Il diritto all’inclusione scolastica non cade con la pandemia

«Nel corso dei decenni – scrive Salvatore Nocera, mettendo in discussione i contenuti di un contributo apparso nei giorni scorsi su queste stesse pagine, a firma delle organizzazioni ANP e CoorDown – numerose Sentenze della Corte Costituzionale e delle Magistrature di legittimità e di merito hanno sancito l’esistenza al diritto incondizionato costituzionalmente garantito degli alunni e delle alunne con disabilità all’inclusione. E tale normativa e tali consolidati orientamenti giurisprudenziali durano ancor oggi in tempo di pandemia»

Leggo in «Superando.it» il contributo intitolato Alunni e alunne con disabilità in “Zona Rossa”: tre condizioni imprecindibili, firmato da ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola) e CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), secondo i quali «l’incomprimibilità dei diritti degli alunni e delle alunne con disabilità e con bisogni educativi speciali può essere pienamente garantita», solo se si realizzano a monte «tre condizioni: l’emanazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche di cui all’articolo 117 della Costituzione,  quelli relativi alle prestazioni socioeducative svolte dagli assistenti all’autonomia e alla comunicazione e la totale vaccinazione di tutti gli alunni e le alunne con disabilità».
Il testo si conclude così: «Le nostre organizzazioni, pertanto, chiedono la realizzazione delle tre condizioni sopra riportate, quale presupposto imprescindibile per il riconoscimento pieno del diritto all’istruzione degli alunni e delle alunne con disabilità: come è stato detto, infatti, “un diritto non è qualcosa che ti viene dato da qualcuno; è qualcosa che nessuno può toglierti”».

Con queste premesse, dunque, le due importanti organizzazioni negano validità giuridica alla Nota Ministeriale n. 662 del 12 marzo la quale aveva invece stabilito che le scuole non dovevano limitarsi a far partecipare gli alunni e le alunne con disabilità e con bisogni educativi speciali alla didattica in presenza, ma dovevano valutare di far partecipare insieme a loro alcuni gruppetti di compagni senza disabilità a rotazione.
Ora, a parte il fatto che «i livelli essenziali delle prestazioni scolastiche per le scuole secondarie» sono già stati approvati con il Decreto Legislativo 226/05 e che le «Linee Guida per le scuole dell’infanzia e primarie» sono state approvate secondo le indicazioni del DPR 89/09, seguite dal Decreto Ministeriale 254/12 – norme, queste, apparentemente trascurate dai due importanti organismi che, data la loro notorietà, non possono ignorarle – c’è però assai di più in quel testo di ANP e CoorDown.
Infatti, dal momento che per le due organizzazioni quelle tre condizioni sono irrinunciabili ai fini dell’inclusione, poiché esse ritengono che non siano ancora state attuate, oggi, in situazione di pandemia, gli alunni con disabilità non avrebbero diritto di frequentare le scuole comuni. Ciò significherebbe che tutte le norme che in questi decenni hanno introdotto e ribadito il diritto all’integrazione e all’inclusione scolastica non sarebbero sufficienti a far nascere in questi alunni il diritto alla scolarizzazione nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado.
Vien da chiedersi, pertanto, cosa ci stiano a fare le numerose Sentenze della Corte Costituzionale e delle Magistrature di legittimità e di merito, circa l’esistenza al diritto incondizionato costituzionalmente garantito degli alunni e delle alunne con disabilità all’inclusione. Tale normativa e tali consolidati orientamenti giurisprudenziali durano ancor oggi in tempo di pandemia. Infatti, tutte le norme fissate dai DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio), a partire dal mese di marzo dello scorso anno, passando per la Legge 41/20 e per la Nota Ministeriale n. 1990 del 5 novembre 2020, sino a pervenire alla già citata Nota Ministeriale n. 662 del 12 marzo scorso, garantiscono il diritto degli alunni con disabilità a frequentare la didattica in presenza in situazione di «effettiva inclusione con un gruppetto di compagni», senza la necessità che sia provata la terza condizione fissata dalle due importanti organizzazioni, sulla preventiva vaccinazione di tutti gli alunni e le alunne con disabilità, né la necessità che vi siano sempre ed ovunque gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione.

Al contrario della posizione espressa dalle due organizzazioni, alcune scuole, guidate dai rispettivi Dirigenti Scolastici e grazie all’impegno dei propri docenti, hanno dato piena attuazione alla Nota Ministeriale n. 662/20, come ad esempio, per citarne uno, l’Istituto Comprensivo Guicciardini di Roma, di cui ha dato notizia il 24 marzo l’Agenzia «Redattore Sociale», oltre ad un’altra scuola della Capitale, la cui Dirigente Scolastica è intervenuta nella mattinata di ieri, 25 marzo, alla nota trasmissione Prima Pagina di Radio RAI 3, ove ha espresso pieno apprezzamento per quella Nota Ministeriale, e anche un Istituto Comprensivo di Prato, il cui Dirigente ha dichiarato di averla applicata nei giorni scorsi, durante un webinar cui ho personalmente partecipato.

Pertanto le due importanti organizzazioni ANP e CoorDown, anziché concludere il proprio contributo ribandendo che quelle tre condizioni siano «presupposto imprescindibile» per l’affermazione del diritto all’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità insieme ai compagni, dovrebbero prendere atto che tale diritto esiste già da tantissimi anni sino ad oggi.
E stupisce che la Presidenza dell’ANP, prima di produrre affermazioni tanto nette e irrinunciabili, non abbia consultato i propri associati, molti dei quali certamente la pensano in modo diverso, perché ne conosco molti, oltre a quelli già citati, che sono per l’inclusione scolastica “senza se e senza ma”.
Stupisce poi altrettanto che il CoorDown, il quale sino a pochi giorni fa ha gridato allo scandalo, perché nella normativa dei nuovi modelli di PEI (Piano Educativo Individualizzato) il Ministero ha previsto nei “PEI differenziati” riguardanti gli alunni con disabilità assai complesse delle scuole superiori, la possibilità di “esonero” da talune discipline con la sostituzione di altre attività, ora addirittura concordi sul «presupposto irrinunciabile» che senza il verificarsi di quelle «tre condizioni imprescindibili», non esista un diritto all’inclusione nelle classi comuni, anzi che neppure di fatto tali alunni debbano andare a scuola in ispecie in periodo di pandemia.
Pertanto credo che con le loro affermazioni le due importanti organizzazioni contraddicano la stessa chiusa del loro testo, ovvero che «un diritto non è qualcosa che ti viene dato da qualcuno; è qualcosa che nessuno può toglierti»: infatti, stante il «presupposto imprescindibile» da esse fissato, agli alunni e alunne con disabilità viene tolto il diritto all’inclusione in periodo di pandemia.

FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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