«Con gli occhi di oggi, sembra incredibile e perfino scandaloso che nell’attuale territorio dell’Unione Europea l’ultima limitazione del voto alle donne sia stata revocata addirittura nel 1976, esattamente 70 anni dopo che la Finlandia, prima tra gli attuali Stati membri, aveva aperto i seggi elettorali alle donne. Tuttavia, ben pochi sembrano battere ciglio di fronte al fatto che questo stesso diritto viene oggi negato a milioni di cittadini dell’Unione Europea semplicemente perché hanno una qualche forma di disabilità»: si apre così un intervento pubblicato dalla testata «Linkiesta», a firma di Krzysztof Pater, componente del CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), fondamentale organo consultivo della Commissione Europea.
Quella per il diritto di voto dei cittadini e delle cittadine con disabilità è una battaglia di lunga data, che anche sulle nostre pagine seguiamo da tempo (si vedano nella colonnina a fianco i nostri più recenti contributi). Proprio poco tempo fa, tra l’altro, avevamo riferito della pubblicazione del Parere denominato La necessità di garantire l’effettivo diritto di voto per le persone con disabilità nelle elezioni del Parlamento europeo, adottato proprio dal CESE, il cui relatore, lo stesso Pater, si era rivolto al Parlamento Europeo, al Consiglio dell’Unione e a tutti gli Stati Membri, chiedendo la modifica urgente dell’Atto Elettorale Europeo del 20 settembre 1976, inserendo «una dichiarazione per cui nessun cittadino dell’Unione Europea possa essere privato del diritto di voto alle elezioni del Parlamento Europeo a causa di una disabilità o di uno stato di salute sulla base di norme nazionali».
«Com’è possibile – scrive ora Pater, nel citato articolo pubblicato da «Linkiesta» – che nel XXI secolo così tanti cittadini siano o saranno presto impossibilitati a votare solo perché hanno una disabilità, e che i responsabili politici facciano così poco per cambiare questa situazione? Il CESE giudica questa discriminazione inaccettabile e contraria ai valori fondamentali dell’Unione Europea, al Trattato e ai principali atti giuridici e politici internazionali».
«In quanto organo consultivo dell’Unione Europea – aggiunge -, il CESE può prendere in esame soltanto le elezioni europee, ma le eventuali modifiche introdotte nella legge elettorale europea avrebbero certamente delle ripercussioni nelle norme degli Stati Membri che governano le elezioni locali o nazionali».
E conclude così: «Il diritto di voto è un diritto fondamentale e una pietra angolare della democrazia europea. Ma si tratta anche, e soprattutto, di una questione di dignità umana. Allora perché continuiamo a negarlo a così tanti fra noi?». (S.B.)
Ringraziamo Daniela Marangoni per la collaborazione.