Ad Acquaviva di Nerola, in provincia di Roma, c’è la “terra di Fabio”, Fabioland. È una fattoria sociale nata nel 2009 da un’esigenza familiare. Fabio, il figlio ormai trentenne dei proprietari, ha una disabilità psichica al 100%. Da bambino non socializzava con gli altri, era triste e chiuso. Determinante fu l’incontro con una signora olandese che gestiva la fattoria sperimentale Verde di Pallidoro, impegnata nell’inclusione lavorativa dei ragazzi con disabilità. Qui Fabio fece molti progressi, si aprì al mondo diventando più socievole. Chiacchierava e rideva di più. Purtroppo Verde di Pallidoro dopo qualche tempo venne chiusa, ma i genitori di Fabio non volevano che lui perdesse i benefìci raggiunti. Decisero così di aprire loro stessi una fattoria simile. Ed ecco Fabioland.
Nel corso del tempo il ragazzo è diventato quasi autonomo; in azienda, oltre a lui, prima dell’emergenza Covid lavoravano contemporaneamente altri quattro ragazzi con una disabilità psichica. Presi in carico con una borsa lavoro o con un tirocinio formativo retribuito, venivano costantemente seguiti in un rapporto di uno a uno. Erano impegnati in tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla raccolta all’etichettatura delle bottiglie e, infine, alla distribuzione, commercializzazione e vendita dell’olio e del vino. Inoltre, lavoravano in serra e facevano attività di giardinaggio. In azienda non sono considerati dei pazienti, ma dei veri lavoratori remunerati con la formula più idonea secondo i singoli casi.
Si fatica ad abbinare la disabilità all’agricoltura, pensare a un inserimento lavorativo in un mondo in cui conta ancora l’impegno e la fatica fisici. Ma Fabioland non è l’unica realtà che ha come obiettivo proprio il raggiungimento di questo traguardo. E ciò grazie anche alla ben poco nota Legge 141/15 (Disposizioni in materia di agricoltura sociale), che indica nel lavoro agricolo un progetto concreto di riabilitazione e di sostegno sociale delle persone con disabilità o fragili attraverso l’inserimento lavorativo nel settore agricolo.
«L’agricoltura – sottolinea Marco Berardo Di Stefano, presidente della Rete Fattorie Sociali – permette di dare lavoro a persone che in altri contesti fanno fatica a inserirsi, consentendo così di far germogliare i talenti che ognuno di noi ha. E attribuisce anche un ruolo nella società, giacché non averlo viene vissuto da alcuni un po’ come se non avessero un nome!».
Oltre ad essere presidente delle Fattorie Sociali, Di Stefano presiede anche la Fattoria Solidale del Circeo, Cooperativa Sociale Agricola che fa parte della Tenuta Mazzocchio a Pontinia (Latina). La finalità è quella di offrire un lavoro a persone svantaggiate o con disabilità, favorendo l’autonomia psicologica e di reddito, presupposto per l’inclusione sociale. All’interno della fattoria ci si concentra sui grandi benefìci che le persone con una disabilità psichica e cognitiva possono avere lavorando la terra.
«Assistere a episodi come il rinsecchimento di una pianta o la sofferenza di un animale perché non è stato accudito – aggiunge Di Stefano -, aumenta il senso di responsabilità e la percezione di essere indispensabili per qualcosa. Di conseguenza sviluppa molto l’autostima. Inoltre, i ritmi della natura sono molto lenti e per questo la mancanza di rapidità dei lavoratori con disabilità nel settore agricolo non rappresenta un problema; come, invece, potrebbe essere in altri àmbiti lavorativi».
Le attività all’interno della Fattoria del Circeo sono diversificate. A Pietro, molto forte fisicamente, piace ad esempio costruire le staccionate; Francesco, che è portato per le azioni precise e ripetitive, ama incollare le etichette. I lavoratori con disabilità della Fattoria, supportati da psicologi ed educatori, imparano a trattare la terra, ad allevare il bestiame e a lavorare nella trasformazione dei prodotti.
La Cantina Relais Borgo San Felice è una struttura alberghiera di lusso della Toscana, all’interno della quale è nato L’Orto Solidale, frutto di un progetto promosso dalla Fondazione Umana Mente del Gruppo Allianz, dalla Regione Toscana e dal Comune di Castelnuovo Berardenga (Siena).
Qui si punta alla formazione e all’autonomia delle persone con disabilità o disagio sociale e vi lavorano stabilmente quattro giovani con la sindrome di Down e con disturbi psichici, seguiti da un’assistente sociale, oltreché affiancati, per qualche ora alla settimana, anche da alcuni anziani contadini che danno consigli sul lavoro in campagna. Altri giovani con disabilità sono presi saltuariamente, ad esempio nel periodo della vendemmia. Ospitati nel Relais, vengono coinvolti in tutte le fasi, dal raccolto dei grappoli fino all’imbottigliamento del vino.
Borgo San Felice, inoltre, porta avanti il progetto della Fondazione Allianz Umana Mente, grazie al quale molti giovani con deficit cognitivi vengono inseriti nella parte alberghiera e di ristorazione della struttura.
Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Fabio e gli altri: l’inclusione agricola delle fattorie sociali”). Viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
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