Ogni operatore sociale che lavora nei servizi per le persone con disabilità dovrebbe leggere il nuovo libro di Matteo Schianchi, storico della disabilità e ricercatore all’Università di Milano Bicocca, un libro che pone tante domande e propone diverse risposte, una lettura utile per mettersi in discussione e trovare qualche buona luce in fondo al tunnel.
Il libro si intitola Disabilità e relazioni sociali. Temi e sfide per l’azione educativa (Carocci, 2021), lo abbiamo letto e ne abbiamo estratto alcuni passaggi che proponiamo qui di seguito (indicando anche il titolo del capitolo da cui sono tratti), con l’auspicio di promuovere una riflessione su questo tema. A partire da una frase che dà il titolo a tutto il lavoro: «La disabilità è una relazione sociale. È impossibile poterla pensare in modo diverso» [grassetti redazionali in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.].
«La disabilità non è un problema che riguarda alcuni individui, le loro famiglie e di cui ci sono professioni e servizi che se ne occupano: è invece una questione intrinsecamente legata alla natura stessa degli esseri umani» (Disabilità, relazioni e corpo).
«Non c’è persona con disabilità, famiglia che non dica che forse, ancor di più della difficoltà di vivere la propria condizione, sono lo sguardo e le ordinarie aspettative degli altri ad aver ostacolato e impedito maggiormente la sua esistenza» (Guardare la disabilità e vedere se stessi).
«[…] è la necessità di affermare continuamente il rassicurante bisogno di normalità, il consueto ordine delle cose. Lo stigma è dunque un elemento attraverso cui i membri di una comunità locale – un microcosmo – esprimono e difendono l’adesione ad alcuni valori» (Attribuire l’identità dell’altro).
«Il fatto di partecipare a un consesso sociale non dice nulla della qualità e delle caratteristiche di quella appartenenza» (Né carne, né pesce).
«La violenza simbolica legata alla disabilità pronuncia la sua sentenza: disabile = essere umano oggettivamente inferiore. Tale inferiorità è considerata effettiva e ovvia». (Una violenza non violenta).
«Si tratta dunque di mettere le persone nella condizione di dire loro di se stessi chi sono, come si sentono, che cosa desiderano, anche quando non riescono a farlo con le proprie parole» (Esistere è più che vivere).
«Quando si affida tutto alla famiglia, quando quest’ultima non è sufficientemente supportata in termini materiali, in supporti relazionali, psicologici è chiaro che “non si nasce disabili, lo si diventa”» (Non si nasce disabili, lo si diventa).
«[…] usiamo espressioni quali: il DVA, Il DSA, il down, i ragazzi (parlando di adulti). Individui ridotti ad acronimi. Che idee si diffondono, che mondo si costruisce mentre si parla in tal modo?» (Ma come definiamo la disabilità?).
«Quali sono le condizioni per costruire azioni educative capaci di praticare l’idea che ciascuno sia un soggetto con una propria storia e in divenire?» (Conclusioni: ancora sulle relazioni).
Matteo Schianchi, Disabilità e relazioni sociali. Temi e sfide per l’azione educativa (Carocci, 2021).
Già dottore di ricerca in Storia Sociale della Disabilità all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, Matteo Schianchi è ricercatore al Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “R. Massa” dell’Università di Milano-Bicocca. Ha pubblicato: La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà (Feltrinelli, 2009), Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare (Carocci 2012, 8 ristampe) e Il debito simbolico. Una storia sociale della disabilità in Italia tra Otto e Novecento (Carocci, 2019),tutti ampiamente presentati anche sulle nostre pagine (a questo, a questo e a questo link).