Viene ritenuta «inaccettabile la chiusura della Commissione Europea sulla moratoria riguardante i brevetti dei vaccini », dal Comitato Italiano per la campagna europea Diritto alla cura – Right2cure – Farmaci e vaccini per tutti, articolata in questi mesi sul tema Nessun profitto sulla pandemia, tutti hanno diritto alla protezione da Covid-19, cui aderiscono oltre cento realtà associative, tra cui la FISH (federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), come abbiamo segnalato a suo tempo, insieme alle maggiori organizzazioni sindacali, a tantissime organizzazioni nazionali e a varie forze politiche e personalità di spicco del mondo scientifico, culturale e sociale.
Tale campagna, lo ricordiamo, è nata per raccogliere un milione di firme nei Paesi dell’Unione Europea, che impegnino la Commissione Europea a presentare una proposta finalizzata a modificare norme in vigore e/o introdurne di nuove, nella fattispecie rendendo i vaccini e i farmaci disponibili a tutti a costi equi. Il tutto tramite l’ICE – acronimo che sta per Iniziativa dei Cittadini Europei -, strumento istituzionale dell’Unione Europea entrato in vigore dal 1° aprile del 2012, che dà la possibilità ai cittadini di esprimere la propria opinione.
«Se pertanto in questi giorni – aggiungono dal Comitato Italiano, riferendosi al Consiglio TRIPs (Accordi sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), in svolgimento oggi, 8 giugno, e domani, mercoledì 9, nell’àmbito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – non si apriranno ufficialmente le trattative sulla proposta di moratoria, tutto slitterà a novembre, perdendo mesi decisivi per contenere la diffusione del virus e il moltiplicarsi delle varianti».
«Oltre le cosiddette “isole felici” dei Paesi ricchi – sottolinea in una nota Vittorio Agnoletto, portavoce italiano della campagna – la situazione è drammatica, perché nel Sud del mondo la pandemia continua a imperversare in maniera disastrosa: solo lo 0,3% della popolazione, infatti, risulta vaccinato e di questo passo difficilmente lo sarà in maniera sufficiente entro la fine dell’anno. Né può certo essere una soluzione quanto proposto dall’Unione Europea di invocare le licenze volontarie, perché significa rimettersi alle scelte unilaterali delle grandi aziende farmaceutiche e al loro buon cuore! Invitare in tal modo i Paesi poveri a ricorrere alle licenze obbligatorie, previste dagli Accordi TRIPs, vuol dire lasciarli da soli nello scontro con le aziende farmaceutiche, così come parlare di un imminente aumento della produzione, per garantire le dosi necessarie per tutto il mondo, significa fingere di non sapere che ciò è impossibile, proprio perché i brevetti limitano il numero delle aziende autorizzate a produrre i vaccini».
Altro punto contestato dai promotori della campagna è che l’Unione Europea continua a non fornire documenti chiari e leggibili sugli accordi commerciali sottoscritti con le aziende farmaceutiche, nonostante le reiterate richieste da parte di diversi Europarlamentari, che il 19 maggio scorso ha anche approvato una mozione sulla sospensione dei brevetti. Sulla questione della scarsa trasparenza degli accordi commerciali è stato anche preannunciato un ricorso alla Corte di Giustizia Europea da parte dell’eurodeputata Michèle Rivasi.
Illuminanti e al tempo stesso inquietanti, sono le parole pronunciate dall’autorevole oncologo svizzero Franco Cavalli: «Se non vogliamo che il virus torni dalla Namibia, dal Congo o dal Vietnam, per citare qualche Paese a caso, e la pandemia possa riscoppiare persino più aggressiva, anche se siamo stati vaccinati, occorre garantire vaccini e cure per tutti, e c’è un solo modo per farlo, vale a dire la sospensione dei brevetti dei vaccini, dei farmaci e degli stessi kit diagnostici, come richiesto da India e Sudafrica: non è solo una questione di umanità, ma paradossalmente di “egoismo”, se vogliamo salvare anche noi stessi».
Dal canto suo, don Luigi Ciotti del Gruppo Abele, che il 3 giugno scorso ha partecipato così come Franco Cavalli a una diretta Facebook tutta dedicata alla campagna, afferma: «Il diritto alla vita è un diritto fondamentale, inalienabile e non può essere soggetto alle variabili commerciali. È una profonda ingiustizia, una vergogna, costringere interi popoli a genuflettersi ai Paesi ricchi per un po’ di carità, perché garantire vaccini e cure per tutti non è un problema di carità, ma è il senso profondo della politica». «In ampie regioni dell’Africa – aggiunge – abbiamo verificato con il Gruppo Abele che la campagna di vaccinazione non è neanche cominciata: impedire dunque a milioni di persone di vaccinarsi, per i costi insormontabili, è un’inerzia omicida contro cui occorre levare forte la nostra voce». (S.B.)
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