«Ci siamo battuti a fondo per ottenere questo risultato, insistendo a farlo anche nel corso di nostri recenti incontri con i vertici dell’INPS; a partire da quelli con il presidente dell’Istituto Tridico. Ora, dunque, siamo particolarmente soddisfatti che questa Circolare arrivi a sanare una doppia discriminazione, sia in ragione della disabilità che dell’orientamento sessuale, segno che la strada dell’interlocuzione collaborativa è l’unica che può consentirci di arrivare ad esiti positivi anche in materie delicate e complesse come queste». «Siamo molto felici di questo risultato, raggiunto in collaborazione con altre realtà associative con cui condividiamo l’impegno e la lotta per rendere la nostra società più giusta ed eguale. Questo caso ci dimostra ancora come la Legge sulle unioni civili debba essere superata, perché la distinzione tra le famiglie delle coppie dello stesso sesso e quelle formate da coppie eterosessuali non solo è di per sé lesiva della dignità delle persone omosessuali, ma è stata anche capace di discriminare i nuclei familiari nel loro complesso, sino a pregiudicare il diritto delle persone con disabilità a ricevere assistenza nella loro rete di relazioni familiari e affettive».
Le due dichiarazioni provengono rispettivamente da Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e da Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford (Avvocatura per i Diritti LGBTI+), a commento di una Circolare decisamente positiva prodotta nei giorni scorsi dall’INPS, ed esattamente la Circolare n. 38, pubblicata il 7 marzo, e dal lungo oggetto (Permessi di cui alla legge n. 104/1992 e congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 in favore dei lavoratori del settore privato. Concessione agli uniti civilmente. Riconoscimento dei benefici in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile. Variazioni al piano dei conti).
Per capire esattamente di cosa si parla, è necessario tornare a quanto avevamo riferito su queste stesse pagine nell’aprile dello scorso anno, quando avevamo ripreso la denuncia della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) rispetto a quella che veniva considerata una discriminazione multipla, di genere e condizione, nei confronti delle unioni civili, tema sul quale la Federazione si era anche confrontata con la Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+) e con la propria componente lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), procedendo poi con una lettera formale, inviata a tuitte le Istituzioni di riferimento, chiedendo all’INPS di adottare «una nuova Circolare che garantisca il diritto delle parti di unione civile ad avere gli stessi benefìci, cioè i congedi e permessi previsti dalla Legge 104/92 e dal Decreto Legislativo 151/01, per l’assistenza a una persona con disabilità, alle stesse condizioni immaginate per i coniugi, e cioè anche per l’assistenza ai parenti dell’altra parte dell’unione». Il tutto modificando la precedente Circolare INPS n. 38 del 2017, che «costituiva una discriminazione dell’orientamento sessuale e della disabilità».
Quella Circolare del 2017, infatti, prevedeva che la parte di un’unione civile potesse ottenere sia il permesso di tre giorni che il congedo straordinario solo per assistere l’altra parte dell’unione, non potendo invece beneficiare dei due istituti per assistere il parente dell’altra parte dell’unione. In tal senso l’INPS aveva fatto riferimento al «mancato richiamo nella “Legge Cirinnà” (Legge 76/16) dell’articolo 78 del Codice Civile», ciò che avrebbe precluso «la costituzione di un rapporto di affinità tra una parte dell’unione e i parenti dell’altra – come avviene invece con il matrimonio – determinando quindi l’impossibilità di riconoscere il permesso e il congedo».
Le organizzazioni protagoniste dell’azione avevano dunque segnalato all’INPS – anche tramite ripetute interlocuzioni dirette da parte della FISH – che quanto concluso dalla Circolare 38/17 era «incompatibile con il divieto di discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale e della disabilità di derivazione euro unitaria, come recepito nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo 216/03 e dalla Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.]», aggiungendo che «il mancato richiamo dell’articolo 78 del Codice Civile da parte della “Legge Cirinnà” non impedisce che alcune norme del Codice Civile inerenti al matrimonio trovino applicazione in via analogica, soprattutto laddove tale interpretazione sia funzionale al rispetto dei divieti di discriminazione».
In sostanza l’interpretazione dell’INPS, secondo il rilievo di FISH, Rete Lenford e LEDHA, portava da una parte a una discriminazione in ragione della disabilità, dall’altra a una discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale.
Ebbene, la Circolare n. 36, prodotta l’altro ieri dall’Istituto, ha pienamente accolto quelle argomentazioni, estendendo l’accesso ai permessi e ai congedi previsti dalla Legge 104 e dal Decreto Legislativo 151/01 anche ai lavoratori e alle lavoratrici omosessuali uniti civilmente che debbano prestare assistenza a una persona con disabilità parente dell’altra parte dell’unione. Donde la soddisfazione espressa nelle dichiarazioni iniziali. (S.B.)
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