«L’emergenza coronavirus di quest’anno e mezzo non ha fermato il percorso volto alla concentrazione dei servizi diurni e residenziali e alla conseguente emarginazione dei soggetti più deboli (disabilità, salute mentale, persone con demenza, anziani non autosufficienti). Infatti, il tracciato avviato dalla precedente Giunta Regionale, tramite alcune Delibere sui nuovi requisiti di autorizzazione delle strutture, prosegue in perfetta continuità con la nuova Giunta Regionale»: a denunciarlo in una nota sono una serie di organizzazioni delle Marche, vale a dire l’ANGSA Marche (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo), l’ACLI Marche (Associazione Cristiana Lavoratori Italiani), la Fondazione Paladini di Ancona, la Cooperativa Papa Giovanni XXIII di Ancona, il Gruppo Solidarietà di Moie di Maiolati Spontini (Ancona) e la UILDM Ancona (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
«L’ultima “perla” – si legge poi nella nota – è la dichiarazione di compatibilità, ai fini dell’autorizzazione, da parte della Regione Marche (Decreto n. 48 del 23 settembre ), di una struttura sita a Rapagnano, in provincia di Fermo, per la realizzazione, da parte della Società di Costruzioni Castellani e Gelosi, con sede a Terni, di un “complesso sanitario” di tre palazzine per complessivi 175 posti (75+60+40): 155 residenziali e 20 diurni. Destinatari: anziani non autosufficienti e con demenza, persone con disabilità, persone con disturbi mentali».
«I posti di quella struttura – viene spiegato – saranno così distribuiti: 70 di Cure intermedie (30+40), 6 di riabilitazione intensiva, 39 di RSA Disabili (all’interno dell’atto erroneamente si fa riferimento alla categoria “non autosufficienza” che farebbe pensare ad anziani), 20 di diurno per persone con demenza. Per la salute mentale, infine, 21 di riabilitazione intensiva e 19 di comunità protetta».
«Non ci interessa in questa fase – dichiarano le organizzazioni marchigiane – entrare in alcuni aspetti regolamentari sui quali avremo occasione di ritornare. Chi riteneva che il problema riguardasse la possibilità di accorpamenti illimitati per le strutture già attive è servito: infatti, il diabolico meccanismo che determina la possibilità di attivare posti autorizzabili secondo il fabbisogno, e la sostanziale mancanza di regole dettate dalla totale assenza di orizzonti di politica sociale, determina un sistema ad incastri che porta a “mostri” come questi. Prospettive di questo genere possono essere assunte solo da chi concepisce le politiche sociali, intese come interventi riguardanti sia la sanità che l’assistenza sociale, al pari di una qualunque attività commerciale. Questa, a nostro parere, costituisce una deriva vergognosa e inaccettabile. Qualcuno magari dirà che autorizzare non significa “contrattualizzare” (per i non addetti: convenzionare), ma gran parte di questi posti potranno esserlo e, comunque, solo chi è capace di assemblare matematicamente, ma è lontano dalla realtà dei servizi, può concepire l’autorizzazione di 70 posti di cure intermedie (una sostanziale post acuzie) in un unico territorio, o 39 posti di residenza sanitaria per disabili, alla faccia dei “moduli” con un massimo di 20 persone!».
Rivolgendosi quindi direttamente al presidente della Regione Francesco Acquaroli e all’assessore regionale competente per il settore Filippo Saltamartini, le organizzazioni chiedono: «Cosa significa per voi “servizi territoriali, inclusivi, comunitari”? Che idea di servizi avete? Non è bastata la lezione della pandemia, con gli effetti drammatici riscontrati in molte strutture residenziali, per avviare una rigorosa riflessione su questo settore? Le Marche e le persone che necessitano di sostegni e servizi non meritano politiche di questo tipo. Chi le promuove dovrebbe essere consapevole della responsabilità che si sta assumendo». (S.B.)
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