«La pandemia ha creato enormi problemi anche alle famiglie delle persone con Malattie Rare, che non devono essere lasciate sole. I Malati Rari in Italia sono oltre un milione e 200.000 e di questi uno su cinque è un bambino. Servono più risorse per potenziare l’assistenza domiciliare, la ricerca e la prevenzione»: lo dichiarano in una nota diffusa congiuntamente UNIAMO-FIMR (Federazione Italiana Malattie Rare) e la SIN (Società Italiana di Neonatologia), a pochi giorni dalla Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 28 febbraio.
«Per migliorare la qualità di vita di bambini e bambine – sottolinea a tal proposito Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO-FIMR – e di conseguenza delle loro famiglie, con la somministrazione di terapie già approvate, è fondamentale che la diagnosi sia il più possibile precoce. Lo screening neonatale, ad esempio, è un’opportunità preziosa per non sprecare tempo. Siamo pertanto particolarmente felici di lavorare nel Gruppo di Lavoro che ha il compito di aggiornare le patologie oggetto di screening e di avere l’occasione di disegnare il percorso di presa in carico dei diagnosticati, nel quale i neonatologi hanno un ruolo fondamentale. Come dice il messaggio-chiave della Giornata Mondiale delle Malattie Rare di quest’anno, Uniamo le Forze, noi crediamo moltissimo che solo l’unione e la concordanza di intenti possano portare lontano».
«I bisogni dei bambini e delle bambine con Malattie Rare – si legge ancora nella nota di UNIAMO-FIMR e SIN – sono cambiati notevolmente negli anni, in rapporto a nuove e sempre più efficaci opportunità di diagnosi, cura e prevenzione. Test genetici, terapie enzimatiche, screening metabolico esteso sono realtà che vanno consolidandosi in tutto il Paese, anche se persistono ancora profonde differenze in termini di cura e prevenzione tra neonati in rapporto alla Regione di nascita.
«Un’adeguata assistenza domiciliare – dichiara Fabio Mosca, presidente della SIN – e servizi territoriali efficienti sono gli aspetti su cui puntare per migliorare la cura dei pazienti affetti da Malattie Rare, e in particolare dei bambini e delle bambine. La pandemia ha messo a dura prova le famiglie e le strutture socio-sanitarie, ma ha anche evidenziato l’importanza del territorio. Sono necessarie maggiori risorse per potenziare i servizi e sostenere le reti assistenziali, anche delle Associazioni e dei Volontari che hanno un ruolo insostituibile e colmare le diseguaglianze tra le diverse aree geografiche del Paese. Le famiglie devono avere nel territorio il punto di riferimento attraverso le strutture sanitarie locali, i medici e – per quanto concerne i bambini – i pediatri di famiglia».
A questo punto è opportuno ricordare che una malattia si definisce rara quando la prevalenza di essa, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera la soglia dello 0,05%, ossia un caso su 2.000 persone.
Il numero di Malattie Rare oggi conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000 e sono generalmente gravi, spesso croniche, talvolta progressive, non sempre facilmente diagnosticabili. Circa il 30% dei Malati Rari, infatti, non ha una diagnosi e rischia di convivere con una patologia che resterà senza nome.
Nel 1993 le Malattie Rare sono state dichiarate priorità di Sanità Pubblica dalla Commissione Europea e nel 2008 è stata istituita la Giornata delle Malattie Rare. «In tutti questi anni – ricordano UNIAMO-FIMR e SIN – molti risultati sono stati raggiunti. L’innovazione tecnologica da un lato e la ricerca biomedica dall’altro hanno messo a disposizione del mondo sanitario e delle Istituzioni opportunità di intervento in grado di cambiare la storia naturale di molte Malattie Rare. È il caso dei già citati screening neonatali, per i quali il nostro Paese ha una delle legislazioni più avanzate, considerato che dopo la Legge 167/16 [“Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”, N.d.R.] sono oltre quaranta le patologie coinvolte in tale metodica e grazie all’approvazione lo scorso anno del cosiddetto “Emendamento Noja”, ci si augura che la lista possa ampliarsi ulteriormente e che vengano chiaramente definiti i protocolli operativi per la gestione, le modalità di presa in carico e di accesso alle terapie».
«Un caso esemplare – sottolineano ancora UNIAMO-FIMR e SIN – è quello della SMA (atrofia muscolare spinale), malattia neuromuscolare rara (un neonato ogni 6.000), ma così grave da essere la prima causa genetica di mortalità infantile. Per essa, tuttavia, esiste dal 2017 un trattamento efficace, ma il problema è che, al momento, essa non rientra tra le condizioni cliniche soggette a screening neonatale, non consentendo quindi, ai neonati e alle neonate che ne sono affetti/e, una diagnosi e una terapia precoci, ciò che permetterebbe, nella maggior parte dei casi, tappe di sviluppo motorio sovrapponibili a quelle dei bambini e bambine non affetti, fino ad acquisire la deambulazione autonoma, come dimostrano i casi trattati nell’àmbito di un progetto pilota, avviato nel 2019 in Toscana e Lazio [di tale situazione legata alla SMA si legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]».
«Auspichiamo quindi – concludono le due organizzazioni – che la pandemia in corso non freni i progressi raggiunti fino ad oggi e che entro il prossimo mese di maggio, come da previsione, il Gruppo di Lavoro preposto a tale compito possa presentare al Ministro della Salute Speranza la lista delle patologie con la quale ampliare ulteriormente il panel degli screening neonatali». (S.B.)
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