«Ha solo 15 anni e una grinta rara. Di certo sentiremo ancora parlare di lei»: si concludeva così, l’intervista a Bebe Vio, curata da Barbara Pianca per «Superando.it» il 2 aprile 2012 e mai quella profezia sarebbe stata più felice, per la giovane che sabato scorso ha vinto per la seconda volta la medaglia d’oro nella scherma alle Paralimpiadi di Tokyo, confermando quella del 2016 a Rio de Janeiro.
Già campionessa italiana under 17 di fioretto a 14 anni e campionessa italiana assoluta nell’anno successivo, proprio di Rio ci aveva parlato allora Bebe, partendo da lontano, ovvero da quelle Paralimpiadi di Londra del 2012 cui avrebbe già voluto partecipare. Non si era tuttavia qualificata, dovendo battersi con schermitrici di esperienza infinitamente maggiore e per questo, volendo comunque essere presente ai Giochi inglesi, vi si era candidata come tedofora, per trasportare la fiamma olimpica, nella categoria dei “Futuri Paralimpici”. «C’era un solo posto disponibile a livello internazionale – ci aveva raccontato – e lo volevo io. Per le gare, invece, pazienza, comincio fin d’ora a prepararmi per quelle del 2016 a Rio de Janeiro».
Poi negli anni tanto è successo, sono arrivate le vittorie e la notorietà a livello prima nazionale e poi internazionale, anche al di fuori dello sport. Ma già a 15 anni Bebe aveva le idee molto chiare, sottolineando, ad esempio, la sua «fierezza di essere un’atleta con disabilità, incarnando ben volentieri il messaggio che lo sport è di tutti e fa bene a tutti».
E già allora si era soffermata con orgoglio su Art4Sport, l’Associazione fondata dal padre Ruggero, parlandone così: «Quando mi sono ritrovata disabile a 11 anni e ho espresso il desiderio di continuare a fare sport, abbiamo scoperto che le protesi sportive non sono pagate dallo Stato e sono parecchio costose. Le Federazioni sportive riescono a malapena a sostenere i campioni, figurarci se trovano i fondi per aiutare chi è ancora all’inizio, come me. Quindi dovevamo raccogliere soldi e siccome a me piace disegnare e al liceo studio Arti Grafiche e Comunicazione per imparare a fare la grafica delle locandine e cose del genere, abbiamo pensato che attraverso la vendita di alcuni prodotti artistici avremmo potuto raccogliere le cifre che ci servivano».
Idee chiare, dunque, e grande determinazione anche rispetto a quella iniziativa. Ma non finisce qui e per riprendere la conclusione di quella nostra vecchia intervista, «di certo sentiremo ancora parlare di Beatrice “Bebe Vio”». (S.B.)