha obbligato – per non rendere inutile la prima vaccinazione -, di concentrare il numero ridotto di dosi sulle persone già vaccinate, in modo da completare il ciclo di trattamento. In tal senso la buona notizia è la verifica dell’efficacia del vaccino, che sembra avere conseguito la piena risposta protettiva dei sistemi immunitari.
Ma è solo una questione di ritardi? Da più parti, infatti, si segnala che nei vari Piani Pandemici Regionali il tema delle vaccinazioni alle persone con disabilità – e, come è evidente, anche dei loro caregiver o assistenti personali – non risulta esplicitato.
Il 3 febbraio scorso il Governo aveva incontrato le Regioni, riformulando il Piano Vaccinale alla luce della nuova situazione. Ebbene, dall’analisi di questo nuovo Piano alcune riflessioni vanno poste all’attenzione del dibattito pubblico per avere risposte chiare e tempestive. In questa direzione, per altro, stiamo già registrando una palese carenza di informazione, che sta producendo una corsa sparsa delle Associazioni di settore a rivendicare priorità legate ai loro Associati, ciò che indebolisce la voce delle due Federazioni Nazionali FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), delineando una frammentazione di domande e richieste che non giova alla capacità di interloquire sul tema in maniera equa e ragionata con i decisori politici.
È una frammentazione che rischia di instaurare forti e complicati conflitti sia all’interno che all’esterno di questa fascia di popolazione. Infatti, essendo le persone con disabilità dichiarate dall’ISTAT 3 milioni e 100.000 (dato largamente sottostimato, dato che i beneficiari di provvidenze economiche superano largamente i 4 milioni e mezzo), si rischierebbe di creare competizioni laceranti tra soggetti spesso discriminati e senza eguaglianza di opportunità, una sorta di “guerra” tra i soggetti più vulnerabili al coronavirus.
Innanzitutto va ricordato che tra le persone con disabilità non tutti hanno gli stessi rischi in caso di contagio. Lo ricordava il già citato documento del Comitato Sammarinese di Bioetica, ove si affermava che «nella seconda fase della campagna vaccinale, insieme a chi è a diretto contatto con le persone con disabilità (assistenti domiciliari o privati e caregiver), vanno inserite, in primis, le persone non autosufficienti, quelle in assistenza domiciliare perché solo parzialmente indipendenti dall’aiuto esterno e quelle con disabilità che presentano comorbilità a maggior rischio (persone immunodepresse o con esiti di patologie oncologiche o altre particolari affezioni che aumentano il rischio di malattia in caso di contagio). Tutte queste, infatti, sono doppiamente esposte ai pericoli dell’infezione, sia perché le condizioni di salute possono peggiorarne il decorso di malattia sia perché un quadro patologico complesso influenza negativamente il tipo e la qualità di vita dei diretti interessati e dello stesso personale di assistenza, specialmente se di ambito familiare».
Altro elemento sottolineato dal Comitato Sammarinese è che per le persone con disabilità intellettive, relazionali o psicosociali «il rischio di contagio è per sua natura superiore alla media, per l’estrema difficoltà a rispettare le misure di protezione individuale. Esso, poi, si aggrava ulteriormente in corso di ricovero ospedaliero […], a causa dell’incapacità di realizzare la necessaria attiva collaborazione con il personale di assistenza, specie quando non può essere assicurata la presenza dei caregiver abituali. Lo stesso vale per le persone che richiedono un’assistenza anche in ospedale molto elevata, a causa dell’impossibilità a svolgere azioni della vita quotidiana come il mangiare, andare al bagno, girarsi nel letto, etc.».
Quindi le priorità sono sia quelle di proteggere le persone più vulnerabili tra quelle con disabilità, ma anche prevenire situazioni che, a causa di varie forti ragioni, rischierebbero di violare i diritti umani di queste persone, pensando, ad esempio, a un’inadeguata assistenza materiale, considerando gli elevati bisogni/diritti di assistenza che spesso gli ospedali in periodi ordinari non coprono, e a maggior ragione in periodi di pandemia.
Si è tenuto conto di queste indicazioni nel nuovo Piano Vaccinale?
Quest’ultimo definisce i soggetti a cui dare priorità nella seconda fase delle vaccinazioni quali «persone da 60 anni in su, persone con fragilità di ogni età, gruppi sociodemografici a rischio più elevato di malattia grave o morte, personale scolastico ad alta priorità», con l’obiettivo di abbassare la letalità del contagio. Sono così state evidenziate le comorbilità maggiormente a rischio, identificate già nel sito dell’Istituto Superiore di Sanita, operando un’analisi delle caratteristiche delle persone decedute.
Poi, proprio mentre elaboravamo queste nostre riflessioni, è apparso nel portale del Ministero della Salute il testo ufficiale denominato Raccomandazioni “ad interim” sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV2/COVID-19, ove insieme alle Condizioni neurologiche, vengono inserite tra i gruppi prioritari per le vaccinazioni, nelle Aree di patologia, le Condizioni di disabilità (fisica, sensoriale, intellettiva, psichica), articolando, tra le Definizioni, la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, le paralisi cerebrali infantili, i pazienti in trattamento con farmaci biologici o terapie immunodepressive e conviventi, la miastenia gravis e le patologie neurologiche disimmuni.
A questo punto, pur prendendo atto di come siano state effettivamente recepite le istanze espresse da più parti in queste settimane, ad esempio dalla Federazione FISH, in favore dell’inserimento delle persone con disabilità tra i gruppi prioritari, va subito detto che questa nuova tabella identifica la disabilità tra le “condizioni patologiche”, senza precisare che le condizioni di disabilità, come sottolinea la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità sono «il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri».
