Assegni di invalidità civile parziale: qualcosa si sta muovendo

Dalle rassicurazioni alla Federazione FISH da parte del Presidente dell’INPS, alle prese di posizione provenienti dal mondo istituzionale e da quello sindacale, qualcosa si sta effettivamente muovendo, per superare quella che da più parti è vista come una grave ingiustizia normativa, relativa al Messaggio dell’INPS, secondo cui, per avere diritto all’assegno per invalidi civili parziali (287,09 euro al mese!), non vi deve essere alcuna attività lavorativa, neanche minima. «Una situazione inaccettabile», l’ha definita ad esempio Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia e alle Finanze

Entrata della sede dell'INPS di NapoliDando seguito all’incontro con la ministra per le Disabilità Stefani, di cui abbiamo riferito ieri sulle nostre pagine, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha interloquito direttamente, per tramite del proprio presidente Vincenzo Falabella, anche con il presidente dell’INPS Pasquale Tridico, sulla questione relativa al recente Messaggio n. 3495 prodotto dall’Istituto, riguardante l’erogazione dell’assegno mensile per gli invalidi civili parziali, di cui avevamo già riferito nei giorni scorsi.
Si parla, va ricordato, di quell’assegno erogato in tredici rate mensili a persone di età tra i 18 e i 67 anni, con invalidità riconosciuta tra il 74% e il 99%, che non svolgano attività lavorativa (per il 2021 l’importo mensile è di 287,09 euro e il limite di reddito personale di 4.931,29 euro).
«Quel Messaggio prodotto dall’INPS –aveva spiegato in un approfondimento il Centro Studi Giuridici HandyLex – nasce dal fatto che per un certo periodo lo svolgere un lavoro che non facesse superare il limite di reddito stabilito per l’erogazione dell’assegno era considerato al pari dell’inattività lavorativa e pertanto non precludeva l’iscrizione al collocamento. Ora invece l’INPS, sulla scorta della giurisprudenza formatasi in materia, ritiene che lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dalla misura del reddito ricavato, precluda il diritto al beneficio. L’assegno mensile di assistenza previsto dall’articolo 13 della Legge 118/71 sarà pertanto liquidato, fermi restando tutti gli altri requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’effettiva inattività lavorativa del soggetto beneficiario».
In poche parole, quindi, per avere diritto all’assegno, non vi deve essere alcuna attività lavorativa, neanche minima, che produca reddito, e anche se inferiore ai 4.931,29 euro annui.

Nell’incontro con la ministra Stefani, la FISH, insieme all’altra organizzazione FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), aveva avanzato una proposta di modifica all’articolo 13 di quella stessa Legge 118/71, che come detto è alla base dell’attuale Messaggio prodotto dall’Istituto, eliminando in sostanza l’inciso riguardante lo svolgimento di attività lavorative da parte delle persone beneficiarie dell’assegno di invalidità civile parziale.
Nel successivo confronto con il Presidente dell’INPS, dunque, il Presidente della Federazione ha ricevuto rassicurazioni sul fatto che proprio su quella linea si intende procedere, per rimediare alla situazione creata dal Messaggio dell’Istituto e in tal senso la Federazione stessa intende muoversi nei confronti di tutte le forze politiche, per arrivare a un prossimo provvedimento legislativo.

La questione, tra l’altro, è approdata in questi giorni anche sulle pagine della stampa generalista, con prese di posizione sia a livello istituzionale che sindacale. «Si tratta di una situazione inaccettabile per più di una ragione», ha dichiarato ad esempio a «la Repubblica» Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia e alle Finanze, sottolineando la necessità di «intervenire immediatamente per correggere l’equivoco creato dalla norma del 1971 e ripristinare la compatibilità sino ad ora ammessa» ed esprimendo la volontà di «adoperarsi in tutte le sedi possibili perché questo avvenga al più presto».
Dal canto loro, sempre sulla stessa testata, Ezio Cigna e Nina Daita, responsabili della CGIL rispettivamente per le Politiche della Previdenza e per quelle della Disabilità, parlano di «fatto molto grave, che colpisce i più fragili, coloro che hanno già pagato duramente le conseguenze dell’emergenza sanitaria». Il tutto ricordando che «le attività di queste persone con disabilità sono attività terapeutiche o formative e con piccoli compensi, che difficilmente superano il tetto previsto». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.

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