A proposito della brusca interruzione dello studio britannico denominato Spectrum 10K, guidato dal noto scienziato Simon Baron-Cohen dell’Università inglese di Cambridge, dovuta all’opposizione di gruppi di persone che, autodichiarandosi nello spettro autistico, denunciano il loro mancato coinvolgimento e l’inutilità di quella ricerca, perché a loro dire «non c’è nulla da aggiustare» in una condizione della quale andare fieri, tutto ciò ci impone alcune profonde, necessarie e importanti riflessioni.
La quinta edizione (DSM-5) del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali statunitense, ha accomunato sotto lo spettro autistico persone con funzionamenti e necessità di supporto molto diversi fra loro, definendo tre scale di gravità, cui corrispondono bisogni estremamente eterogenei, sia per tipologia di esigenze abilitative, sia per la presenza percentualmente rilevante di importanti comorbidità, anche psichiatriche.
La nostra Associazione [ANGSA-Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo, N.d.R.], rappresenta genitori e familiari che tutelano le persone con autismo, in special modo quelle che non sono in grado di autorappresentarsi, in parte o totalmente. I gruppi di persone che hanno interrotto lo studio si presentano al contrario come orgogliosi della propria condizione, arrivando in casi estremi a definirne una pretesa superiorità rispetto al mondo dei “normotopici”, con frequenti e polemici contributi sui media. Queste dichiarazioni appaiono ingenerose e non mostrano compassione né comprensione nei confronti di quanti (e sono la maggioranza) soffrono la condizione di autismo al punto da averne compromessa la qualità di vita, e spesso anche la salute fisica e mentale. Certamente si tratta di gruppi che non rappresentano neppure l’intera comunità delle persone con diagnosi di Asperger, la maggioranza delle quali ammette invece la necessità di qualche forma di sostegno.
Nel rispetto delle diverse opinioni, noi riteniamo che le persone che si autodefiniscono “neuropeculiari” e accomunano la loro diversità alla ricchezza della biodiversità, capaci di autorappresentarsi e molto attive, non siano le persone per cui siamo nati e che necessitino in particolare del nostro impegno per la tutela dei diritti. Il nostro impegno, infatti, è orientato alla ricerca di un futuro migliore per persone con peculiari difficoltà che, seppure di vario grado, non possono essere negate, né ignorate, nella predisposizione dei Servizi Socio-Sanitari di cui abbisognano.
Accanto a ciò, tuteliamo e supportiamo i bisogni di famiglie duramente provate nella loro quotidianità da una condizione che appare oggi sempre più bisognosa di ricerche, per individuarne le cause, consapevoli che ciò permetterebbe probabilmente di guadagnare tempo nella definizione di sottogruppi, verso i quali indirizzare eventuali approcci abilitativi o interventi farmacologici.
È grave scegliere di interrompere questa ricerca seria, condotta da scienziati di fama mondiale, che ha come obiettivo quello di studiare i contributi genetici e ambientali al disturbo dello spettro autistico e a condizioni concomitanti, come l’epilessia e i problemi di salute dell’intestino.
«Se riusciamo a capire perché queste condizioni concomitanti sono più frequenti nelle persone autistiche, ciò potrebbe aprire la porta al trattamento o alla gestione di sintomi molto angoscianti», afferma Simon Baron-Cohen.
L’interruzione di questa ricerca significherebbe quindi lasciare professionisti e famiglie senza essenziali strumenti di conoscenza e intervento, finalizzati a migliorare la qualità di vita delle persone con autismo.
Testimone della sofferenza di tante famiglie, fra cui molte con più figli nello spettro, la nostra Associazione non può che invitare a superare simili posizioni, esprimendo il proprio dissenso.