Era la Fiera di Sant’ Antonio, la più importante dell’anno. Le strade del paese erano piene di bancarelle multicolori e una massa vociante di valligiani guardava ingorda le novità esposte. Nella piazza grande intitolata al Santo centinaia di capi di bestiame attendevano il nuovo padrone. Da mattina a sera fervevano le trattative con schiamazzi che si concludevano con una stretta di mano a suggello del contratto. Non c’erano scritti e carte bollate, bastava la parola, una stretta di mano e la presenza del mediatore. Questi indossava un lungo grembiule grigio, di cotone, abbottonato sul davanti. Era lui che combinava le compravendite. Esperto di bestiame e conoscitore degli interessi di tutti, era in grado di convincere i due contraenti della bontà dell’affare, riuscendo così a farli rincasare soddisfatti. Il migliore era un omone rosso in viso, con un grumo di biglie carnose al posto del naso. I bambini lo guardavano attoniti dietro le gambe dei loro padri. Lui sapeva sempre trovare gli argomenti e le parole giuste per convincere anche i più riluttanti a concludere la compravendita.
Fuor di metafora, anche la Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) ha bisogno di “buoni mediatori”, operatori esperti di disabilità, di mercato e di mondo del lavoro, in grado di mediare fra i bisogni e gli interessi delle persone con disabilità e quelli delle imprese.
In vent’anni sono stati formati, e non sempre bene, tutor, coach, orientatori, navigator, promotori 68, disability manager ecc., ma nessuna figura di mediazione fra due mondi così diversi da essere, in certi momenti, addirittura antitetici.
Il sistema del Collocamento Disabili ha bisogno di un Disability Job Supporter (Supporter 68) e di un Mediatore 68, due figure professionali con la stessa formazione e le stesse conoscenze, interscambiabili e con competenze comprese nella stessa persona. Il primo opera con le persone con disabilità, conosce le varie forme di disabilità e il loro impatto sul mondo del lavoro, mentre il secondo sa muoversi con destrezza nel mercato del lavoro “debole” e nel mondo delle imprese pubbliche e private, oltreché del privato sociale.
Purtroppo queste figure professionali non sono reperibili sul mercato e non sono presenti nell’attuale sistema di collocamento; quando si è cercato di formare i navigator, i promotori 68, i disability manager, si è fatto spesso ricorso a vecchi maestri, a coloro che erano responsabili di un vero e proprio fallimento del sistema dei Centri per l’Impiego e del Collocamento Disabili.
Sarebbe pertanto utile cambiare strada, smettere di finanziare quello che è già stato ampiamente finanziato e quello che le agenzie formative propongono, ma pretendere ciò di cui la società e il mondo del lavoro hanno bisogno.
Non servono attestati professionali e programmi formativi obsoleti e docenti inesperti. Il mercato del lavoro “debole” ha bisogno di formatori esperti e di operatori preparati. Mancano i passeur che conoscono la disabilità al pari del tragitto che devono fare per portare le persone con disabilità oltre la frontiera della disoccupazione. Non abbiamo infatti chi li supporta adeguatamente nel percorso di avvicinamento e inserimento al lavoro e nessuno che li attenda in azienda e li aiuti. Dei Supporter in grado di sostenere il disoccupato nel percorso di accompagnamento al lavoro e l’azienda nell’ inserimento.
Per i lavoratori con disabilità inoccupati o disoccupati servono operatori in grado di fare una valutazione funzionale attraverso il bilancio di competenze, la valutazione del potenziale lavorativo, il calcolo della distanza dal mondo del lavoro e la conseguente quantificazione d’aiuto, e che inoltre conoscano il mondo del lavoro per poterli orientare. Così come servono operatori in grado di elaborare con l’azienda un progetto personalizzato per l’assolvimento degli obblighi e che siano in grado di gestire i vari istituti previsti dalle norme in materia di collocamento delle persone con disabilità, il rapporto con i servizi territoriali interessati e l’inclusione del lavoratore con disabilità in azienda. Due passeur, dunque, che si passino il testimone e che partendo dal mondo del lavoro offrano opportunità a tutte le persone con disabilità con un potenziale lavorativo.
L’esperienza mi ha insegnato che la mancanza di queste figure professionali è la causa principale degli insuccessi dei servizi che si occupano di inserimento lavorativo e di centinaia e centinaia di progetti che prevedevano l’inclusione socio-lavorativa.