Una delle aree nelle quali le donne con disabilità sono maggiormente discriminate è certamente quella della salute sessuale e riproduttiva. Sono ancora tanti, infatti, i pregiudizi su di loro in merito a questo àmbito della vita. Si pensa che siano asessuate o, al contrario, che siano ipersessuate, con una sorta di sessualità fuori controllo. Si pensa inoltre che non siano in grado di procreare e che, qualora riescano a divenire madri, non siano capaci di prendersi cura di eventuali figli e figlie in modo adeguato.
L’idea che le donne con disabilità, al pari delle altre donne, possano intraprendere un percorso di maternità non è ostacolata solo da tali pregiudizi, ma anche dal fatto che in Italia sono ancora pochi i servizi di ginecologia e ostetricia preparati ad accoglierle (a questo link è disponibile un repertorio), e anche dalla circostanza che alcuni dispositivi medici di uso comune – come i test di gravidanza – non sono stati progettati per essere utilizzati in autonomia da tutte le donne.
I test di gravidanza possono essere di diversi tipi – urinario, sanguigno e salivare (ancora poco diffuso, quest’ultimo, qui in Italia) – e sono accomunati dal fatto di misurare la presenza dell’ormone Beta-HCG (Gonadotropina Corionica), un ormone glicoproteico prodotto dalle cellule della placenta circa otto giorni dopo l’avvenuta fecondazione. I test di gravidanza di uso domestico più utilizzati sono quelli di tipo urinario e hanno un’affidabilità del 99%. Possono essere di tipo classico (con uno stick dotato di una striscia reattiva all’ormone Beta-HCG da sottoporre per pochi secondi al flusso di urina), oppure digitali (con un indicatore da immergere in un contenitore contenente l’urina). Qualora il test risulti positivo, è sempre bene eseguire anche il test sanguigno che, avendo un’affidabilità del 100%, fornisce una risposta ancora più sicura.
Ebbene, sotto il profilo dell’accessibilità, il problema di questi test di uso domestico è che essi danno un responso di tipo visivo, e dunque non possono essere utilizzati in autonomia dalle donne cieche e ipovedenti, e nemmeno garantire loro la riservatezza che è invece assicurata alle altre donne.
Nel tentativo di porre rimedio a tali criticità l’RNIB (Royal National Institute of Blind People), uno dei principali enti di beneficenza della comunità di persone cieche e ipovedenti del Regno Unito, ha sviluppato un prototipo di test di gravidanza che mostra i risultati sollevando delle protuberanze tattili in silicone, anziché visualizzare un testo o delle linee su uno schermo, come accade con i comuni test di gravidanza di uso domestico.
A darne notizia è il quotidiano internazionale «The Wall Street Journal», che ha illustrato anche altri accorgimenti di accessibilità del dispositivo, come la circostanza che esso sia dotato di un tampone assorbente più grande del 50% rispetto alla media degli altri dispositivi, e l’uso di una combinazione di colori giallo e rosa a contrasto per aiutare le utenti ipovedenti a distinguere tra la parte superiore e inferiore del dispositivo stesso. Quando l’urina viene assorbita dal tampone, si attiva un motore interno per sollevare le protuberanze tattili sul lato inferiore del dispositivo. Se vengono rilevati gli ormoni della gravidanza, un’altra serie di protuberanze viene sollevata sul lato superiore, indicando un risultato positivo. In caso di risultato negativo queste ultime rimangono inattive.
Il nuovo dispositivo è stato sviluppato innanzitutto per affrontare la difficoltà delle donne cieche nella lettura degli esiti del test, ma anche per la mancanza di privacy a cui esse sono soggette quando lo effettuano, come ha spiegato al quotidiano americano Eleanor Southwood, presidente del Royal National Institute of Blind People. Infatti, le donne che non sono in grado di leggere il risultato del test spesso devono chiedere al proprio partner, ad un amico o ad un vicino di farlo per loro, il che significa che non sono le prime a sapere della propria gravidanza, ha aggiunto Southwood, sottolineando anche che alcune donne cieche potrebbero non volere che i loro partner o i propri familiari conoscessero il risultato del test.
«Una donna con cui abbiamo parlato ha dovuto chiedere a qualcuno di leggere il suo test di gravidanza e, quando è risultato negativo, questa persona le ha detto: “Beh, probabilmente è meglio così, vero?”», ha riferito ancora Southwood. «Ciò significa che questa donna era costretta ad affrontare la risposta della persona prima della questione della sua stessa gravidanza».
A ideare il test è stato il designer londinese Josh Wasserman, che in fase di progettazione ha incontrato diverse donne cieche nelle loro case. Inizialmente egli aveva preso in considerazione l’idea di un test che trasmettesse il risultato attraverso il suono, ma l’ha rigettata dopo avere scoperto che le donne volevano un’esperienza che non potesse essere ascoltata, accidentalmente o di proposito, da terzi. Sotto questo profilo la soluzione tattile si è rivelata ottimale.
Il prototipo è stato testato da un piccolo gruppo di utenti cieche. Il Royal National Institute of Blind People ha pubblicato i metodi di ricerca e il design industriale del dispositivo, nella speranza che le aziende sanitarie prendano atto del lavoro svolto e producano il prototipo o costruiscano i propri test di gravidanza accessibili, come ha raccontato Southwood.
E in effetti alcune aziende si stanno muovendo in tal senso. Ad esempio Clearblue, un marchio di test di gravidanza prodotto da Swiss Precision Diagnostics GmbH, nel 2019 ha stretto una partnership con l’applicazione gratuita Be My Eyes, che collega persone non vedenti e ipovedenti bisognose di assistenza con volontari vedenti attraverso una videochiamata. I consulenti di Clearblue utilizzano una piattaforma per rispondere alle domande delle persone cieche sull’esecuzione di un test di gravidanza e sulla comprensione del risultato. La qual cosa però non tutela le utenti sotto il profilo della riservatezza; per questo, dunque, Clearblue e RNIB stanno lavorando per trovare nuovi modi che rendano totalmente accessibili i test di gravidanza e altri dispositivi medici. Cosa non molto semplice, ammettono, se si considera che il numero contenuto di clienti significherà che i costi di produzione rimarranno più elevati rispetto ai test già sul mercato. Ciò porta Southwood a ritenere che l’opzione migliore potrebbe essere quella di lavorare con le aziende sanitarie per produrre un test di gravidanza utilizzabile da vedenti e non vedenti.
Insomma, le donne con disabilità visiva non dovrebbero ritrovarsi in farmacia a dover spiegare di avere bisogno di un tipo specifico di test di gravidanza perché sono cieche. «Il sogno è acquistare qualsiasi test di gravidanza con la consapevolezza che sia accessibile», ha concluso Southwood.
Relativamente ai temi qui sopra trattati, suggeriamo anche la consultazione della sezione Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi nel sito del Centro Informare un’h.