Ricordare chi era e cosa ha fatto Rita Barbuto in uno spazio limitato è un’impresa ardua.
Rita, prima di tutto, ha costruito il proprio processo di emancipazione attraverso un percorso pieno di barriere e ostacoli. La sua prima esperienza come Consigliera Comunale del proprio paese in Calabria le ha offerto una prima opportunità di conoscere concretamente il senso della rappresentanza popolare e dei meccanismi della politica. Poi, alla fine degli Anni Novanta si è avvicinata al movimento per i diritti delle persone con disabilità e alle Associazioni. Prima la competenza nel campo della bioetica, l’esperienza della consulenza alla pari, di cui era una delle prime e più competenti esperte, quindi le progettazioni europee e nazionali, la tutela dei diritti umani, in primis delle donne con disabilità.
Il suo percorso di impegno e professionalità è stato riconosciuto a livello internazionale, consentendole di diventare la direttrice di DPI Europa (Disability Peoples’ International) e di gestire vari progetti europei, approdando al Gruppo Donne dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità.
La sua competenza, la sua determinazione nel perseguire obiettivi innovativi, la sua concretezza, la precisione nelle attività che seguiva (la chiamavamo la “normanna”) l’hanno fatta emergere come leader del movimento, nonostante fosse donna e meridionale e avesse una condizione di dipendenza assistenziale.
La capacità di intrecciare le sue competenze professionali e il percorso di emancipazione personale hanno prodotto un circuito virtuoso che ha portato a risultati straordinari.
Rita ha sempre perseguito l’obiettivo di una vita indipendente, consapevole che l’indipendenza è basata sull’autodeterminazione per costruire lo stile di vita che voleva vivere. Così si è laureata e trasferiva le sue competenze in pubblicazioni, lezioni universitarie, partecipazioni a convegni nazionali e internazionali.
Negli ultimi anni, con la costituzione della RIDS, la Rete italiana Disabilità e Sviluppo, il suo impegno ha toccato anche la cooperazione internazionale, portandola ad essere formatrice in vari progetti in Paesi lontani. Quando il Centro per la Vita Indipendente di Gaza City in Palestina – i cui operatori con disabilità sono satin formati da Rita -, ha saputo della sua scomparsa, ha deciso di intitolare il Centro stesso a lei.
E poi c’era la Rita persona: la sua grande umanità, l’attenzione agli altri al punto da trascurare se stessa, la curiosità intellettuale, la capacità di ascolto ed empatia che ha profuso nelle relazioni con tutti i suoi interlocutori. Negli ultimi anni aveva dovuto affrontare le carenze dei servizi sanitari calabresi rispetto alle sue condizioni specifiche di salute, la mancanza di sostegni pubblici per i progetti di vita indipendente che aveva contribuito ad introdurre nella sua Regione.
Tanti l’hanno conosciuta e tanti in queste ore hanno testimoniato le loro condoglianze e la loro vicinanza alla famiglia.
Rita era una human rights defender [“difensore dei diritti umani”, N.d.R.] e la sua scomparsa lascia un vuoto grande in chi l’ha conosciuta e apprezzata. Il movimento delle persone con disabilità ha perso una grande leader, il mondo culturale delle politiche sociali ha perso una risorsa nel campo della formazione e della ricerca, gli amici, i parenti e coloro che l’hanno cosciuta hanno perso una grande Persona.