Anche noi siamo donne: un giorno questa affermazione dovrà diventare irrilevante

«Da quando abbiamo iniziato a organizzarci, più di due decenni fa – scrivono le donne con disabilità del Forum Europeo sulla Disabilità – abbiamo dovuto proclamare ripetutamente ogni 8 marzo qualcosa di ovvio, ma sistematicamente trascurato: che anche noi siamo donne! Siamo il 19,2% di tutte le donne e il 60% di tutte le persone con disabilità, ma per decenni siamo state nascoste nel termine generico di “persone con disabilità”. Ci siamo organizzate in una “terra di nessuno”, e l’ultimo desiderio della nostra lotta è che l’affermazione “anche noi siamo donne!” un giorno diventi irrilevante»

Immagine utilizzata dalle Nazioni Unite in occasione di una campagna contro la violenza sulle donne diffusa nel Nord, Centro e Sudamerica

Immagine utilizzata dalle Nazioni Unite in occasione di una campagna contro la violenza sulle donne diffusa nel Nord, Centro e Sudamerica

In questa Giornata Internazionale della Donna dell’8 marzo, proprio come ogni anno, alziamo la voce per condannare le discriminazioni multiple e intersezionali che noi donne con disabilità continuiamo a subire e per chiedere che la società e i poteri pubblici adottino un’agenda inclusiva che abbracci la diversità delle donne senza eccezioni.

Da quando abbiamo iniziato a organizzarci, più di due decenni fa, noi donne con disabilità abbiamo dovuto proclamare ripetutamente ogni 8 marzo qualcosa di ovvio, ma sistematicamente trascurato: che anche noi siamo donne! Siamo il 19,2% di tutte le donne e il 60% di tutte le persone con disabilità, ma, a prescindere, per decenni siamo state nascoste nel termine generico di “persone con  disabilità”, un’espressione che erroneamente sembra coprire e affrontare tutte le questioni, ma che alla fine ha reso invisibile la nostra lotta.
Inoltre, per molto tempo siamo state escluse dall’agenda femminista perché, a quanto pare, le nostre rimostranze non rientravano facilmente in istanze troppo “monolitiche”, che non potevano essere influenzate da altre considerazioni “esterne” allo stesso femminismo.

Ci siamo organizzate in una “terra di nessuno”, occupando spazi su entrambi i lati e sensibilizzandoli sulla realtà di milioni di donne che sono discriminate da una società maschilista, e, non dimentichiamolo, pure abilista. Nessuno sa meglio di noi quanto sia rivoluzionario – ed essenziale – rivendicare il nostro posto di donne in una lotta il cui ultimo desiderio è proprio che questa affermazione un giorno diventi irrilevante. Per questi motivi, negli ultimi anni abbiamo chiesto che tutte le politiche pubbliche che promuovono la parità di genere considerassero altre variabili, come, ad esempio, la disabilità. Allo stesso modo, e secondo un duplice approccio, abbiamo chiesto che tutte le politiche volte a promuovere i diritti delle persone con disabilità integrassero l’approccio di genere anche alle donne con disabilità.

Le pietre angolari su cui poggiano le nostre richieste sono la Dichiarazione e la Piattaforma d’Azione di Pechino del 1995, in cui vengono riconosciute le aspirazioni di tutte le donne in tutto il mondo e si considerano la nostra diversità e le diverse funzioni e circostanze, rispettando e apprezzando la piena diversità dei contesti e delle condizioni in cui ci troviamo, oltreché riconoscendo che alcune di noi si trovano ad affrontare barriere specifiche che impediscono la nostra piena ed equa partecipazione alla società.
Analogamente, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 (e  più specificamente il quinto), che si concentrano sul raggiungimento della parità di genere e sulla responsabilizzazione di tutte le donne e le ragazze in modo specifico e trasversale in altri obiettivi, devono essere interpretati tenendo conto della situazione in cui si trovano i gruppi che sono soggetti a discriminazioni multiple e che finora sono rimasti invisibili, come le donne e le ragazze con disabilità.
E ancora, gli obblighi derivanti dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) devono essere attuati e interpretati alla luce della diversità che ci caratterizza come donne.