In altre parole, e molto semplicemente, non tutte le patologie corrispondono a una disabilità.
Un’ulteriore domanda che va posta inoltre è se queste Raccomandazioni corrisponderanno realmente a degli obblighi per le Regioni e se ad esse si uniformeranno. A tal proposito dovrebbero attivarsi anche le varie Associazioni territoriali di persone con disabilità e delle loro famiglie, per ottenere che le proprie rispettive Regioni si muovano nel senso indicato da questo documento ministeriale.
Ma ci sono anche altre domande non ancora messe in evidenza, e tuttavia molto importanti per valutare l’individuazione delle priorità di persone con disabilità da vaccinare. Vediamole di seguito.
° Come verranno selezionate le persone con disabilità nell’accesso alle vaccinazioni? Non esistendo una banca dati nazionale né banche dati regionali, ed essendoci – forse – alcune liste solo parziali e solo per alcune patologie (come gli elenchi in possesso dei servizi sanitari territoriali e degli ospedali) come si determina la priorità delle persone con disabilità con comorbilità a rischio indicate dall’Istituto Superiore di Sanità? Quali sono i criteri di selezione adottati, ammesso che vi siano? E sono già state vaccinate in tutta Italia le persone con disabilità nelle residenze, nei centri diurni, nei centri di riabilitazione?
° Altri quesiti: come verranno utilizzate specifiche banche dati parziali su cui selezionare le persone con disabilità da vaccinare? Come si garantisce che siano vaccinate tutte le persone considerate a rischio? Vengono e verranno inoltre utilizzate le banche dati di altri enti (INPS, INAIL, servizi territoriali ecc.)? Purtroppo nemmeno la tessera sanitaria riporta la condizione complessiva di salute, essendo solo un documento di prevalente carattere amministrativo. Certo, è positiva la recente notizia che finalmente il Garante per la Privacy ha autorizzato l’interoperatività delle banche dati relative alle persone con disabilità, ma ci vorrà ancora molto tempo perché il servizio sia attivo, al contrario di quello che avviene in altri Paesi Europei. La stessa attivazione della più volte invocata Disability Card richiederà tempo prima di coprire tutti gli aventi diritto.
° Sempre sui dati: dove sono stati presi quelli relativi al numero di persone con determinate patologie inseriti nel nuovo Piano Antipandemico? Anche questo, infatti, è un elemento per capire come funziona il sistema di raccolta dati in Italia. Il Presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini ha dichiarato che gli ultraottantenni verranno censiti sulla base degli anziani assistiti dai servizi: e quelli non assistiti che fine faranno? Lo stesso varrà per le persone con disabilità?
° Se si pensa di attivare centri di prenotazioni per le vaccinazioni che accolgono persone con disabilità (pochi ne hanno parlato, ma essendo volontaria la scelta di vaccinarsi, questa potrebbe essere una soluzione), quali potrebbero essere le procedure in tal caso? La presentazione di certificati di invalidità e/o medici? (Drammatica ennesima angheria burocratica che scontiamo, perché, nonostante le leggi affermino che se lo Stato ha il documento nei propri archivi, non deve richiederlo alla persona che lo deve esibire per godere di un beneficio, la digitalizzazione dei certificati di invalidità non è mai stata fatta e ci auguriamo venga inclusa nel Piano Nazionale delle Digitalizzazioni). E sarà eventualmente possibile inviare la documentazione per via telematica?
° Altro punto molto importante: si prevedono vaccinazioni a domicilio per chi non può spostarsi da casa? In teoria dovrebbe essere possibile identificare coloro che sopravvivono grazie ad apparecchiature elettromedicali, ma la lista viene utilizzata solo per le elezioni o anche per monitorare la condizione di queste persone? E sarebbe opportuno prevederla per le persone con disabilità intellettiva e relazionale, oltreché per altre condizioni che rendono oneroso lo spostamento da casa al centro di vaccinazione? Inoltre, i centri di vaccinazione sono tutti accessibili secondo la normativa italiana di rimozione delle barriere architettoniche e sensoriali?
° Per quanto concerne poi il vaccino AstraZeneca, esso, come si è potuto apprendere, viene consigliato alle persone sotto i 55 anni, ma sarà usato per le persone con disabilità? Essendo infatti possibile la conservazione di esso in un frigorifero ordinario a temperature di poco sotto lo zero, esso potrebbe essere distribuito anche ai medici di famiglia e alle farmacie, che saranno utilizzate come presidi territoriali vaccinali. Nessuno ne ha parlato: sono stati infatti inseriti tra i benficiari gli insegnanti e gli autotrasportatori, ma non sarebbe giusto e opportuno utilizzare quel vaccino per le fasce più vulnerabili come le persone con disabilità? E vista la limitata efficacia di esso, sarà possibile scegliere il vaccino da utilizzare da parte del beneficiario?
° E da ultimo, ma non ultimo, quando si ipotizza che potrà cominciare la fase di vaccinazione delle persone con disabilità? Si potrà avere un quadro chiaro Regione per Regione, per informare la popolazione interessata? La carenza di un’informazione chiara, infatti, sta pesando come un macigno sulle persone con disabilità e i loro familiari e assistenti, senza contare i parenti e gli amici. Quanto veniva indicato, quindi, nel documento del Comitato Sammarinese di Bioetica suona a questo punto come un monito essenziale: «La comunicazione pubblica sulla pandemia, sui vaccini e sui relativi rischi deve garantire l’accessibilità e la fruibilità dell’informazione all’intera popolazione attraverso appropriati strumenti, prevedendo fra l’altro l’utilizzo della lingua dei segni e della sotto-titolatura per le persone sorde e ipoudenti». Quando dunque saremo informati?