«L’investimento ha l’obiettivo di accelerare il processo di deistituzionalizzazione, fornendo servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari al fine di migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. Il progetto sarà realizzato dai Comuni, singoli o in associazione (Ambiti sociali territoriali), coordinati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e in collaborazione con le Regioni, al fine di migliorare la capacità e l’efficacia dei servizi di assistenza sociale personalizzati, focalizzati sui bisogni specifici delle persone disabili e vulnerabili e delle loro famiglie [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]»: questo si legge a pagina 214 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – #NextGenerationItalia (il testo ufficiale è disponibile a questo link), presentato alla Camera ieri, 26 aprile, dal presidente del Consiglio Draghi, il cosiddetto “Recovery Plan”, ovvero il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione Europea nell’àmbito del Next Generation EU, lo strumento voluto per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid.
Si tratta certamente di un passaggio significativo, all’interno del Piano presentato dal Presidente del Consiglio, ma non certo il solo. Vale ad esempio la pena ricordare quanto si scrive a pagina 199, in apertura del capitolo Focus sulle dimensioni trasversali del Piano: «Il lavoro di cura dei bambini, degli anziani e dei disabili deve essere una questione di rilevanza pubblica mentre oggi nel nostro Paese è lasciato sulle spalle delle famiglie e distribuito in modo diseguale fra i generi. Da questo presupposto parte una delle più rilevanti azioni a sostegno della parità di genere contenuta in questa missione».
E poco oltre, a pagina 202, si parla della «scelta nel Piano di destinare importanti risorse alle infrastrutture sociali funzionali alla realizzazione di politiche a sostegno delle famiglie, dei minori, delle persone con gravi disabilità e degli anziani non autosufficienti. Si tratta di interventi pensati per favorire la socializzazione, sostenere percorsi di vita indipendente, anche con la ristrutturazione di alloggi che sfruttino le tecnologie innovative per superare le barriere fisiche, sensoriali e cognitive che sono di impedimento allo svolgimento autonomo degli atti della vita quotidiana. Attraverso il riconoscimento del valore sociale dell’attività di cura, si può raggiungere il duplice obiettivo di alleggerire i carichi di cura tradizionalmente gestiti nella sfera familiare dalle donne e di stimolare una loro maggiore partecipazione al mercato del lavoro. Incrementare i servizi alla persona, vuol dire anche rafforzare un settore in cui è più alta la presenza d’impiego femminile».
Quindi, altro punto importante, a pagina 212, si scrive che «è prevista una riforma costituita dalla realizzazione di una “Legge quadro sulla disabilità”, che si propone di realizzare pienamente i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (ratificata dall’Italia fin dal 2009 [Legge 18/09, N.d.R.]), secondo un approccio del tutto coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con la recente “Strategia dei diritti delle persone con disabilità 2021-2030” presentata a marzo dalla Commissione Europea. La riforma semplificherà l’accesso ai servizi, i meccanismi di accertamento della disabilità e potenzierà gli strumenti finalizzati alla definizione del progetto di intervento individualizzato».
Vi sono passaggi già sostenuti per anni da molti Governi, ma quasi mai attuati – si pensi alla riforma dei meccanismi di accertamento della disabilità – che però, uniti a quelli specificamente dedicati ai temi della scuola e del lavoro, costituiscono un tutt’uno organico decisamente nuovo. E “a caldo” colpisce anche – finalmente – l’uso appropriato della terminologia riguardante la disabilità, nonché la sistemazione, nelle “giuste” caselle”, di punti di riferimento fondamentali quali la Convenzione ONU e la recente Strategia Europea 2021-2030.
«Come FISH – commenta Vincenzo Falabella, che ne è il Presidente – riteniamo che nel testo presentato alla Camera dal Presidente del Consiglio ci siano molti buoni “punti di partenza”, in àmbito di sostegno alle famiglie con disabilità, di scuola, di lavoro, di progettazione della vita indipendente e altro ancora. Tutto naturalmente dovrà essere sostanziato nella concretezza dei fatti e degli investimenti reali. Per il momento, però, possiamo senz’altro ritenerci soddisfatti che il nostro grande lavoro di interlocuzione con le Istituzioni abbia finalmente contribuito a porre sotto la luce dei riflettori, in un documento ufficiale di tale importanza, riferimenti quali la Convenzione ONU e anche la recente Strategia Europea 2020-2030, oltre a farci guardare con favore al linguaggio usato nel trattare i temi della disabilità». (S.B.)