È ormai un anno che chiediamo organizzazione e progettazione alle scuole, ma ancora una volta ci siamo trovati di fronte all’impreparazione. Questo è inaccettabile! È assurdo, infatti, che oggi le scuole ci dicano e scrivano che «si devono organizzare». Del rischio lockdown si sapeva dall’inizio dell’anno, ma si è preferito nascondere la testa sotto la sabbia e non prevedere né un “piano B” né un “piano C”.
In altre parole, poche realtà scolastiche hanno lavorato perché si potesse garantire, in caso di una nuova chiusura, quella «reale situazione di inclusione» di cui al Piano Scuola del Decreto Ministeriale n. 39 del 26 giugno 2020. E così, nonostante la Nota Ministeriale n. 343 del 4 marzo scorso, che chiariva l’articolo 43 del Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 2 marzo, e soprattutto nonostante la Nota Ministeriale n. 662 del 12 marzo, che fortunatamente, dietro anche richiesta della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ha ribadito la necessità di riempire di contenuto la parola inclusione, una Nota perfettamente argomentata dall’avvocato Salvatore Nocera in un articolo pubblicato ieri su queste stesse pagine, nonostante, infine, fosse ampiamente prevedibile e preannunciata, la nuova sospensione delle attività didattiche conferma quanto si lavori sempre e solo sull’emergenzialità, trascurando la pianificazione, sprecando tempo e pure risorse.
Dirigenti Scolastici che convocano i Collegi Docenti durante la prima settimana “in rosso”, e non per tempo, negando di fatto alla maggior parte degli alunni e degli studenti con disabilità il diritto allo studio, non garantendo loro la frequenza in presenza sin dal primo giorno di didattica a distanza.
Alcuni Collegi, come a Cerveteri (Roma), si svolgeranno domani, 17 marzo, e ad essi seguiranno i Consigli di Classe, per capire come organizzare il monte ore, quali e quanti docenti saranno disponibili per lavorare sul posto di lavoro. Perché sì, anche a questo si sta assistendo, all’ennesima delega ai sostegni (insegnante di sostegno, OEPA-Operatore Educativo per l’Autonomia e la Comunicazione, educatori e assistenti specialistici). Si parla di quegli stessi docenti che sono stati inclusi come priorità nel piano vaccinale proprio per recarsi a scuola e lavorare con i ragazzi in presenza (che non sono e non devono essere solo quelli con disabilità o Bisogni Educativi Speciali), e non per fare lezione da casa. Certo, se poi l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio in una propria Ordinanza del 12 marzo scrive «ferma restando l’autonomia organizzativa delle istituzioni in indirizzo, si consiglia, per quanto possibile, di svolgere la didattica dal domicilio dei docenti, così da limitare la mobilità sul territorio del personale. Peraltro, ciò consentirebbe anche di ridurre il carico sulla connessione di rete della scuola», ben si capisce come non si faccia altro che incentivare la delega e considerare prioritaria la connessione all’inclusione!
Chi continuerà ad andare a scuola – appena le scuole si organizzeranno, che tristezza! – avrà il diritto di trovare tutti gli insegnanti. Tutti, non solo il sostegno. Basta con la delega! Gli studenti con disabilità sono studenti della classe!
In un altro Comune della Città Metropolitana di Roma, una scuola primaria sin dall’inizio della settimana ha previsto due ore in presenza con l’alunno con disabilità e un piccolo gruppo di compagni, in linea con quanto prevede il citato articolo del DPCM del 2 marzo e la pur citata Nota Ministeriale n. 662 del 12 marzo, anche se con orario rimodulato. Peccato, però, che la classe svolgerà lezione in didattica a distanza il pomeriggio e se gli alunni del gruppo della mattina non saranno presenti verranno considerati assenti…
Siamo all’assistenzialismo, alla discriminazione mascherata (malamente) da inclusione!
Ancora, in alcune scuole di Roma si chiede alle famiglie con figli con disabilità o Bisogni Educativi Speciali di voler rispondere a un questionario per avvalersi o meno della frequenza in presenza, specificando che a scuola «non saranno presenti altri compagni di classe», che l’orario verrà modificato in base alle risorse disponibili (che dovrebbero essere quelle che c’erano fino a venerdì, o no?), e che comunque non si partirà prima che il relativo Municipio autorizzi il servizio OEPA. Ecco. In pratica le settimane di chiusura sono due, e se ancora si deve capire come, chi e cosa, quando potranno andare a scuola gli alunni con disabilità?
Tutto ciò vuol dire che non solo la storia non insegna nulla, ma che la disabilità è ancora un mondo a parte, altro che risorsa. Ma anche che le indicazioni del Ministero sono totalmente disattese nel momento in cui si specifica, per iscritto pure, che «non saranno presenti altri compagni»: altro che «reale situazione di inclusione»!
Poi. Poi ci sono i Dirigenti Scolastici che sanno assumersi le responsabilità connesse al loro ruolo, che si erano organizzati anzitempo e sono riusciti a garantire sin da lunedì la didattica in presenza degli alunni e studenti con disabilità, anche con la costituzione del piccolo gruppo di compagni, avendo, come ogni buon padre di famiglia, predisposto un “piano B” (e anche il “piano C” di riserva), altri che già sabato 13 hanno pubblicato nel web orari rimodulati per tutte le classi con la predisposizione dei laboratori, come previsto dalle indicazioni del DPCM e del Ministero. Così si dovrebbe lavorare. Così si deve lavorare!
Quello che spiace è che chi ne fa le spese sono le persone con disabilità che già hanno pagato un prezzo molto alto in termini di isolamento ed esclusione durante quest’ultimo anno. Non si può chiedere loro ancora di dover modificare le proprie routine, irrinunciabili, ad esempio, nel disturbo dello spettro autistico.
Genitore di due persone nello spettro autistico, presidente dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo).
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