Tramite la Sentenza n. 6920 del 25 maggio scorso, il TAR del Lazio (Tribunale Amministrativo Regionale) si è pronunciato su un principio interpretativo riguardante l’articolo 10 del Decreto Legislativo 66/17 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107), relativo al procedimento amministrativo che assegna il numero delle ore di sostegno agli alunni con disabilità.
A proporre il ricorso al TAR era stata una famiglia dopo che la scuola aveva fissato un numero di ore di sostegno nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) senza avere convocato il GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione Scolastica), organismo che in forza dell’articolo 12, comma 5 della Legge 104/92 e dell’articolo 7, comma 2 dello stesso Decreto Legislativo 66/17, ha sempre predisposto il PEI nel quale indicare tutte le risorse necessarie per l’inclusione dei singoli alunni, compreso quindi anche il numero delle ore di sostegno. A quel punto la scuola aveva rapidamente riconvocato il GLO, confermando il numero di ore precedentemente stabilite nel PEI, formulato senza la presenza della famiglia, che invece è membro indispensabile del GLO stesso.
Dopo le modifiche, dunque, introdotte sull’articolo 12, comma 5 della Legge 104/92, operate dal Decreto Legislativo 66/17 e soprattutto dal successivo Decreto Legislativo 96/19, che aveva a propria volta cambiato notevolmente l’articolo 10 del precedente Decreto, il TAR si è posto il problema pregiudiziale se la nuova formulazione di quell’articolo avesse sostanzialmente modificato anche il procedimento amministrativo previsto dalla Legge 104/92. Sino ad allora, infatti, era interpretazione consolidata in Magistratura che il numero delle ore indicate nel PEI fosse una determinazione amministrativa definitiva e immodificabile da parte di nessun organo amministrativo; come tale, se la famiglia di un alunno con disabilità avesse voluto protestare nei confronti di un numero di ore ritenuto insufficiente, avrebbe potuto impugnare direttamente il PEI come atto definitivo e avere giustizia ottenendo l’aumento di ore. E tuttavia, la successiva formulazione contenuta nel Decreto Legislativo 96/19 sembrava aver cambiato l’iter procedurale, stabilendo che il GLO «propone» nel PEI un certo numero di ore e il Dirigente Scolastico, sentito il GLI (Gruppo di Lavoro di Istituto) e il GIT (Gruppo per l’Inclusione Territoriale, a livello provinciale), «inviasse all’Ufficio Scolastico Regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno». In tal modo, quindi, la fissazione del numero delle ore sembrava non essere più contenuta nel PEI, ma nella “richiesta” effettuata dal Dirigente Scolastico.
Pertanto il TAR si è posto la domanda se la formulazione dell’articolo 10 del Decreto avesse modificato l’articolo 12, comma 5 della Legge 104/92. Se infatti prima l’atto definitivo da impugnare era il PEI, ora quest’ultimo sarebbe regredito a semplice atto endoprocedimentale, ovvero non definitivo e quindi non immediatamente impugnabile, mentre l’atto definitivo sarebbe diventata la richiesta del Dirigente Scolastico.
Oltre a questo problema, il TAR se n’è posto un altro, di natura pregiudiziale, e cioè se quell’eventuale modifica contenuta nella norma delegata fosse stata frutto della delega contenuta nell’articolo 1, comma 181, lettera c della Legge di Delega 107/15 (cosiddetta “Legge sulla Buona Scuola”).
Su questo punto, il Tribunale, dopo un’attenta analisi, ha stabilito che la Legge 107/15 non conteneva assolutamente alcuna delega che autorizzasse soggetti diversi dal GLO ad intervenire sul numero di ore di sostegno da assegnare.
