«Attivarsi nei confronti dei soggetti gestori, pubblici e privati, affinché rispettino l’Ordinanza del Ministero della Salute dell’8 maggio scorso che disciplina le modalità di ingresso dei parenti/visitatori nelle residenze insieme a quelle di uscita degli ospiti/ricoverati. Le disposizioni del Ministero, infatti, non sono discrezionali e valgono per tutte le tipologie di strutture residenziali»: a scriverlo in una comunicazione formale inviata al Presidente e all’Assessore alla Sanità e ai Servizi Sociali della Regione Marche sono state l’ANGSA Marche (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo), l’ACLI Marche (Associazione Cristiana Lavoratori Italiani), la Fondazione Paladini di Ancona, la Cooperativa Papa Giovanni XXIII di Ancona, il Gruppo Solidarietà di Moie di Maiolati Spontini (Ancona) e la UILDM Ancona (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), constatando che «a distanza di dieci giorni dall’emanazione di quell’Ordinanza Ministeriale, pochissime strutture (per oltre 15.000 posti) ne hanno dato applicazione, nonostante la stessa Regione Marche, nell’inviare il 10 maggio la norma agli enti gestori, abbia ricordato l’immediata applicazione della stessa».
«Tranne eccezioni e per brevi periodi nell’estate dello scorso anno – ricordano le sei organizzazioni marchigiane – le visite alle strutture residenziali e le uscite da esse sono sostanzialmente bloccate da circa 15 mesi. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità, nello scorso mese di marzo, ha richiamato l’attenzione sugli effetti di una prolungata interruzione delle relazioni affettive, scrivendo che «il distanziamento fisico e sociale in diverse tipologie di disabilità riguardanti anche gli anziani, amplificando la condizione di separazione tra il dentro e il fuori della struttura, espone la persona a un rischio maggiore di percezione di tale isolamento come un abbandono da parte di familiari, conoscenti o amici. È noto come tale situazione possa condizionare anche l’effetto delle cure mediche, rendendole meno efficaci o portare al loro rifiuto, fino a determinare, in alcuni casi, una prognosi infausta repentina. Così come è da tenere in considerazione la presenza, in alcune tipologie di struttura, di persone con specifiche forme di disabilità per le quali il contatto con il familiare ha non solo un valore terapeutico, ma anche motivazionale per il proprio percorso riabilitativo”».
Per l’occasione le Associazioni hanno anche chiesto ai responsabili della propria Regione che venga affrontato il problema dei tamponi (con costi di circa 15-18 euro) cui devono essere sottoposti i parenti non vaccinati e il fatto che molti parenti non hanno ancora completato il ciclo vaccinale a causa dei tempi previsti per la seconda dose (ad esempio tre mesi per il vaccino AstraZeneca). (S.B.)
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