L’articolo 43 del Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 2 marzo, applicabile nelle cosiddette “Zone Rosse”, dopo avere disposto la sospensione dell’attività didattica in presenza, fa salva «la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso dei laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali».
La successiva Nota n. 662 prodotta il 12 marzo dal Ministero dell’Istruzione, nell’interpretare questa disposizione, ha affermato che le istituzioni scolastiche non devono «limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES [Bisogni Educativi Speciali, N.d.R.] possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola».
Se l’affermazione del principio di inclusività non può che essere condivisa, non può invece condividersi il fatto che la realizzazione di detto principio venga demandata a una valutazione di opportunità delle singole istituzioni scolastiche che, peraltro, dovrebbe incontrare il favore delle famiglie degli altri alunni coinvolti.
L’incomprimibilità dei diritti degli alunni e delle alunne con disabilità e con bisogni educativi speciali può essere pienamente garantita, solo se vi è stata, a monte, la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni loro erogabili, così come imposto dalla Costituzione (articolo 117, comma 2, lettera m).
Ma non solo. Tutti gli alunni e le alunne, soprattutto nell’attuale emergenza pandemica che amplifica le fragilità esistenti e ne fa sorgere di nuove, necessitano di mantenere viva una relazione educativa con i loro pari e con i docenti. Anche per loro è necessaria la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni. Solo percorrendo questa strada, si può giungere a garantire l’inclusione degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, su un piano di parità con i loro compagni e compagne, sottraendo la sua realizzazione a valutazioni di opportunità.
Se da un lato non risulta decisamente perseguito il principio di inclusione nell’organizzazione delle attività didattiche in presenza, dall’altro non risultano adeguatamente garantiti neppure quegli alunni e alunne con disabilità che, in forza della loro particolare fragilità, non possono svolgere attività didattiche in presenza. Infatti, nessuna indicazione è stata fornita, a livello nazionale, circa l’impiego degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, a differenza di quanto avvenuto con il Decreto Legge 14/20 del 9 marzo 2020. Infatti, secondo l’articolo 9 di tale Decreto, abrogato dalla Legge 27/20, «durante la sospensione del servizio scolastico e per tutta la sua durata», gli Enti Locali potevano fornire, tenuto conto del personale disponibile, l’assistenza agli alunni con disabilità mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari, finalizzate al sostegno nella fruizione delle attività didattiche a distanza. La risposta degli Enti Locali non è stata uniforme e ha comportato modalità di intervento differenziato tra le Regioni.
Ciò nonostante, durante la sospensione delle attività didattiche in presenza, molti Enti Locali sono riusciti ad organizzare un servizio di assistenza domiciliare per gli alunni e le alunne con disabilità mediante l’impiego degli stessi operatori che svolgevano l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione nelle scuole, in modo da garantire loro il supporto necessario alla fruizione delle attività didattiche a distanza.
Non si può infine trascurare il fatto che, da un lato, il diritto a svolgere attività didattiche in presenza è elemento imprescindibile per il conseguimento del successo formativo degli alunni e delle alunne con disabilità e con bisogni educativi speciali, dall’altro, però, il protrarsi della frequenza nell’attuale situazione pandemica rende ancora più stringente la necessità di vaccinare tutti gli studenti con fragilità e disabilità gravi e i caregiver familiari. Infatti, nonostante la recente inclusione dei familiari conviventi delle persone con disabilità grave tra le categorie prioritarie ad opera del Ministero della Salute, alcune Regioni tardano ad allinearsi a queste indicazioni, mentre in alcuni territori non sono ancora iniziate neppure le vaccinazioni per le persone over 16 con fragilità e disabilità in situazione di gravità.
Le nostre organizzazioni, pertanto [ANP-Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola e CoorDown–Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down, N.d.R.] chiedono la realizzazione delle tre condizioni sopra riportate, quale presupposto imprescindibile per il riconoscimento pieno del diritto all’istruzione degli alunni e delle alunne con disabilità: come è stato detto, infatti, «un diritto non è qualcosa che ti viene dato da qualcuno; è qualcosa che nessuno può toglierti».