Noi donne e ragazze con disabilità cogliamo l’occasione di questo 8 Marzo, Giornata Internazionale della Donna, per condannare ancora una volta l’esclusione sistematica che affrontiamo come cittadine. Se infatti negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nell’acquisizione di diritti formali ed è cresciuta in generale la consapevolezza della società sulla nostra realtà, c’è ancora molta strada da fare.
Quest’anno l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, celebra il suo venticinquesimo anniversario a connotare un quarto di secolo in cui noi donne con disabilità abbiamo alzato la voce ad esempio per denunciare il fatto che siamo state del tutto trascurate a Pechino nel 1995, in occasione della IV Conferenza Mondiale delle Donne, nonostante l’integrazione della dimensione di genere fosse all’ordine del giorno e, almeno sulla carta, la diversità delle donne fosse riconosciuta.
È stato un quarto di secolo in cui nel 1997 ha visto la luce il primo Manifesto europeo delle donne e delle ragazze con disabilità, grazie al nostro Comitato [Comitato Donne del Forum Europeo sulla Disabilità, N.d.R.] e nel 2011 il secondo Manifesto, più maturo e riflessivo.
Venticinque anni in cui il movimento globale per la disabilità ha ottenuto un risultato storico, quando i nostri diritti sono stati riconosciuti in un Trattato Internazionale all’interno del sistema delle Nazioni Unite, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, una svolta raggiunta grazie alle richieste di un movimento sociale critico e attivo composto da donne e uomini con disabilità provenienti da tutte le parti del mondo.
Tutto ciò è avvenuto in un periodo in cui sono emerse in tutta Europa organizzazioni di donne con disabilità, donne che lottano per i loro diritti, evidenziando soprattutto l’articolo 6 della Convenzione ONU (Donne con disabilità)* – un articolo che era così difficile da introdurre nella formulazione finale – e, allo stesso tempo considerando la CEDAW (Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne), quale indiscutibile strumento di riferimento.
Venticinque anni in cui per la prima volta una donna con disabilità [Ana Peláez Narváez, N.d.R.] è entrata a far parte del Comitato CEDAW, che monitora l’attuazione della relativa Convenzione, sottolineando il suo impegno a non lasciare nessuna donna o ragazza indietro in nessun angolo del mondo.
Nel corso di tanti anni di istanze e di richieste d’azione abbiamo ottenuto tanti risultati, come una migliore inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle politiche dell’Unione Europea in materia di disabilità e genere, e oggi la proposta di una Direttiva della stessa Unione Europea sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica.
Ma, lo ribadiamo, molte cose rimangono da risolvere, come quelle relative a poter vivere libere dalla violenza misogina e abilista o a godere dell’accesso come donne con disabilità a informazioni, servizi e risorse specializzate pienamente accessibili e inclusivi sulla violenza. Chiediamo inoltre il rispetto dei nostri diritti sessuali e riproduttivi e la rimozione dello stretto controllo che persiste sul diritto di godere dei nostri corpi e controllare la nostra fertilità.
Abbiamo bisogno di politiche pubbliche per l’occupazione riguardanti anche l’insicurezza sul posto di lavoro, nonché di misure adeguatamente finanziate per garantire l’equilibrio tra lavoro e vita privata e la corresponsabilità laddove le donne con disabilità non siano solo destinatarie di cure, ma anche ciò che realmente siamo, ovvero “fornitrici di assistenza”.
E ancora, chiediamo che i piani di ripresa dalla pandemia, attualmente in fase di attuazione tramite finanziamenti europei, portino finalmente alla piena deistituzionalizzazione delle nostre vite.
Infine, siamo solidali con le donne con disabilità e con tutte le persone colpite dalla guerra in Ucraina, così come attualmente nelle zone di guerra e nei conflitti in tutto il mondo. Le donne e le ragazze con disabilità, insieme alle donne che si prendono cura delle persone con disabilità continuano ad essere discriminate, lasciate indietro, a trovarsi in situazioni di più alto rischio di violenza e abusi e con maggiori responsabilità di assistenza.
Le donne e le ragazze con disabilità in Ucraina stanno affrontando gravi ostacoli per lasciare il loro Paese e/o per proteggere le loro vite. Molte di loro sono condannate a rimanere, senza avere accesso ai rifugi antiaerei perché inaccessibili o, peggio ancora, vengono lasciate sole all’interno di strutture istituzionali o in aree remote senza accesso a cibo, acqua e corrente elettrica. Gli Stati devono aiuti umanitari inclusivi e porre fine rapidamente a questa guerra. Le donne e le ragazze con disabilità non possono e non devono essere dimenticate.
*Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, articolo 6 (Donne con disabilità): 1. Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. 2. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione.
Per approfondire ulteriormente i temi riguardanti le donne con disabilità, oltre a fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, suggeriamo di accedere, nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), alle Sezioni Donne con disabilità: quadro teorico di riferimento, Donne con disabilità e La violenza nei confronti delle donne con disabilità.