Pedala Mario! Pedala! Quanta libertà in un gesto! Mandate indietro il nastro dei ricordi e ripensate a quando avete inforcato la bicicletta per la prima volta senza quelle rotelle che vi garantivano l’equilibro. Ripensate al timore di rescindere quel cordone ombelicale con le ruotine, di allontanarsi dalle mani di mamma o papà che vi sorreggevano, al brivido di staccare i piedi da terra, le cadute, le lacrime, le croste sulle ginocchia, la voglia di risalire e di lanciarsi nuovamente nella vita e nella libertà. Di essere diventati, un po’ più grandi. Eppure è un piccolo gesto.
Quella tempesta di emozioni la riviviamo da genitori quando quelle mani protettrici sono le nostre e, ad affrontare la sfida della vita, sono i nostri figli. Ora guardate il video a questo link… Impossibile non immedesimarsi in uno dei protagonisti, Mario di 9 anni, o quella dolcissima mamma Viviana [al video “Pedala!” anche il nostro giornale ha già dedicato un’ampia presentazione, N.d.R.].
Guardandolo, chissà per quale strana connessione mentale, mi è tornato alla mente il fraseggio di Francesco De Gregori: «Quando si correva per rabbia o per amore | Ma fra rabbia e amore il distacco già cresce | E chi sarà il campione già si capisce». Sarà quella dicotomia apparente fra rabbia, dettata dalla frustrazione di Mario, e l’amore infinito di Viviana Scannicchio. O per il concetto di campione.
Il piccolo Mario di 9 anni è un campione, perché non sempre l’impresa è quella di scalare una montagna o vincere un Giro d’Italia, spesso la nostra montagna è un gesto semplice per molti, ma non per tutti.
Il filmato, che è un «pezzo della nostra quotidianità – racconta Viviana – da conviventi con una sindrome genetica rara, l’X fragile». Questa patologia, che costituisce la seconda causa di disabilità intellettiva su base genetica dopo la sindrome di Down e che si presenta più nei maschi che nelle femmine, viene trasmessa attraverso il cromosoma X che presenta una rottura, da cui appunto la definizione di X Fragile: il gene FMR1 colpito dalla mutazione non è più in grado di produrre la proteina FMRP e la sua mancanza influenza negativamente il funzionamento di altri geni causando disabilità cognitiva, problemi di apprendimento e relazionali.
«La diagnosi è arrivata quasi per caso – prosegue Viviana – quando ho dovuto portare Matteo, il fratello di Mario, all’ospedale per una febbriciattola che non passava da un mese. Aveva due anni, non parlava ancora e quando dissi al medico che “sembrava che stesse regredendo invece che crescere” questo si insospettì».
Seguirono una serie di esami, ma alcune caratteristiche facciali e fisiche, come le orecchie sporgenti, la mandibola prominente, un’ipotonia muscolare, guidarono i medici verso un’approfondita analisi genetica. «Così scoprimmo che Matteo aveva una broncopolmonite e 5 mesi dopo che entrambi i miei figli avevano la sindrome X fragile».
Entrambi, racconta la madre, presentano seppure in maniera diversa dei tratti autistici: «Mario, a volte sfoga la frustrazione nel non riuscire a fare qualcosa prendendosela con gli oggetti o mordendosi la mano e non è facile convincerlo a rimettersi in gioco; Matteo, invece, che ora ha 8 anni, è iperattivo e non puoi lasciarlo solo un attimo perché sicuramente sta facendo qualche guaio come nascondere gli oggetti e infilarli nei luoghi più impensabili…!».
E in questo contesto si aggiunge una pandemia che li priva di quel minimo di socialità che li aiuterebbe a integrarsi: «Fino allo scorso anno, ho sempre spinto i miei bambini a immergersi in situazioni con altri coetanei, serviva a loro per non sentirsi diversi e agli altri per imparare a conoscere e “scoprire“ la loro condizione». Ora tutto è più complesso. «Anche con la scuola. A marzo dell’anno passato, ho dovuto insistere perché Matteo avesse degli incontri quotidiani con l’insegnante di sostegno. Lotto ogni anno con le istituzioni scolastiche che cambiano il personale di riferimento che segue mio figlio a scuola. E lui poi ha bisogno di qualche mese per riuscire a entrare in sintonia e fidarsi di una nuova figura, ma queste esigenze non vengono comprese e prese in considerazione», confessa sconsolata Viviana.
Sconsolata, forse, ma con una carica di energia positiva che “passa” anche via telefono. È lei una delle anime dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, nata nel 1993 su iniziativa di un gruppo di famiglie X fragili e che oggi rappresenta circa cinquecento nuclei in Italia.
«Forse – conclude la mamma – devo “qualcosa” a questa pandemia, mi ha ridonato del tempo da trascorrere con i miei figli. Forse quel piccolo gesto della bicicletta non sarei riuscita a farlo fare a mio figlio se non fossi stata a casa, o avessi potuto dedicarmi a lui nel weekend come accadeva prima». E forse noi dobbiamo dire grazie a questa mamma che ci ha fatto riscoprire il valore di un gesto semplice che avevamo riposto nel cassetto dei ricordi.