Con tale interpretazione, il TAR avrebbe dovuto sollevare la questione di incostituzionalità del citato articolo 10 del Decreto Legislativo 66/17, per “eccesso di delega”. Avvalendosi però della precedente Giurisprudenza della Corte di Cassazione, il TAR stesso ha deciso che si potesse accedere ad un’interpretazione volta a salvare il significato originario del valore del PEI formulato dal GLO, come atto definitivo. Questa l’importante motivazione: «Ad una prima lettura dei principi e criteri direttivi de quibus, il Collegio non può nonrilevare l’assenza di specifiche deleghe al potere esecutivo in grado di giustificare una modifica sostanziale del procedimento di assegnazione delle ore di sostegno, come quella apparentemente effettuata con l’articolo 10 del Decreto Legislativo. Quest’ultima norma, così come interpretata in precedenza, finirebbe per ingenerare dubbi di legittimità costituzionale non solo, e non tanto, per eccesso di delega, ma anche per la violazione di limiti imposti in materia da fonti internazionali di rango pattizio che, una volta recepite nel nostro ordinamento, si pongono quale parametro interposto di costituzionalità ai sensi dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione, rappresentando un limite espresso alla libertà del legislatore. Al riguardo, si intendono richiamare le disposizioni contenute nella Convenzione dell’ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge n. 18 del 2009 (in particolare l’articolo 24 [“Educazione”, N.d.R.]).
A conferma inoltre che il Legislatore non può ridurre le garanzie degli alunni con disabilità, il TAR cita anche la Sentenza della Corte Costituzionale 80/10, secondo la quale il nucleo essenziale del diritto allo studio di tali alunni, costituito dal numero di ore di sostegno indicate nel PEI, non può essere ridotto o violato per motivi di limiti alle spese di bilancio.
Pertanto l’unica interpretazione che potesse evitare la questione di incostituzionalità della procedura indicata nel citato articolo 10 del Decreto Legislativo 66/17 era quella di precisare che il Dirigente Scolastico può solo modificare in più il numero delle ore di sostegno, ma non diminuirlo. Qui di seguito la motivazione: «Il Collegio ritiene che una lettura di tal fatta sia possibile nel caso di specie. In tal ottica, un’esegesi costituzionalmente conforme del richiamato articolo 10 è quella di ritenere ammissibili eventuali modifiche alle misure di sostegno contenute nel PEI, sia proposte dagli organi territoriali dotati di poteri consultivi, sia apportate dal Dirigente Scolastico al termine delle sue valutazioni discrezionali sulla struttura e sugli strumenti dell’istituto scolastico, solo se in bonam partem (a favore dell’alunno), in quanto incidenti in melius sulla sfera giuridica degli alunni disabili, promuovendo un’armonizzazione delle misure di sostegno disposte dai diversi GLO, al livello scolastico e/o territoriale, al fine di rendere effettivo il principio di uguaglianza scolpito dall’art. 3 della Costituzione. Tale soluzione ermeneutica consentirebbe alla norma richiamata, da un lato, di garantire il rispetto della personalizzazione delle misure di inclusione scolastica, continuando a far assurgere le statuizioni del PEI a nucleo indefettibile di tutele che devono in ogni caso essere riconosciute allo studente disabile, tenendo fermo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa sul punto e, dall’altro lato, di uniformare dette garanzie al livello scolastico e territoriale mediante il loro livellamento verso l’alto, tendendo ad un’integrazione effettiva e territorialmente omogenea. Solo seguendo quest’interpretazione, pertanto, risulta possibile sciogliere i dubbi di costituzionalità dell’articolo 10 del Decreto Legislativo 66/2017, rendendo i suoi dettami conformi ai principi promananti dal diritto internazionale pattizio (Convenzione ONU cit.), nonché alla stessa Costituzione. In quest’ottica, dunque, il PEI deve ancora essere ritenuto, in continuità con la pregressa giurisprudenza, uno strumento fondamentale, qualificabile a guisa di provvedimento autonomamente ed immediatamente lesivo e, in quanto tale, ex se impugnabile».
