Con una nota inviata congiuntamente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e alla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.] l’Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute ha risposto alle diverse richieste di chiarimento avanzate dalle due Federazioni riguardo alle vaccinazioni anti-Covid per le persone con disabilità, la prima delle quali formalizzata con una lettera ad inizio dello scorso dicembre. In essa le Federazioni chiedevano «con urgenza e certezza la garanzia e il pieno accesso alle cure e alla salute in condizione di sicurezza ed agibilità anche rispetto alle differenti disabilità, a partire dai futuri vaccini che dovranno essere garantiti per tutte le persone con disabilità e alle persone con quadri clinici di particolare rischio e non solo per coloro in stato di ricovero, nel rispetto della loro libertà di scelta individuale e delle loro famiglie».
A febbraio, dopo l’approvazione del documento di rimodulazione del Piano Vaccinale Nazionale, elaborato dal Ministero della Salute a margine della Conferenza Stato-Regioni, Vincenzo Falabella, presidente della FISH, aveva espresso una dura critica circa la soluzione individuata dalle Istituzioni «di categorizzare o dividere per patologie la disabilità», e aveva evidenziato che, applicando le disposizioni in questione, «circa il 70% delle Persone con disabilità rischiano di essere tagliate dalla vaccinazione in mancanza di uno specifico riferimento», ovvero «la buona parte di coloro che non sono ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) o nelle residenze sanitarie per disabili (RSD)». «Persone – aveva sottolineato – che a prescindere dalla loro condizione di salute sono tra le più a rischio di essere contagiate e al tempo stesso di contagiarne altre; data l’impossibilità, appunto, di assicurare il distanziamento fisico».
Ora, come detto inizialmente, le richieste hanno trovato una risposta nella nota dell’Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute datata 8 marzo scorso, nella quale è precisato «che, una volta completata la vaccinazione del personale sanitario, del personale operante e degli ospiti nelle strutture residenziali assistite e delle persone con età superiore agli 80 anni, nell’ottica di rispetto di principi di equità e di protezione della fragilità, si procederà a dare priorità ad alcune categorie di cittadini affetti da specifiche patologie valutate come particolarmente critiche. Fra di esse rientrano certamente i soggetti affetti da trisomia 21 costituzionale (Sindrome di Down, in ragione della loro parziale competenza immunologica e della assai frequente presenza di cardiopatie congenite sono da ritenersi fragili) e i soggetti affetti da disabilità fisica, sensoriale, intellettiva, psichica corrispondenti ai portatori di handicap gravi ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104».
La FISH ha salutato con favore i chiarimenti ottenuti, esprimendo tuttavia preoccupazione per l’applicazione disomogenea che le disposizioni sulle vaccinazione stanno trovando nelle diverse Regioni. Infatti, poiché «gli Enti Locali stanno procedendo in ordine sparso senza attenersi strettamente alle indicazioni ministeriali», la FISH questa volta si rivolge alle Regioni, chiedendo loro di «adeguarsi ai dettami ministeriali».
Da parte nostra esprimiamo pure apprezzamento per i chiarimenti ottenuti, e tuttavia continuiamo a notare che nella nota del Dicastero retto dal ministro Speranza, manca un riferimento alla vaccinazione prioritaria dei/delle caregiver, ovvero coloro che assistono le persone con disabilità in modo rilevante, continuativo e gratuito.
La politica riserva sempre grandi elogi ai caregiver e alle caregiver, salvo poi scordarseli più o meno sistematicamente quando si tratta di tutelarli. Si moltiplicano le testimonianze pubbliche nelle quali loro stessi/e denunciano lo stato di abbandono in cui versano abitualmente, stato di abbandono che si è acutizzato con la pandemia.
Una di queste, a firma di Marina Morelli, madre di Chiara ed Arianna, due giovani donne con autismo, si conclude così: «La politica si decida a fare scelte civili, noi caregiver siamo sfiniti e costretti a gridarlo. Un pensiero rivolgo alle madri che vivono sole con i loro figli più fragili: “donne senza colpa” che subiscono quotidiane privazioni dei bisogni fondamentali e immutabili nell’essere umano. Non hanno nessuna libertà e se malate non possono curarsi né riposare, una crudeltà, nonostante contribuiscano da vere servitrici dello stato a mandare avanti il sistema. Invece, trattate come schiave, NOI SIAMO RIDOTTE SENZA DIRITTI» (Marina Morelli, Io, madre di due ragazze disabili nell’era Covid, lasciata sola dallo stato, in «Domani», 25 febbraio 2021).
Sarebbe dunque ora che anche la figura del caregiver uscisse finalmente dall’invisibilità!