Con la Delibera 50/44 del 28 dicembre scorso (Piani personalizzati di sostegno in favore delle persone con disabilità grave. Legge n. 162/1998, gestione anno 2022. Fondo regionale per la non autosufficienza), la Regione Sardegna ha inteso dare continuità agli oltre 41.000 piani personalizzati e co-progettati nell’Isola e aprire alle domande per i nuovi piani. Per quest’anno, inoltre, si propone una semplificazione ulteriore per la procedura, per i piani in continuità, e per la prima volta la possibilità di accesso alle nuove domande anche nel corso dell’anno, per sopravvenuta certificazione di disabilità oltre il termine della presentazione delle domande. Insomma, che nessuno resti indietro sembra essere il principio ispiratore, al fine di dare una risposta di presa in carico anche in emergenza, a tutti coloro si trovino in una condizione di disabilità.
E in effetti è già dal 2000 che in Sardegna sempre più persone con disabilità grave e gravissima e i loro familiari – insieme alle organizzazioni che li rappresentano – sono coinvolti in un processo di partecipazione per la costruzione di servizi a loro dedicati; un modello di partecipazione, co-progettazione e personalizzazione in cui operano per i diritti dei propri figli, per costruire una società che permetta a tutti di scegliere dove e con chi vivere, in famiglia o con percorsi di vita indipendente, nel proprio territorio e comunità, evitando ogni forma di istituzionalizzazione, segregazione o discriminazione, con una ricaduta di benessere e vantaggio per tutti, rendendo la società dell’Isola più inclusiva e migliore. E questo è oramai un processo irreversibile: non è più possibile, infatti, né pensabile tornare indietro; e quella della Legge 162/98 non è l’unica misura che si basa su questo modello personalizzato: in tal senso va ricordato infatti anche il progetto Ritornare a casa (RAC), che prevede ulteriori sostegni a domicilio per persone con disabilità gravissima (ad esempio con la SLA-sclerosi laterale amiotrofica), in gestione indiretta come per i piani personalizzati della Legge 162/98. Qui sono ammessi fino a tre livelli di finanziamento annuo cumulabili, che vanno da 20.000 fino a 63.000 euro, sempre alternativi a qualunque forma di istituzionalizzazione. Il numero di questi progetti attivi sul territorio è di circa 3.290.
In totale, dunque la Regione Sardegna ha investito in piani personalizzati e co-progettati per le persone con disabilità grave (Legge 162/98 e Ritornare a casa) circa 180 milioni di euro, creando oltre 35.000 posti di lavoro su tutto il territorio regionale, con la relativa emersione del lavoro in nero.
Ma come si articola un piano personalizzato? I criteri sono stati elaborati dalla Regione Sardegna, con il contributo di una Commissione Consultiva, istituita con Decreto Assessoriale e composta da rappresentanti dei Comuni, delle ASL e del Terzo Settore.
Sempre alla Regione compete anche di disciplinare le modalità di realizzazione di piani personalizzati gestiti anche in forma indiretta dagli stessi soggetti che ne facciano richiesta, con la verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia da parte – e in collaborazione – con l’Ente Locale.
Dai moduli di predisposizione del piano emerge il primo dato del progetto, quello della situazione di “gravità” del destinatario (Scheda salute), che rileva le condizioni di autonomia e relazione, attraverso descrizioni e informazioni anche di tipo sanitario con certificazioni mediche collegate, fornite dalla persona/famiglia, co-firmato dal medico di base o specialista.
Il secondo elemento (Scheda sociale) prevede la descrizione della situazione familiare, il carico e la programmazione dell’intervento, con relativo piano di spesa per realizzarlo. In base al punteggio conseguito (punteggio situazione personale/gravità + situazione sociale del carico familiare e servizi fruiti + altre situazioni particolari), si ha la dimensione del bisogno e del relativo progetto, cui è correlata l’entità del finanziamento basato su fasce di finanziamento per punteggio. Gli interventi vanno dall’assistenza generica a quella educativa, comprese iniziative di socializzazione e sportive.
I protagonisti sono a pieno titolo proprio le persone con disabilità e loro famiglie. La realizzazione di interventi personalizzati e co-progettati prevede infatti un processo decisionale attivo e la partecipazione della persona destinataria del progetto e della sua famiglia.
In altre parole, personalizzare significa garantire il protagonismo della propria vita e la partecipazione delle persone con disabilità, e quando queste non sono in grado da sole di operare tutte le scelte, dev’essere garantito il diritto alle famiglie che ne hanno cura. È questo, infatti, il momento che segna il passaggio determinante della famiglia da “patologica” ad “attiva”, propositiva, competente, con caregiver in grado di gestire la co-progettazione con le Istituzioni; una famiglia, quindi, che non è “abbandonata a se stessa”, ma sostenuta, perché senza la partecipazione dei beneficiari o dei destinatari (le persone con disabilità e le loro famiglie) non si possono realizzare servizi personalizzati “su misura” di quell’individuo, prerogativa che, come testimoniano le persone e le famiglie che hanno già attuato ad esempio un piano in base alla Legge 162/98 o percorsi scolastici personalizzati, ne determina la qualità in termini di soddisfazione del bisogno.
“Esserci” e partecipare significa essere corresponsabili di un intervento, di un’azione, possedere una “forza contrattuale” che permette ai destinatari di progettare con le Istituzioni da soggetti attivi. Questo consente di stimolare nelle persone con disabilità grave e gravissima e nei loro familiari una maggiore responsabilità attraverso la possibilità di “acquistare in proprio” il servizio e di poterne valutare la qualità.