«Il rischio è quello di alimentare fattori di discriminazione ed esclusione, cioè di un passo indietro rispetto ai progressi realizzati negli ultimi anni in Italia per l’inclusione sociale delle persone sorde e sordocieche, a cominciare dal fatto che il modello scolastico italiano non obbliga la frequenza nelle scuole speciali degli alunni con disabilità sensoriale»: lo ha dichiarato Antonio Cotura, vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e presidente nazionale della FIADDA (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone Sorde e Famiglie), durante un’audizione informale svoltasi presso la Commissione Affari Sociali della Camera, in cui ha rappresentato la stessa FISH, sul tema della Proposta di Legge Riconoscimento della lingua dei segni italiana e disposizioni per la tutela delle persone sorde e dei loro figli, l’integrazione sociale e culturale e la piena partecipazione alla vita civile, in corso di esame a Montecitorio.
«Fin dalle prime valutazioni– ha sottolineato Cotura durante l’audizione -, la Proposta di Legge in questione è rivolta nella sostanza al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana, in funzione e a vantaggio di determinate categorie professionali quali interpreti LIS, ricercatori, docenti e psicologi esperti in questo ambito. Il che riteniamo sia molto lontano dalla promozione dei diritti delle persone con disabilità uditiva e in particolare dei diritti dei bambini e delle bambine sordi/e. Di contro, va elogiato il modello attualmente esistente, che nella presa in carico da parte della società del bambino/a audioleso/a ne garantisce l’inclusione scolastica e sociale al pari di altri coetanei».
Sempre nel corso dell’audizione, il Vicepresidente della FISH ha aggiunto che «in Italia il movimento delle persone con disabilità non può concordare che esista una comunità fondata su una specifica tipologia di disabilità ed è per questo che la FISH non ritiene di poter condividere i dettami della Proposta di Legge oggi all’esame della presente Commissione e di quelle ad essa abbinate, così come sono state formulate. Riconoscere infatti la LIS quale lingua della minoranza culturale e linguistica ovvero della comunità delle persone sorde, apparirebbe oggi anacronistico e fuorviante, creerebbe uno stigma negativo e discriminatorio per le persone sorde che invece si vorrebbero e dovrebbero tutelare».
«A questo punto – commenta Vincenzo Falabella, presidente della FISH – sarebbe auspicabile che, nell’interesse di tutte le persone sorde, venissero potenziati, su tutto il territorio nazionale, i servizi di diagnostica precoce, abilitativi e di assistenza alla persona, compreso l’impiego della LIS, quando è richiesta. A tal proposito, la strada da intraprendere risiede nell’abbattimento delle barriere della comunicazione, attraverso tutte le innovazioni tecnologiche adeguate e finalizzate all’inclusione anche sociale e lavorativa e nella valorizzazione di ciò che di positivo ha prodotto l’esperienza italiana, soprattutto, in riferimento alla inclusione scolastica».
«Quel che però è certo – conclude Falabella – è che non servono soluzioni speciali, le quali rappresenterebbero un pericoloso ritorno al passato che noi tutti rigettiamo. Piuttosto, nel produrre le politiche, occorre riferirsi a quello che già esiste, cioè ai princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità [Legge dello Stato Italiano 18/09, N.d.R.]. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it (Gaetano De Monte).