Per tutti questi motivi, oggi, 8 marzo 2021, noi donne con disabilità chiediamo:
° Garanzie di pari accesso ai servizi sanitari, compresi i servizi di salute sessuale e riproduttiva , per le donne e le ragazze con disabilità, senza dimenticare coloro che sono state vittime di violenza e il fatto che, in momenti di crisi come quello causato dal Covid-19, i servizi sanitari non devono venir meno nel curare le donne e le ragazze con disabilità, violando così il loro diritto a un’assistenza sanitaria dignitosa.

° Che l’Unione Europea ratifichi la Convenzione di Istanbul e che siano adottate tutte le misure necessarie per l’effettiva attuazione di essa a livello comunitario e nazionale, garantendo al contempo che le misure siano adeguatamente finanziate in tutti gli aspetti connessi alla sensibilizzazione. È necessaria, inoltre, una migliore risposta istituzionale, per integrare e rispettare la progettazione universale e l’accessibilità in tutti i meccanismi di segnalazione, assistenza e sostegno nei confronti di donne e ragazze vittime di violenza; e ancora, il perfezionamento dell’assistenza, del sostegno e della protezione forniti alle donne vittime di violenza di genere e ai loro figli e figlie, nonché una maggiore assistenza e protezione per i minori, programmi di formazione che garantiscano la migliore risposta possibile all’assistenza, migliori conoscenze come complemento indispensabile per contribuire efficacemente alla lotta contro tutti i tipi di violenza contro le donne, anche nell’attuazione della Convenzione di Istanbul, offrendo dati più affidabili, completi e dettagliati su tutte le forme, i casi, le cause e le conseguenze, la visualizzazione e la risposta a tipi di violenza contro le donne al di fuori del contesto del partner o dell’ex partner.

° Progettazione e attuazione di politiche pubbliche per il lavoro, sia a livello comunitario che nazionale, che includano la parità per le donne sulla base del genere e della disabilità, adottando un duplice approccio. In altre parole, tutte le politiche e i programmi volti a promuovere l’occupazione e la formazione professionale su base comunitaria devono considerare la situazione specifica delle donne con disabilità, nonché la discriminazione multipla che devono affrontare a causa di incroci con altri fattori, quali  l’età, l’orientamento sessuale, la vita al di fuori delle città, lo status di immigrate, le minoranze etniche, le vittime della violenza di genere, il rischio di povertà e altro ancora.

° Sforzi volti a rendere visibili e a quantificare tutti i contributi non monetizzabili di noi donne di questo segmento della popolazione, nell’àmbito della riproduzione della vita, che sono essenziali perché il sistema economico, così come è concepito attualmente, continui a funzionare. La ricchezza dell’Unione Europea e degli Stati Membri di essa non si produce solo nel “mercato” e ci sono altri settori in cui si generano servizi tradizionalmente trascurati. La responsabilità di questi ultimi continua a ricadere su noi donne.

° Introdurre politiche volte a promuovere l’autonomia personale e l’assistenza alle persone con elevate esigenze di sostegno. Nel quadro di una politica di assistenza concepita dal punto di vista dei diritti umani, va considerata la realtà delle donne con disabilità non solo come destinatarie dell’assistenza, ma anche come prestatrici di assistenza, un fatto che spesso viene sistematicamente trascurato.

° Che l’Unione Europea si impegni a sradicare la sterilizzazione forzata, incoraggi gli Stati Membri a riconoscere pubblicamente le violazioni dei diritti umani subite in tutta l’Unione da migliaia di ragazze e donne con disabilità che in passato e nel presente sono state sterilizzate senza avere dato il proprio consenso ed esorti ad adottare misure per modificare i danni causati da queste pratiche contrarie ai diritti umani.

° Che si creino partenariati tra donne, che ci permettano di individuare e porre fine a qualsiasi tipo di oppressione che ci colpisce, pur essendo consapevoli che il patriarcato assume diverse forme e che i suoi meccanismi di controllo variano a seconda del gruppo oppresso. Nessuna donna dovrebbe essere lasciata indietro.

Perché anche noi siamo donne!

L’EDF (European Disability Forum) è il Forum Europeo sulla Disabilità.

Per approfondire il tema Donne e disabilità, oltreché fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, suggeriamo anche la consultazione delle Sezioni Donne con disabilità e La violenza nei confronti delle donne con disabilità nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa).

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