«Per tutti gli operatori, le operatrici, gli educatori e le educatrici sociali che lavorano nelle case famiglia di Roma e del Lazio accanto alle persone con disabilità, compresi bambini e bambine con disabilità in stato di abbandono, tutti i giorni è il 3 dicembre, tutti i giorni si celebra la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, grazie al loro lavoro e la loro dedizione. Chi si prende cura delle persone più fragili, infatti, non si ferma, non l’ha fatto nemmeno in tempo di Covid. Eppure, in questi ormai due anni di emergenza sanitaria, le case famiglia per persone con disabilità e minori spesso sono state invisibili, sono scomparse dalla lista delle priorità della politica, “dimenticando” chi sta lavorando a meno di un metro di distanza, 24 ore su 24».
Lo si legge in una nota diffusa in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 dicembre, da Casa al Plurale, Associazione che riunisce tante case famiglia di Roma e del Lazio, un messaggio lanciato «per portare l’attenzione su questi uomini e queste donne del sociale che compiono per le persone più fragili un lavoro speciale, indispensabile, ma pericoloso e faticosissimo, senza alcun riconoscimento da parte delle Istituzioni». E al contempo si torna a chiedere per l’ennesima volta «un aumento per le rette in casa famiglia, poiché è necessario mettere in campo un impegno comune nel garantire alle persone con disabilità i fondamentali diritti umani, senza alcuna forma di discriminazione».
«Le case famiglia –proseguono da Casa al Plurale – non vanno concepite come un costo, bensì come un investimento, che una società sana, civile, attenta ai suoi concittadini più fragili, compie affinché queste persone, portatrici di medesimi diritti, possano essere in condizione di vivere una vita degna di essere vissuta. Sono tante le professionalità che lavorano in queste strutture e chi vive in casa famiglia ha diritto ad essere felice, come tutti gli altri. C’è una domanda, a tal proposito, che è quella di tutti i genitori con un figlio o una figlia con disabilità: “Dopo di noi, chi si prenderà cura dei nostri figli?”; le risposte possibili sono diverse: la vita autonoma e indipendente, per chi è in grado ed è messo nella condizione di esserlo, la vita in famiglia, per chi ce l’ha e sceglie di restarci, oppure la vita in casa famiglia. Di certo, mai più istituti o grossi centri di accoglienza. Le case famiglia, infatti, sono piccoli appartamenti nei quali vivono, in media, sei persone con disabilità, con un gruppo di educatori presenti mattina, pomeriggio, notte, tutti i giorni della settimana, Natale, Capodanno, Pasqua, tutti i 365 giorni dell’anno!».
«Il Comune di Roma – dichiara Luigi Vittorio Berliri, presidente di Casa al Plurale – ha deciso di assegnare dei soldi per premiare efficacia e presenza degli operatori dell’AMA [Società Capitolina per la raccolta, il trasporto, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti, N.d.R.]: è una buona cosa! Chiediamo che si usi un criterio simile per i tanti operatori sociosanitari che, in 19 mesi di pandemia, non hanno fatto neanche un’assenza, non sono mai mancati al lavoro e si sono presi cura dei nostri concittadini più fragili».
Sui costi di una casa famiglia, ricordiamo anche il rapporto aggiornato prodotto da Casa al Plurale, intitolato Quanto costa una casa famiglia?, a disposizione di tutti e naturalmente anche dei decisori politici. (S.B.)
Per ogni ulteriore informazione e approfondimento: Ufficio Stampa Casa al Plurale (Carmela Cioffi), carmelacioffi@gmail.com.