La riabilitazione dopo il Covid: quei pazienti provati, fragili, disorientati

Da alcuni mesi l’Istituto Riabilitativo Montecatone di Imola (Bologna), la nota struttura di riferimento per la riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita, accoglie anche pazienti “non tipici” ai quali il Covid, nei casi più gravi, ha provocato una malattia infiammatoria che simula una tetraplegia e che necessita dello stesso livello di intensità e specializzazione, necessario per condurre in porto un complesso percorso riabilitativo
Reparto di Terapia Intensiva dell'Ospedale Montecatone di Imola (Bologna)
Il reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale Montecatone di Imola (Bologna)

Se le immagini delle terapie intensive diffuse nella primavera del 2020 hanno impressionato l’opinione pubblica sull’effettiva gravità di forme critiche o severe di Covid-19, non meno impattante risulta essere il resoconto che si può stilare al termine di un percorso post-virale, soprattutto se la degenza si è protratta nel tempo. Molte delle persone guarite da Covid, infatti, manifestano esiti e difficoltà a riprendere la vita quotidiana, a causa della stanchezza muscolare conseguente all’allettamento prolungato e, quale esito della polmonite interstiziale, alla difficoltà respiratoria, che persiste anche una volta superata la fase acuta. Tuttavia, questa situazione può essere recuperata efficacemente con una riabilitazione ospedaliera o domiciliare. In alcuni casi, invece, la degenza prolungata in terapia intensiva può indurre la cosiddetta PICS (Post Intensive Care Syndrome, ovvero, letteralmente, “sindrome post-terapia intensiva”), caratterizzata da una situazione molto grave di compromissione delle cellule muscolari e nervose del sistema periferico.
Il quadro clinico della PICS – assai frequente quale esito del Covid – è quello di una polineuropatia, malattia infiammatoria di tipo sensitivo-motorio, che simula una tetraplegia e che necessita dello stesso livello di intensità e specializzazione.

I pazienti con PICS – e si parla di quelli “non tipici” – trovano nell’Ospedale di Montecatone, presso Imola (Bologna), la nota struttura di riferimento per la riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita, un Centro in prima linea anche nel recupero di chi è passato o stia passando attraverso quest’esperienza drammatica. Ad esso, infatti, sia dall’Emilia-Romagna che da altre località italiane, giungono pazienti post Covid, che necessitano di terapie mirate secondo un programma multidisciplinare personalizzato. In alcune situazioni, poi, a causa di un quadro clinico particolarmente instabile, si impone il ricovero nell’Area Critica.
«Sono situazioni – spiega Monika Zackova, che dirige l’Area Critica di Montecatone – in cui la possibilità di uno svezzamento dal ventilatore risulta scarsa, perché i polmoni non garantiscono scambi gassosi sufficienti. Trattandosi di pazienti estremamente fragili, qualunque ulteriore complicanza, soprattutto di tipo infettivo, può essere fatale».
«Colpisce il sistema nervoso periferico – aggiunge Pamela Salucci, che a Montecatone dirige l’Unità Operativa Gravi Cerebrolesioni Acquisite –, complicando l’insufficienza respiratoria del paziente già compromessa dal Covid. Tutto ciò può comportare danni anossici o ischemici a livello cerebrale con alterazione della coscienza».

Quando invece siano autonome dal punto di vista respiratorio, le persone accedono direttamente alle Unità Spinale o Gravi Cerebrolesioni e il tempo medio di degenza non è mai inferiore ai tre, quattro mesi. «Il quadro generale – osserva Carlotte Kiekens, che dirige l’Unità Spinale – è, nel caso del Covid-19, appesantito da un indebolimento generale molto importante e che spesso condiziona il percorso riabilitativo: la tolleranza allo sforzo, ad esempio, è molto bassa, così come lo è quella di sopportazione al dolore. Anche il quadro psicologico, in taluni casi, può rallentare le attività riabilitative. Al ricovero vengono eseguite due valutazioni la prima delle quali, complessiva, include esami clinici e tecnici rilevanti, fase indispensabile per completare la diagnosi di eventuali complicazioni; la seconda valutazione, invece, riguarda il self-care [“cura di sé”, N.d.R.] e la mobilità del paziente. Nella batteria dei test, considerato che un terzo dei pazienti può accusare disturbi cognitivi, di ansia o di depressione, viene inserita infine la valutazione neuropsicologica cui si associa quella del logopedista per la deglutizione».

«Il programma riabilitativo – spiega il fisioterapista Simone Rodio – viene preceduto da una valutazione multidisciplinare tra fisioterapista, logopedista e terapista occupazionale, cui sono demandati compiti di ricondizionamento del respiro e di tolleranza allo sforzo, per ottenere un disallettamento quanto più precoce possibile. Questo impone però che sia stata raggiunta la stabilità clinica. Il supporto fisioterapico è orientato alla rieducazione respiratoria, alla deglutizione, alla riattivazione muscolare globale e alla ripresa del cammino. Il fisioterapista si occupa di accompagnare per tempi crescenti la ripresa della seduta, la riduzione della faticabilità muscolare e l’ortostatismo. Il recupero motorio, quindi, accompagna la ripresa dell’autonomia della vita quotidiana e, quando possibile, l’obiettivo del cammino». (V.C. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: vito.colamarino@montecatone.com (Vito Colamarino).

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