«Esprimiamo grande amarezza e sdegno per questo grave episodio di segregazione, una vicenda cui le forze dell’ordine faranno sicuramente luce, ma che impone una riflessione attenta»: è quanto si legge in una nota diffusa dalla FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), sottoscritta dalla presidente Nunzia Coppedé anche a nome di tutte le Associazioni aderenti alla Federazione, a proposito dell’incredibile storia che si sarebbe verificata a Paola, in Calabria, dove, come riferiscono le cronache locali, un giovane con disabilità avrebbe trascorso le sue giornate legato per vent’anni al letto.
«Come è possibile ignorare l’esistenza di una persona – scrive Coppedé – e più ancora negare i diritti umani, dove sono i sistemi sociali garanti dei diritti costituzionalmente sanciti? Sono tante le domande che affiorano davanti a questa terribile vicenda. La povertà, non solo economica, ha un maggiore impatto sulla disabilità e questo periodo di pandemia ha acuito ancora di più le disuguaglianze sociali».
«Non si può lasciare una famiglia sola – aggiunge -, tanto più se con tante fragilità, a gestire la disabilità. La disabilità non è un problema privato, ma sociale ed è evidente che quel sistema integrato dei servizi che da anni si richiede, non ha iniziato neanche a fare i primi passi nella nostra Regione».
«Le nostre Associazioni – scrive ancorta la Presidente della FISH Calabria – richiedono da anni ai Comuni la redazione dei progetti individuali secondo quanto sancito dall’articolo 14 della Legge 328/00, recepita dalla Legge Regionale 23/03 della Calabria, ma le richieste restano inascoltate anche a fronte di Sentenze prodotte dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Il progetto individuale, infatti, redatto dall’Ente Comunale, d’intesa con l’Azienda Sanitaria, costituisce lo strumento per realizzare l’integrazione delle persone con disabilità, partendo da un’attenta analisi dei bisogni, per progettare sostegni adeguati a migliorare la qualità della vita. In altre parole, creare percorsi personalizzati in cui i vari interventi siano coordinati in maniera mirata, massimizzando così i benèfici effetti degli stessi e riuscendo, diversamente da interventi settoriali e tra loro disgiunti, a rispondere in maniera complessiva ai bisogni e alle aspirazioni del beneficiario».
«Ancora una volta – conclude Coppedé – siamo dunque costretti ad augurarci che simili vicende non accadano più». (S.B.)
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