L’ulteriore problema pregiudiziale che a questo punto si è posto il TAR è derivato dal fatto che la scuola avesse riconvocato il GLO, quindi con la presenza indispensabile anche della famiglia, e che l’organismo avesse confermato il numero di ore indicate nel PEI formulato originariamente dalla sola scuola. E qui il TAR, costretto dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha stabilito che questa seconda statuizione non era semplicemente confermativa del precedente PEI impugnato, ma, pur avendo contenuto identico, proceduralmente avrebbe dovuto considerarsi come una nuova determinazione e come tale avrebbe dovuto essere impugnata, ciò che non era avvenuto. Per questo, quindi, il TAR ha dovuto dichiarare il ricorso “improcedibile” e quindi rigettarlo, compensando però le spese.
Questa Sentenza del TAR del Lazio è estremamente importante, non tanto per l’esito negativo del ricorso, dovuto, come detto, a motivi esclusivamente procedurali, ma per il principio interpretativo enunciato che conferma la precedente giurisprudenza sia della Corte di Cassazione, tramite la Sentenza 25011/14, sia dal Consiglio di Stato, con la Sentenza 2023/17, secondo la quale il PEI è l’atto definitivo che fissa il numero delle ore di sostegno da assegnare e che tale numero di ore non può essere ridotto.
Al proposito va osservato che il presente pronunciamento è di fatto opposto alla Sentenza 3084/21, prodotta circa due mesi e mezzo prima dalla medesima Sezione Terza del TAR del Lazio, addirittura con la stessa composizione del Collegio giudicante [se ne legga ampiamente su queste stesse pagine, N.d.R.]. Quella precedente Sentenza, infatti, si fondava proprio sull’interpretazione del nuovo procedimento previsto dall’articolo 10 del Decreto Legislativo 66/17, per sostenere però che ormai non era più il PEI l’atto definitivo da impugnare, ma quello con il quale il Dirigente Scolastico chiedeva il numero delle ore all’Ufficio Scolastico Regionale. Ora, invece, gli stessi Giudici hanno cambiato opinione e ciò non può che significare che quest’ultima Sentenza sia stata il frutto di un attento e ragionato ripensamento, come può ricavarsi dalla motivazione molto articolata e puntuale, che sostituisce, quindi, il precedente orientamento del TAR laziale.
Le motivazioni addotte in questa recente Sentenza, inoltre, sono tali da indurre a supporre pure che l’esito del ricorso promosso contro il complesso normativo relativo ai nuovi modelli di PEI (Decreto Interministeriale 182/20), di cui ci siamo già occupati in questa sede, possa essere infausto ai danni del Ministero. Sarebbe pertanto auspicabile che il Ministero stesso accogliesse prima dell’udienza di merito in cui quel ricorso verrà discusso, fissata per il 23 luglio prossimo, le varie proposte emendative già a suo tempo avanzate ad esempio dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e riprese anche su queste pagine, proposte emendative rinnovate subito dopo l’emanazione del Decreto Interministeriale 182/20. Questo perché gli argomenti fondamentali contenuti in quel ricorso sembrano avere trovato già risposta nella Sentenza qui analizzata.
Va anche osservato che il Ministero dell’Istruzione riteneva di avere superato quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, abrogando con lo stesso Decreto Legislativo 66/17 i periodi terzo e quinto del comma 5, nell’articolo 10 della Legge 122/10 (conversione in Legge del Decreto Legge 78/10), ove si imponeva l’obbligo di indicare nel PEI il numero delle ore di sostegno da assegnare. Con quest’ultima decisione del TAR del Lazio, invece, sia la precedente Sentenza dello stesso TAR, sia la nuova formulazione contenuta nell’articolo 10 del Decreto Legislativo 66/17 non modificano assolutamente la precedente giurisprudenza.
È vero che quest’ultima decisione del TAR non è ancora definitiva e che può essere appellata in Consiglio di Stato o ancora che un altro TAR potrebbe andare in un’altra direzione, e tuttavia la motivazione espressa sembra difficilmente contestabile.
Alla fine, quindi, si può dire che l’importante principio affermato possa abbondantemente compensare il disappunto dovuto al rigetto del ricorso per motivi esclusivamente procedurali.