Nelle scorse settimane i riflettori sono stati tutti puntati sulle Paralimpiadi di Tokyo che, grazie anche al lancio contemporaneo della campagna internazionale decennale #WeThe15 [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.], hanno posto sempre di più l’attenzione sul tema dell’inclusione sociale delle persone con disabilità.
L’inclusione dei bambini e delle persone con disabilità è da sempre la mission dellas nostra Associazione [L’abilità, N.d.R.], e per questo ci stiamo domandando: è giusto organizzare due manifestazioni distinte, le Olimpiadi per gli atleti “normodotati” e le Paralimpiadi per gli atleti con disabilità? Proviamo dunque a immaginare uno scenario diverso.
In un’epoca nella quale si discute molto di uguaglianza, pensiamo che sia arrivato il momento di eliminare questa distinzione per creare un’unica manifestazione e un unico medagliere che dia la stessa importanza e lo stesso riconoscimento a tutti gli atleti e le atlete, indipendentemente dal loro grado di abilità.
Perché i nostri atleti e atlete paralimpici e le loro vittorie non ricevono la stessa attenzione di quelli olimpici? Quale differenza c’è tra i due? Basti solo pensare che il medagliere italiano paralimpico ha staccato di gran lunga quello olimpico…
Tutti gli atleti e le atlete, di qualsiasi disciplina e a qualsiasi livello di abilità, sono accomunati da due cose: l’amore per lo sport e l’impegno e la gioia per la realizzazione di un sogno, che sia la partecipazione o la vittoria a una gara. E noi, loro “spettatori”, siamo o dovremmo essere accomunati dallo stesso sentimento di partecipazione ed emozione, a prescindere dalla disabilità o meno di chi gareggia.
Quindi perché non unire le due manifestazioni in un unico evento? Questo è quello che chiedono anche campioni che si stanno impegnando perché un giorno esista un solo evento olimpico, al quale possano gareggiare in contemporanea sia gli atleti con che quelli senza disabilità.
Pur riconoscendo le difficoltà organizzative, le soluzioni potrebbero essere tante, magari già a partire dalle prossime Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026: allestire ad esempio un’unica cerimonia di apertura e di chiusura, in cui tutti gli atleti con e senza disabilità sfilino tutti assieme a rappresentare il loro Paese, potrebbe essere il primo passo verso un’evoluzione più inclusiva dei Giochi Olimpici.
Superare questo ostacolo sarebbe un messaggio potentissimo che si unirebbe a quello della citata campagna decennale #WeThe15 –cui la nostra Associazione aderisce – promossa dal Comitato Paralimpico Internazionale e dall’IDA, l’Alleanza Internazionale sulla Disabilità, per creare un movimento globale che ponga l’attenzione sui diritti delle persone con disabilità, un miliardo e 200 milioni di persone, ovvero il 15% della popolazione mondiale, e che promuova l’inclusione e l’abbattimento delle barriere fisiche e culturali.