Nel 2015, anno dell’Expo, Milano vinse l’Access City Award, riconoscimento assegnato dall’Unione Europea alle città che più si distinguono per l’impegno nel migliorare la propria accessibilità [se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Ebbene, sono passati un po’ di anni, ma, purtroppo, sembra proprio che la strada verso una piena accessibilità sia ancora lunga.
Nei giorni scorsi, infatti, è stato presentato il logo delle Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali di MilanoCortina2026. Si chiama Futura e la forma di esso è stata ispirata alla possibilità di tracciare con un unico gesto del dito il numero “26”. Certamente una bella scelta dal punto di vista estetico e del design, ma c’è un grosso ma… La scelta di realizzare un’immagine e una scritta (“Milano Cortina 2026”) color grigio chiaro su sfondo bianco, a richiamare l’idea di un disegno tracciato sulla neve, rende purtroppo il logo inaccessibile alle persone ipovedenti le quali, a causa dello scarso contrasto tra testo e sfondo, non riescono a percepire i contorni del “26” e nemmeno la scritta “Milano Cortina 2026”, bensì solo l’iconica immagine con i cinque cerchi olimpici, simbolo dei Giochi (nell’immagine a corredo del presente testo, vi è una simulazione di come il logo possa essere percepito da molte persone ipovedenti).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo ci sono circa 217 milioni di persone ipovedenti, che non riusciranno dunque a percepire correttamente l’immagine del logo scelto per questa edizione delle Olimpiadi Invernali.
Diversa è la questione per il logo delle Paralimpiadi, dove il “26” si trasforma e il grigio lascia spazio ai colori dell’aurora boreale.
Come riportato dal «Corriere della Sera», la gestazione del logo paralimpico «non è stata semplice», perché «le “sfumature” [sic] di bianco del logo “Futura” non erano percettibili alle persone ipovedenti». Purtroppo, la stessa attenzione non è stata posta alla scritta “Milano Cortina 2026”: di nuovo, infatti, la scelta di usare un testo grigio su fondo bianco la rende illeggibile alle persone ipovedenti.
Per l’ennesima volta, siamo di fronte ad un esempio di cattiva progettazione non rispettosa dei principi dell’Universal Design (“progettazione universale”), princìpi affermati dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e che prevedono la «progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate».
Ma c’è un’ulteriore domanda cui non riusciamo a darci una risposta: perché rendere accessibile solo il logo delle Paralimpiadi e non quello delle Olimpiadi? Che dietro a questa scelta ci sia un “pre-giudizio”, ovvero considerare l’accessibilità un tema che riguarda solo le persone con disabilità? E di conseguenza anche le Paralimpiadi un evento sportivo “di disabili” e “per i disabili”?
L’accessibilità, invece, è un tema che riguarda tutta la società nel suo complesso, perché una società che abbatte le barriere (fisiche e non solo) è migliore e più accogliente per tutti i suoi cittadini: quelli più fragili, quelli “temporaneamente fragili” e quelli che diventeranno fragili con il passare del tempo.