Monica Petecchia è la responsabile locale della Regione Puglia per il progetto A scuola di inclusione: giocando si impara, iniziativa promossa dalla nostra Associazione [UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, N.d.R.], con l’obiettivo di installare giostrine e giochi accessibili che permettano ai bambini e alle bambine con disabilità di divertirsi come tutti e insieme a tutti. Tale progetto, cui tutti possono contribuire, già da tempo si articola su varie azioni di sensibilizzazione nelle scuole e di riqualificazione in ottica inclusiva di parchi e aree verdi, in ben sedici Regioni italiane e nella Provincia Autonoma di Bolzano, in collaborazione con le Amministrazioni Locali [se ne legga già anche in «Superando.it», N.d.R.].
Monica, 36 anni, è psicologa-psicoterapeuta e mamma di un bimbo, Matteo di 4 anni. «Era la fine del 2019 – racconta – quando incontrai la UILDM per caso. Accompagnavo un’amica in un centro di riabilitazione e mi dissero che l’Associazione UILDM cercava una psicologa per un progetto con le scuole. Da lì è nata la collaborazione. La mia esperienza professionale di psicologa ed educatrice mi aveva già messo in contatto con il mondo della disabilità, quindi lavorare con la UILDM è stato come ritornare a casa».
Quali scuole sono state coinvolte in Puglia?
«Otto istituti comprensivi (cinque di Martina Franca e tre di Massafra in provincia di Taranto), per un totale di diciotto sezioni della scuola primaria e secondaria di primo grado. Nel mese di marzo dello scorso anno, prima del lockdown, sono entrata nelle scuole, ora invece gli incontri si svolgono online: la speranza è di fare qualche incontro in presenza, se la situazione migliorerà».
Qual è il suo compito?
«Far conoscere ai ragazzi il mondo della disabilità, parlando di temi come la diversità e l’inclusione. Questo percorso pensato per incontri in presenza è stato rimodulato per via del Covid, attraverso video, immagini e attività che gli studenti possono fare per conto proprio».
Che cosa l’ha colpita in particolare?
«I bambini hanno partecipato tantissimo. In una classe c’era una bambina con disabilità che grazie alle attività proposte si è sentita libera di raccontare la sua esperienza: aveva paura di essere giudicata per il suo camminare claudicante. È stato molto commovente. I bambini hanno tanto da dire sempre, ancora di più a causa del momento storico. Sulla diversità e l’esclusione hanno spesso esperienze dirette, sulla disabilità invece c’è tanto da conoscere. Circola ancora l’idea che la persona con disabilità sia quella che “non sa fare una cosa”. La disabilità è ancora concepita come un problema, mentre è l’ambiente che la crea».
Come l’hanno accolta gli insegnanti?
«In generale sono stati molto collaborativi, hanno lavorato molto per portare avanti il progetto, nonostante le difficoltà dell’anno scolastico. È un’esperienza importante anche per l’adulto, perché c’è la possibilità di imparare cose nuove».
Da un anno viviamo in emergenza a causa del Covid. Quale pensa sia la cosa più urgente da fare per i bambini e le bambine?
«C’è un rischio di ripiegarsi dentro casa, dovuto alla pandemia. È importante metterli in relazione, creare delle opportunità in cui possano dialogare tra loro su ciò che li turba di più, i loro punti interrogativi e le domande che si pongono. È essenziale stare insieme nella libertà del gioco. Attraverso il gioco i bambini imparano a vivere in una dimensione paritaria. È la prima modalità con cui possiamo recuperare uno scambio di relazioni e di emozioni. Lo dico sia da madre che da professionista».
Ad alcuni incontri online ha partecipato anche Antonia Solito che ha raccontato la propria esperienza di persona con la tetraparesi spastica. «Soffro di tetraparesi spastica dall’età di 10 anni circa – dice – e durante il periodo scolastico i miei compagni tendevano ad isolarmi a causa della mia malattia. Ho difficoltà a muovermi e sono molto lenta nei movimenti, in casa lo faccio con l’aiuto di un deambulatore, mentre all’esterno uso la sedia a rotelle. Fino ai 40 anni uscivo poco di casa perché mi vergognavo della mia malattia. Poi qualcosa è cambiato, adesso mi piace molto stare fuori casa. Ho le mie abitudini e i miei hobby».
«Penso ci sia molto da fare per l’inclusione – aggiunge – e per l’abbattimento delle barriere architettoniche e mentali. Per me è stato importante “entrare” nelle classi a portare la mia testimonianza perché i bambini sono più aperti e non giudicano. Si è trattato di un’esperienza che mi ha fatto rivalutare completamente il mondo della scuola».
La UILDM è l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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