L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump raccomandava, come efficace profilassi anti-Covid, l’uso di congrue dosi di idrossiclorochina e il fatto che oggi non abiti più alla Casa Bianca a causa non dell’idrossiclorochina (un antimalarico), ma della pessima gestione della pandemia è un fatto negato da pochi.
Venendo a casa nostra, leggo con stupore, su queste stesse pagine, che secondo le organizzazioni ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola) e CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), durante la didattica a distanza, la scuola in presenza per gli alunni e le alunne con disabilità dovrebbe essere garantita solo se essi siano stati vaccinati contro il Covid.
Sempre su queste pagine, Salvatore Nocera ha replicato con la consueta professionalità e precisione ed io, per il nulla che valgo, sono d’accordo con lui, ritenendo che il diritto all’inclusione scolastica in presenza e con alcuni compagni di classe sia eludibile solo in caso di contagio in classe o positività dell’alunno o alunna con disabilità.
La cosa che non comprendo è come sia o sarà possibile nel giro di pochi mesi vaccinare dei minorenni, ricordando che tale prassi è oggi di fatto vietata.
Al momento esistono diversi seri studi in materia, ma gli unici dati sicuri sono quelli sulle difficoltà di condurre, almeno in Europa, tali indagini, per le problematiche legali che insorgono, marcatamente nei soggetti non in grado di autorappresentarsi.
Spero davvero, dunque, che gli istituti di ricerca – e non solo quelli finanziati dall’industria farmaceutica – riescano nel minor tempo possibile ad individuare e a produrre vaccini utilizzabili fin dalla prima infanzia o comunque dall’età scolare, e che siano efficaci contro le varianti del coronavirus, specialmente verso quella inglese, particolarmente insidiosa per l’alta contagiosità.