Come ha scritto recentemente Simona Lancioni su queste stesse pagine, il cosiddetto “Disegno di Legge Zan” (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità), di cui tanto si parla in queste settimane e che è in fase di discussione presso la Commissione Giustizia del Senato, prevede che al divieto di discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi, già disciplinati dalla cosiddetta “Legge Mancino” (Legge 205/93), di cui costituirebbe un rafforzamento, si aggiungano quelli «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».
«Anche se mediaticamente – ha scritto Lancioni – l’enfasi maggiore viene data alle tutele introdotte a contrasto dell’omofobia e dell’omotransfobia, va certamente sottolineato che il testo in questione punisce anche il sessismo, la misoginia e l’abilismo, una sottolineatura necessaria, questa, perché le donne sono tra i soggetti più colpiti da violenza, emarginazione e discriminazione sul lavoro, e le persone con disabilità sono spesso anch’esse vittime di discriminazioni e violenze che possono assumere anche forme peculiari».
Di tutto ciò ha preso atto nei giorni scorsi il Consiglio Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che in tal senso ha deliberato la propria posizione di sostegno a quel Disegno di Legge. «Le persone con disabilità – si legge in una nota diffusa dalla Federazione – sono anch’esse esposte a insulti e disprezzo che si traducono spesso in comportamenti discriminatori originati da pregiudizi e stereotipi; gli episodi vanno dai maltrattamenti alle violenze in alcune RSA (Residenze Sanitarie Assistite), al bullismo e al cyberbullismo nelle scuole, alla sosta vietata delle autovetture negli spazi riservati, come rilevato anche dall’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), che nel gennaio scorso ha pubblicato il dossier L’odio contro le persone disabili. Inoltre, nel caso delle persone con disabilità, ci troviamo di fronte a discriminazioni multiple, perché la stessa donna o lo stesso uomo possono subire ulteriori atti discriminatori inerenti al genere, all’etnia, all’orientamento sessuale o altre caratteristiche». Al rapporto dell’OSCAD, vale la pena ricordare, anche il nostro giornale ha dedicato un ampio approfondimento (a questo link).
Il Consiglio della FISH ha sottolineato dunque che «già nel 2017 la Commissione Parlamentare Joe Cox contro i crimini d’odio aveva lanciato l’allarme sul fatto che le persone con disabilità, come in generale tutti coloro che presentano qualche tipo di fragilità visibile, risultavano anche le più vulnerabili ad aggressioni fisiche. Essa, inoltre, aveva avvertito che nel linguaggio comune l’attributo di una disabilità fisica o mentale è utilizzato frequentemente come un insulto, ciò pone le persone con disabilità in una situazione di difficoltà e inferiorità, in quanto percepiscono che nell’opinione comune avere una disabilità è un attributo negativo sul piano della valutazione sociale. Ciò vale per tutti i tipi di disabilità, ma soprattutto per quelle di tipo psichico o mentale».
«In verità – si legge ancora nella nota diffusa dalla FISH – come Federazione ribadiamo già da diversi anni che l’Italia è ancora troppo lontana dal riconoscere pari opportunità e la stessa cittadinanza ai diritti delle persone con disabilità e, al medesimo tempo, è un luogo in cui il concetto e la definizione di disabilità “quale risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono la piena partecipazione alla società sulla base di uguaglianza con gli altri”, fatica ad affermarsi. Per questo servono leggi, norme, ma anche risorse investite in maniera adeguata. E serve creare consapevolezza tra le persone contro i crimini d’odio, una strategia per il contrasto alle discriminazioni verso le persone con disabilità. In altre parole, c’è bisogno di un’autentica operazione culturale, per garantire realmente l’inclusione e le pari opportunità nel nostro Paese».
Base di lavoro indispensabile, secondo la Federazione, è data da «strumenti statistici che vadano oltre l’aspetto sanitario, valutando il reale livello di partecipazione e di inclusione delle persone con disabilità, ivi compresi i crimini d’odio».
«E dunque – conclude la nota -, oltre alle norme sanzionatorie, riteniamo necessaria una politica della prevenzione che stimoli l’educazione al rispetto per l’altro. E, in questo senso, una vasta opera di sensibilizzazione presso l’opinione pubblica e la società civile, in tutti i luoghi dove si fa comunità e aggregazione sociale. Pertanto, valutiamo positivamente l’adozione di quelle norme che oltre a proteggere le persone dalle violenze, contemplino azioni formative nelle scuole, dedicate alla prevenzione di tutte le discriminazioni». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it (Gaetano De Monte).