Le misure di contrasto al Covid-19 rientrano in un quadro generale di emergenza, di salute pubblica, di atti normativi ed esecutivi che hanno l’obiettivo di gestire una situazione generale “straordinaria”. Limitazioni alle libertà personali sono state ritenute necessarie per tutelare il “bene comune”. Pressappoco abbiamo tutti obbedito.
Il Piano Vaccinale rientra tra queste misure. Sono stati stilati programmi stabilendo alcune priorità, facendo delle scelte. All’origine di tali scelte, a mio parere, esisteva una ragione di “opportunità” e non una questione “etica” o “morale”. In breve: primi coloro i quali sono incaricati di curarci, secondi coloro che sono incaricati di sorvegliarci, terze le vittime tragicamente preferite dal virus, quarti coloro che insegnano ai giovani e poi gli altri con un criterio generale di priorità per età.
Questo ordine non ha un’esigenza premiale o risarcitoria nei confronti di questo o quello, ma quella di “convenienza” per la salute (fisica ed economica) dell’intero Sistema Paese.
Esempi: i medici non devono ammalarsi perché non è conveniente per nessuno trovarsi in ospedale con la necessità di essere rianimato senza di loro; gli ottuagenari (e oltre), più colpiti e soprattutto più gravemente del resto della popolazione, devono ammalarsi meno, così le corsie e le sale di rianimazione saranno meno affollate e si potranno curare meglio gli altri ammalati, più giovani o con altre patologie altrettanto gravi.
Non riesco a capire perché queste scelte siano ricoperte da uno strato di “moralismo” del tipo «vacciniamo gli eroi delle corsie» oppure «salviamo i vecchietti che sono la nostra memoria» e via dicendo. Siamo un Paese che ha bisogno di sentirselo dire? Sarò sempre grata al mio medico di base (e dopo si capirà meglio perché) e ho sofferto per quelli che sono volati via e che conoscevo nella Lombardia martoriata; sarò sempre riconoscente verso il barista che mi ha portato il gelato a casa nei giorni più bui, senza parlare delle persone che hanno aiutato mio figlio autistico trentenne, “abbandonato” dai suoi genitori (di cui uno “fragile”) ,per evitare assembramenti casalinghi e così via. Ma considero queste mie preferenze “sentimentali” come faccende del tutto personali.
E veniamo a noi, alle persone con disabilità. Purtroppo, per buona parte di esse, ammalarsi per il Covid è più facile, soprattutto per le complicazioni dovute proprio a causa della loro disabilità. Una parte di loro non ha problemi “fisici” ma convive con la cosiddetta “disabilità mentale” e anch’essi richiederebbero interventi ospedalieri complicatissimi.
La disabilità è un mondo molto diversificato. Come “scegliere”? Una domanda che fa tremare le vene ai polsi. Per la parte che conosco, l’autismo, ho sempre pensato fosse più “conveniente” per la collettività vaccinare (salvaguardare) prima le persone con autismo cosiddetto “severo” (e/o i loro cosiddetti “caregiver”). Però ho anche pensato ad adulti del cosiddetto “livello 1” che creerebbero non pochi problemi in ospedale.
La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha preso una decisione che condivido e apprezzo: non categorizzare o dividere per patologie le disabilità, ma fare riferimento alla Legge 104 (articolo 3 comma 3), un criterio generale più “conveniente”. E il Ministero ha recepito.
Dividere per categorie ha provocato grosse storture: medici e farmacisti in pensione da anni, impiegati (pure in smart working) delle forze armate ecc. Le persone con disabilità hanno preferito essere “migliori”, o meglio (perché il moralismo ci ha stufato), hanno preferito non fare distinzioni per codice di esenzione perché ritenuto divisivo e soprattutto poco efficace, poco “conveniente”.
Nel Lazio, con l’autonomia che il nostro ordinamento nazionale si è dato, la Regione ha preferito procedere per codici di esenzione, cominciando da quelli più “gravi” (sarà veramente così?). Questo esclude molte persone del mio “mondo”. Perché? Perché molte persone con autismo, per motivi legati alla scarsa preparazione della classe medico legale, non possono esibire codici “100%, accompagno, 67% ecc.”. Alcuni di loro non li hanno neanche mai chiesti (tanto non glieli avrebbero mai dati), preferendo ricorrere alla Legge 104.
Per scendere nel particolare e nell’intimità della mia famiglia (anche se mi costa molto), mio figlio non ha codici, come molti altri nella sua condizione, ma dopo tre revisioni è un articolo 3 comma 3. Non ha un codice C02 [persone con invalidità civile al 100% e indennità di accompagnamento, N.d.R.], ma è molto “accompagnato”.
Come ho avuto modo di dire con una battuta al presidente della FISH Falabella, «non pensi che mio figlio avrebbe più problemi di te se fosse ricoverato per Covid?». Devo dire che ha convenuto e ci siamo fatti una risata…
Non fa niente, non importa. Sono convinta che comunque ce la farà, in qualsiasi caso. Il mio medico di base somministra vaccini AstraZeneca e i recenti problemi di questi ultimi hanno sfoltito la ressa. L’ordinanza del generale Figliuolo ci farà trovare un “buco” prima o poi. Io vado per età. Mi spiace che i caregiver di mio figlio non riescano a vaccinarsi, e non perché sia una medaglia che devo appuntare sul loro petto, ma perché si muovono per lavoro, vedono altre persone, insomma perché sarebbe “conveniente”… per tutte le persone con disabilità che assistono.
Noi faremo la fila. Neanche se viene l’Assessore in persona a dirmi «dai! vi faccio fare un Pfizer», accetterò la proposta. Lo “sbaglio” è stato fatto e non riesco a capire come si faccia a non capire. AstraZeneca ci piace, lo troviamo cool.
Noi faremo la fila, con il cielo stellato sopra di noi… e la legge morale dentro di noi.